Identità personale e ricerca virtuale
Internet, la rete, o ragnatela planetaria (“World Wide Web”), anche se in maniera particolare, solleva le stesse questioni già emerse con riferimento agli altri mezzi d’informazione e di comunicazione sociale. Considerata la sempre maggiore diffusione dell’uso di Internet, possiamo chiederci: questo mezzo favorisce lo sviluppo della personalità umana? La risposta non è agevole. Proviamo tuttavia a procedere distinguendo due concetti, e cioè:
1. Internet come mezzo di informazione e di comunicazione;
2. Internet come luogo virtuale di esperienze e di scelte.
Internet come mezzo d’informazione e di comunicazione
La Chiesa si è occupata da tempo della cosiddetta “tecnotronica”. Pur denunciando i possibili rischi, sul piano morale e sociale, connessi a un cattivo uso dei mass media, ha affermato che essi sono “doni di Dio”, poiché ordinati, nel disegno della Provvidenza, ad unire gli uomini in vincoli fraterni[1]. Su tali basi, la Chiesa si è sentita chiamata a “predicare l’annunzio della salvezza anche mediante gli strumenti di comunicazione sociale ed istruire gli uomini sul loro giusto uso”[2]. Si comprende allora come “L’interesse della chiesa per Internet è un aspetto particolare dell’attenzione che essa riserva da sempre ai mezzi di comunicazione sociale”[3].
Pur nel quadro di una valutazione positiva, non possono tuttavia essere sottovalutati alcuni rischi connessi ad Internet, dove, potenzialmente, tutti possono informare o disinformare senza alcun filtro o verifica. Questo pone il problema della qualità o veridicità dell’informazione, e della sua incidenza sul comportamento, sul linguaggio e in generale sulla cultura della società. In Internet l’informazione è permanente e globale e gli utenti possono accedere ad una mole di informazioni impensabile in passato. Ciò pone l’ulteriore problema della quantità dell’informazione: un’informazione non graduale e sproporzionata al ricevente potrebbe, infatti, impedire, e non favorire, la comprensione di sé, dell’altro e della realtà. Sul piano della comunicazione, Internet presenta poi il problema che possiamo definire della “mediazione”: le relazioni sono sempre mediate da un computer. Anche dove il volto dell’altro è visibile, ad esempio grazie ad una web-cam, esso è visualizzato in uno schermo, che rappresenta l’interlocutore stabile del navigante. Il progresso della tecnologia potrebbe rendere possibile la proiezione dell’immagine tridimensionale di sé nel luogo dove si trova l’altro. Ma anche questa comunicazione sarebbe in qualche maniera simulata, poiché caratterizzata da una “presenza virtuale” degli interlocutori.
Internet come luogo virtuale di esperienze e di scelte
Al problema della mediazione è legato il più complesso fenomeno della dissociazione dell’identità umana. In Internet, cioè, si può verificare che l’identità virtuale (on line) non corrisponda all’identità reale (off line) o che ad una stessa identità reale corrispondano più identità virtuali. Pensiamo alla comunicazione via chat, nella quale è possibile scegliere un nickname di fantasia e fornire indicazioni su nome, sesso, età ecc. non rispondenti al vero. Nella chat è inoltre possibile registrarsi e comunicare con più nickname. Come abbiamo notato, questo rischio potrebbe essere limitato con una web-cam, che consente una verifica, seppure approssimativa, della corrispondenza tra l’identità reale e quella virtuale degli interlocutori. Anche in questo caso, tuttavia, mancherebbero alcuni elementi essenziali della comunicazione umana, e principalmente la reciproca “esperienza” degli interlocutori.
Il fenomeno della dissociazione tra identità reale e identità virtuale può essere individuale o collettivo. Esso è individuale, ad esempio, quando una singola persona vive esperienze in mondi virtuali. Questo accadeva con i videogiochi anche prima dell’avvento di Internet. In questo caso, non vi è un’interazione tra diversi giocatori: l’unica relazione è quella tra il giocatore e il videogioco. Il fenomeno è oggetto di diverse analisi. Secondo una prima lettura, nei casi di esperienze virtuali, non vi sarebbe nessun rischio per l’unità dell’identità del giocatore. In altre parole, si tratterebbe di un gioco e non di una forma di alienazione o di dissociazione. Secondo una lettura più problematica, l’esperienza virtuale sarebbe il sintomo della difficoltà di vivere la propria realtà. Non si tratterebbe quindi di un gioco, bensì della fuga in un mondo virtuale, dove si possono vivere esperienze non per quello che si è, ma per quello che si crede di essere (donna, anziché uomo, e viceversa, ecc.).
