Film: Io sono lì
Il regista – Classe 1976, Andrea Segre si è laureato in Scienze della Comunicazione con una tesi in Sociologia della Comunicazione. In campo cinematografico si è cimentato soprattutto nel campo del documentario, concentrandosi principalmente su due temi: le migrazioni verso l’Europa (A metà; A sud di Lampedusa; Come un uomo sulla terra; Il sangue verde) e il territorio geografico e sociale del Veneto (Marghera Canale Nord; Pescatori a Chioggia; La mal’ombra).
Il film -Presentato alle Giornate degli Autori a Venezia 68, questo primo film a soggetto del giovane regista ha ottenuto il premio della Federazione Italiana dei Cineclub con la seguente motivazione: «Per l’originalità di un racconto, che, intrecciando abilmente la fiction e il documentario, ci dona un ritratto efficace e convincente della realtà di oggi».Ha dichiarato il regista: «L’idea del film nasce da due esigenze: da una parte la necessità di trovare in una storia, allo stesso tempo realistica e metaforica, il modo per parlare del rapporto tra individuo e identità culturale, in un mondo che sempre più tende a creare occasioni di contaminazione e di crisi identitaria; dall’altra la voglia di raccontare due luoghi importanti per la mia vita e molto emblematici nell’Italia di oggi: le periferie multietniche di Roma e il Veneto, una regione che ha avuto una crescita economica rapidissima, passando in pochissimo tempo da terra di emigrazione a terra di immigrazione»1.
La vicenda -Shun Li è una giovane donna cinese che lavora in un laboratorio tessile della periferia romana. Il suo obiettivo è quello di guadagnare abbastanza per riuscire a far venire in Italia suo figlio di otto anni. Improvvisamente i suoi capi cinesi la mandano a lavorare a Chioggia in un’osteria dove c’è bisogno di una barista. Il viaggio verso il Veneto è pieno di incognite, ma anche di speranze. L’impatto con il nuovo mondo non è particolarmente traumatico: Shun Li riesce poco alla volta a conoscere i trucchi del mestiere; fa conoscenza con gli avventori abituali del bar; si adatta alle loro abitudini e si abitua alle loro schermaglie più o meno scherzose. Tra questi c’è anche Bepi, detto “il poeta”, un anziano pescatore di origini slave, ormai perfettamente integrato nella comunità locale, rimasto vedovo da circa un anno.
Tra Bepi e Shun Li nasce poco alla volta una comunicazione che si trasforma in una sintonia, in un affetto che nasce dalle loro solitudini e dalla loro particolare sensibilità. Ma poco alla volta emergono i pregiudizi e gli ostacoli. La gente del luogo non vede di buon occhio “l’invasione cinese” e pensa che la donna voglia sposare Bepi solo per carpirne l’eredità; d’altra parte i capi cinesi non vogliono che nascano legami d’amicizia con gli italiani. Shun Li è così costretta a rinunciare a un bel rapporto che poteva scaldare il cuore ad entrambi.Dopo un po’ di tempo la donna viene richiamata a Roma dove finalmente può ricongiungersi con il figlio prima del previsto. La donna è stupita, ma le viene detto che qualcuno ha pagato la somma necessaria per sbrigare la pratica. Lei naturalmente pensa che sia stato Bepi, ma verrà a sapere che in realtà è stata la sua ex compagna di stanza che è scappata lasciando dei soldi. Shun Li ritorna a Chioggia in cerca di Bepi, ma viene a sapere che l’uomo è morto. Alla donna non resta che dar fuoco al casone da pesca che Bepi le aveva lasciato in eredità, come omaggio al “suo poeta”, un uomo semplice ma dal cuore grande.
Il racconto -Già il titolo del film mette in evidenza un duplice aspetto: se “Li” fosse scritto con l’accento sarebbe chiaro il riferimento ad un luogo geografico e culturale, connotato in un certo modo, che ha sempre interessato il regista (stando anche alle sue dichiarazioni); scritto senza accento si riferisce invece ad una persona, con la sua identità, la sua esistenzialità, i suoi problemi.