Il fenomeno è più complesso quando diversi giocatori interagiscono con delle identità virtuali. Oggi questa possibilità è offerta a livello planetario dai cosiddetti Multi user dungeon (o anche Multi user dimension o domain, “Mud”), cioè dei giochi di ruolo condotti via Internet che possono coinvolgere giocatori di tutto il mondo. Ci sono tanti tipi di Mud, ambientati nel passato, in un futuro immaginario, ecc. Nei Mud ciascun giocatore crea un personaggio, con una propria identità e passato, con il quale vivere un’esperienza virtuale, condivisa da migliaia di altri personaggi virtuali che mascherano altrettante identità reali. I Mud non sono stati concepiti come mezzo di socializzazione, anche se in alcune versioni (come nel TinyMud) vi possono essere delle forme superficiali di comunicazione tra le persone reali, ad esempio per “iniziare” i neofiti alle modalità di gioco. Ma nei Mud le esperienze dei personaggi sono sempre, in qualche maniera, parallele. Tra essi ve ne sono alcuni che meritano attenzione: ad esempio nel Mud chiamato “Spore” il giocatore può inventare creature e governare la loro evoluzione, fino a dare vita a civiltà che possono interagire e perfino dominare altre civiltà governate da altri giocatori. Come si legge nel sito di Spore, “è un po’ come se fosse il primo regalo di compleanno di un giovane dio: un mini universo in scatola”[4]. In questo caso non sembra essere in gioco solo una dissociazione dell’identità: Spore sembra sublimare il desiderio umano di governare la vita nell’universo, anche se in maniera virtuale.
Una forma più problematica di dissociazione si ha nei cosiddetti Massively multiplayer on-line role-playing game (Mmorpg), cioè dei giochi di ruolo condotti via Internet e concepiti per la socializzazione. Il più diffuso fra questi è Second life, cioè un mondo virtuale creato dai suoi residenti[5].In Second life ciascun giocatore crea un alter ego virtuale – che non rispecchia sempre l’identità reale del giocatore – con il quale vivere una “seconda vita”[6]. Questi alter ego sono chiamati, in maniera assai significativa, avatar, termine che in sanscrito significa “disceso” e con il quale si indica l’incarnazione di una divinità nel mondo terreno. Questo, anche se in Second life si ha il contrario, e cioè la “virtualizzazione” di una persona reale in un mondo virtuale: si instaurano relazioni umane, si frequentano luoghi pubblici, ecc.; ci sono mass media e vengono promosse l’arte e la cultura[7] si può lavorare e guadagnare, esistono un’economia ed una moneta (il Linden dollar) e grandi imprese del mondo reale commercializzano i propri beni e servizi. In Second life si può anche pregare. L’unica esperienza non simulabile è la morte: gli avatar non possono morire.
Il fenomeno di Second life sollecita una riflessione su diversi livelli: sul piano antropologico, in quanto sembrano essere poste in secondo piano la corporeità e l’unità dell’identità umana[8] sul piano sociale, poiché sembra affermarsi un tipo di coesistenza inumana, senza cioè relazione immediata e personale (il progresso della tecnologia potrebbe rendere possibile delle esperienze sensoriali, ma sempre mediate e impersonali); ed infine sul piano morale e spirituale, in quanto la creazione di un alter ego sembra manifestare una rinuncia a costruire la propria identità reale. Come abbiamo notato, in Second life si mette in scena una sorta di “auto-creazione” in un mondo virtuale e abitato da “creature” virtuali.
Conclusioni: essere umano irripetibile o “uno, nessuno e centomila”?
Come mezzo di informazione e di comunicazione Internet solleva problematiche emerse già con riferimento ai mass media. Come luogo virtuale, l’aspetto di Internet che richiede maggiore attenzione è la possibilità, per tutti i naviganti, di sperimentare una dissociazione tra identità reale e identità virtuale, quindi una vera e propria evasione dal mondo reale: accanto alle grandi opportunità vi sono perciò i rischi connessi ad una visione scorretta dell’uomo e della società. Se male usato, Internet rischia di rendere l’uomo “uno, nessuno e centomila”, come nella nota opera di Luigi Pirandello. Tuttavia, mentre nell’opera di Pirandello il combattimento interiore del protagonista, Vitangelo Moscarda, tende alla cancellazione delle false immagini e alla conquista del vero sé, in Internet è il navigante a moltiplicare le proprie maschere.
Vi è poi un altro rischio sul piano sociale: all’origine di Internet, che nasce come mezzo di informazione e di comunicazione militare, vi è la cosiddetta cibernetica (dal greco kybernetiké techne, arte di pilotare o guidare), definita come scienza del controllo e della comunicazione negli animali e nelle macchine[9]. In particolare, con la cibernetica si è tentato di applicare i sistemi di programmazione informatica alla società: in altre parole, attraverso una rete di computer, sarebbe possibile creare un sistema di informazione che rende statisticamente prevedibile il comportamento umano. Il ragionamento basilare sarebbe: l’uomo, se sottoposto a determinate informazioni-input, con una certa probabilità reagisce con un data scelta-output. In tale prospettiva Internet, anche se percepito come un “luogo della libertà”, potrebbe trasformarsi in un sistema per pilotare il comportamento umano. Pensiamo ad esempio a giochi di ruolo come Second life, dove sembra possibile sperimentare identità virtuali infinite e originali, ma dove in realtà le opzioni sono programmate e perciò limitate. Il “personaggio” unico e irripetibile resta l’uomo che abita nel mondo reale o “first life”: come ha insegnato Giovanni Paolo II, infatti, “la vita che Dio dona all’uomo è diversa e originale di fronte a quella di ogni altra creatura vivente”[10].
Per il cristiano esiste un riferimento essenziale e cioè l’incarnazione del Dio vivente, l’Emmanuele, il “Dio con noi” (Mt 1,23). L’incarnazione ha un significato sul piano spirituale. Come ha insegnato Benedetto XVI, “all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”[11]. “Essere” cristiani significa essere in comunione con una Persona: Gesù. L’incarnazione ha inoltre un significato sul piano antropologico: Gesù rappresenta l’archetipo di uomo, generato ad “immagine e somiglianza” di Dio (Gen 1,27). L’incarnazione indica infine un modello per la comunicazione umana: attraverso Gesù, Dio ha instaurato una relazione immediata e personale con ogni uomo. La comunicazione di Dio è “reale” e non “virtuale”.
In definitiva, Internet può essere guardato come uno straordinario strumento di informazione e di comunicazione e, nella prospettiva della Chiesa, anche come un luogo di evangelizzazione. Non bisogna, però, sottovalutarne alcuni rischi sul piano individuale e sociale. Anche nell’era diInternet la sfida resta la scoperta della propria dignità e identità, come essere umano “reale”, unità di corpo e di anima, e “quanto di più nobile c’è in tutto l’universo”[12].
Note
[1] PAOLO VI, Communio et progressio, 2.
[2] CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Inter mirifica, I,3.
[3] PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI, La chiesa e Internet, I,1.
[4] Cf il sito di Spore: http://eu.spore.com/whatisspore/index.cfm
[5] Cf il sito di Second life: http://secondlife.com/whatis/
[6] Cf A. SPADARO, S.I., «Second Life»: Il desiderio di un’«altra vita », La Civiltà Cattolica, 2007/III, Quaderno 3771-3772.
[7] Ad esempio, il Ministero degli Affari Esteri italiano ha aperto in Second life un istituto Italiano di Cultura per promuovere la cultura italiana e pubblicizzare gli Istituti Italiani di Cultura presenti nel mondo reale.
[8] Cf SAN TOMMASO D’AQUINO, L’ente e l’essenza, L’unità dell’intelletto, Roma, 1999.
[9] Cf N. WIENER, Introduzione alla cibernetica, Torino, 1966.
[10] GIOVANNI PAOLO II, Evangelium vitae, 34.
[11] BENEDETTO XVI, Deus caritas est, 1.
[12] SAN TOMMASO D’AQUINO, La Somma teologica, I, q. 29, a. 3.