La struttura del film è lineare: un’introduzione, un grosso corpo centrale diviso in alcuni blocchi narrativi, un doppio epilogo frutto di due grosse ellissi temporali.
Introduzione – Le prime immagini sottolineano un elemento strutturale di grande importanza in tutto il film: la poesia e il fuoco (fuoco, di diversa origine, che concluderà anche il film). Alcune donne accendono dei lumini dentro ad alcuni fiori di carta, che vengono fatti galleggiare in una vasca da bagno, e invocano il grande poeta cinese Qu Yuan2, di cui si festeggia la festa, affinché le protegga «in questa terra lontana». Alcuni uomini le rimproverano: «Ma siete matte? Siamo in Italia, non in Cina». Ma le donne, tra cui Shun Li, dimostrano una sensibilità e un attaccamento alle tradizioni più nobili del loro Paese. Poco dopo l’azione si sposta in un grande laboratorio di sartoria dove molte donne cinesi stanno lavorando. Shun Li viene chiamata da uno dei capi: «Partirai tra due settimane. Andrai a Chioggia, vicino a Venezia, e lavorerai in un bar». La donna domanda quanto durerà questo lavoro. Le viene risposto: «Fino alla “notizia”. Viaggio e permesso di soggiorno li abbiamo pagati noi: devi restituirci tutto (…) ti diremo quando sarà il momento». Prima di partire Shun Li scrive al figlio: vuole sapere tutto di lui e gli dice che ogni giorno cuce dieci camicie inpiù per lui: «Tutti i lavori che farò li farò per te, per farti arrivare il prima possibile. Devi solo avere pazienza e vedrai che torneremo insieme». Emerge chiaramente, oltre alla sensibilità già sottolineata, un grandissimo amore per il figlio che sembra rappresentare lo scopo della sua vita.
IL CORPO CENTRALE
L’ambientazione – Inizia con il titolo del film e con le immagini del viaggio di Shun Li verso Chioggia. La donna guarda attraverso i finestrini quei posti sconosciuti e pieni di incognite. Appena arrivata le viene assegnato l’alloggio, una camera da condividere con un’altra donna, Lian, che diventerà sua grande amica. Incomincia poi ad imparare a fare le prime cose (lo spritz, il caffè corretto Prugna, ecc.) che fanno parte delle abitudini locali. Ma soprattutto incomincia a conoscere i frequentatori abituali del bar, tra cui c’è qualcuno che ha lasciato qualche “ciodo” (un debito da pagare). I personaggi che assumono un certo rilievo sono: il neopensionato Coppe, l’avvocato, il rissoso Devis, ma soprattutto Bepi, detto “il poeta” perché sa fare le rime (e che richiama, significativamente, il grande poeta cinese venerato da Shun Li). In questa prima fase non si manifestano particolari problemi. Shun Li viene accettata e “istruita”, anche se talvolta con modi un po’ rudi o scherzosi, e sembra adattarsi abbastanza bene al clima della città lagunare. Lo racconta anche al figlio: «Il mare qui è molto bello. Non so perché ma sembra più piccolo del nostro. Forse perché ha due nomi: uno è mare, l’altro laguna; chiamarlo mare o laguna dipende dalla distanza. In italiano la laguna è femminile, calma e misteriosa; invece il mare è maschile, non riposa mai, è sempre in balia del vento e delle onde. A me il vento piace perché mi porta da te, figlio mio». Continuano le solite chiacchiere da bar, le battute, i luoghi comuni, ecc. Ma ad un certo punto le immagini creano un certo parallelismo tra Bepi e Shun Li. “Il poeta”, che vive da solo da quando è morta la moglie, viene invitato dal figlio a trasferirsi a Mestre, vicino a lui, e a smetterla di fare il pescatore alla sua età («Se ti succede qualcosa…»). Shun Li chiede al suo capo una mezza giornata libera per poter comperare un regalo per il compleanno del figlio e spedirglielo in Cina, ma non ottiene il permesso.
Amicizia e tenerezza – È normale pertanto che queste due persone sole si cerchino ed entrino in sintonia. Soprattutto quando scoprono di avere dei punti in comune: entrambi hanno fatto esperienza del comunismo (Mao e Tito); il nonno di Shun Li faceva il pescatore; ecc. Nascono così le prime confidenze. Bepi entra di sera nel locale quando sta per chiudere e non c’è più nessuno e ciò basta ad alimentare negli altri, che se ne sono accorti, il sospetto, le chiacchiere, i pettegolezzi. Durante una serata di acqua alta che entra anche nel bar, Bepi posa un lumino acceso sull’acqua per onorare Shun Li e il suo poeta. L’indomani Coppe interroga Bepi circa le sue intenzioni, visto che “parla con la cinese”, ma riceve da parte dell’uomo solo un invito a stare zitto. Finalmente Shun Li riesce ad andare a Venezia e scrive al padre: «Da quando ho cominciato a lavorare qui è il mio primo giorno libero, così sono andata al mare camminando nell’acqua. Sento la pelle più morbida e mi sento più leggera». La donna ammira le bellezze di Venezia. Una domenica Bepi porta la donna a casa sua e le fa telefonare in Cina per avere notizie del figlio. Poi la porta sulla sua barca e le insegna a pescare; le mostra il suo casone (l’unica cosa che possiede); le offre della grappa iugoslava. Lei si confida; dice di stare aspettando “la notizia” che riguarda il figlio: «Così funziona; è difficile spiegare… decidono loro quando». In un clima di grande lirismo, in una laguna magica con le Dolomiti sullo sfondo (splendida la fotografia di Luca Bigazzi che sa creare atmosfere surreali) i due si abbracciano in un momento di grande intimità e di profondo affetto: le loro anime si sono trovate e si consolano a vicenda.
Diffidenze e pregiudizi – Ma i problemi si fanno sempre più seri. Shun Li si confida con la sua compagna di stanza che la mette in guardia: «Al capo non piace che abbiamo amicizie con gli italiani; sono solo clienti». E le dice che tale relazione potrebbe ritardare “la notizia”. Shun Li le promette che starà attenta. Intanto, prima dal barbiere e poi al bar, gli uomini del posto dissertano sull’invasione dei cinesi, che rappresentano “il nuovo impero”; sospettano di Bepi e parlano della mafia cinese: «Fanno sposare i vecchi e si tengono l’eredità». Shun Li avverte Bepi: «Tutte le persone parlano di noi»; ma l’uomo ribatte: «Non sono persone, sono ignoranti, stupidi». La donna allora gli dice che non è vero che lo vuole sposare e Bepi la tranquillizza («Non ti preoccupare»). Poi le offre una poesia scritta da lui: «Tutti i fiumi scendono al mare, senza poterlo riempire; c’è un momento freddo, ma scalda il cuore; fa sorridere Li come un piccolo fiore». Lei lo invita a casa sua a vedere il ritratto del grande poeta cinese.
La separazione -Il capo di Shun Li pone il veto: «Gli italiani parlano male di noi; non puoi». E la minaccia: se continua così, dovrà ricominciare tutto daccapo e “la notizia” tarderà ad arrivare. Quando Bepi va al bar, Shun Li è costretta a confessargli: «Non posso restare tua amica; non si può, se no non fanno più venire mio figlio. Se io sono tua amica lui non può venire». È il momento triste della separazione. Ancora una volta i versi dolenti di Qu Yuan servono a spiegare la vita con le sue contraddizioni e le sue crudeltà: «Del quadrato si può fare un cerchio? Strade lontane si possono incrociare? Vivo è il rimpianto per la via smarrita nell’incerto cammino del ritorno; a ritroso il mio carro si volge; confusa tra gli errori era la strada». Ed è significativo che quel fiore illuminato che Shun Li fa galleggiare sull’acqua passi sotto quel ponte sopra il quale sta camminando Bepi: è il segno di due realtà che non si possono incontrare a causa della stupidità degli uomini. C’è poi un litigio feroce al bar. Bepi è disperato e reagisce con violenza alle insinuazioni volgari di Devis. Questi lo picchia selvaggiamente e lo ferisce. Poco dopo le immagini mostrano ancora quella cittadina, quella laguna, quelle montagne incredibili che, con la loro maestosità, creano un contrasto enorme con la piccolezza di quelle persone. Particolarmente significativa è la metafora che Lian racconta alla protagonista:«Hai mai guardato come fa l’acqua? Va dal mare alla laguna e torna indietro. Ma non ritorna tutta al mare. C’è dell’acqua che non riesce più a uscire e rimane intrappolata nella laguna». Ma Shun Li non può fare diversamente e, prima di andarsene, scrive una cartolina a Bepi: «Non decido io; devo andare via. Ciao, poeta».
Primo epilogo -Con un’ellissi l’autore mostra Shun Li che è ritornata a Roma. E qui, inaspettatamente, ritrova l’amato figlio. La donna è sorpresa. Le viene detto che qualcuno ha pagato per lei in modo da abbreviare i tempi del ricongiungimento. Chi può essere stato? Lei istintivamente pensa a Bepi. Ma le viene detto che non è possibile: non può essere un italiano a pagare.
Secondo epilogo -Con un’altra ellissi ritroviamo Shun Li a Chioggia. Cerca la sua amica Lian, ma le viene detto che la donna è scappata e ha lasciato dei soldi. Evidentemente è stata lei che ha pagato per il ricongiungimento, con un gesto nobile e disinteressato. La protagonista va poi alla ricerca di Bepi. Incontra Coppe che le dà la cattiva notizia: Bepi è stato male; è andato a Mestre a casa di suo figlio; poi è morto. «Aveva scritto una lettera, ma non sapeva dove mandarla». Ora Shun Li può leggere quella lettera indirizzata a lei:«Cara Li, spero che tuo figlio sia arrivato e che stiate bene tutti e due. Io non pesco più. Ho deciso una cosa: lascio a te il mio caso-ne in laguna. Mi piacerebbe che un giorno mi regalassi un funerale come quello del vostro poeta, quello vero. Stai bene. Bepi». Ancora quelle montagne maestose. Poi Shun Li, con l’aiuto di Coppe, sparge kerosene su tutto il casone e gli dà fuoco, in una sorta di rito purificatore. Fuoco che richiama quello iniziale dei fiori galleggianti e le parole del grande poeta cinese, così come del piccolo poeta di origini slave.
Significazione -Shun Li è una donna cinese sensibile e delicata costretta ad emigrare in Italia. Qui deve sottostare a delle regole severe per poter riabbracciare suo figlio. Si inserisce nell’ambiente di Chioggia con spirito di adattamento e potrebbe trovare un po’ di affetto e di calore umano con un’altra persona sola e bisognosa d’amore. Ma, da un lato, i pregiudizi e le paure della gente del posto, dall’altro, le ferree regole impostile dai suoi connazionali le impediscono di dar vita ad un rapporto che potrebbe “scaldare il cuore”. Solo grazie ad un gesto generoso e gratuito di una sua amica può riabbracciare prima del previsto l’amato figlio. Ciononostante sente il bisogno di esprimere la sua riconoscenza onorando quell’uomo buono e dall’animo sensibile con il quale si era sentita meno sola.
Idea centrale -I pregiudizi, le paure e i ricatti nei confronti degli immigrati sono cose disumane, in quanto impediscono a queste persone di vivere rapporti di amicizia e di amore che potrebbero rendere le loro vite più piene e più ricche.
Valutazione – L’opera è intrisa di lirismo e lascia largo spazio ai sentimenti nobili e delicati che emergono dalle persone più sensibili. Ma tutto ciò non le impedisce di essere al tempo stesso una denuncia civile e morale – anche se non così drammatica come si è potuto vedere in altri film sullo stesso argomento (come ad es. Terraferma di Emanuele Crialese) – delle condizioni degli immigrati, non tanto a causa di leggi ingiuste, ma per la stupidità di tante persone,non sempre necessariamente cattive, ma cieche di fronte alle esigenze più profonde dell’animo umano. Classificato dall’AGIS come film per ragazzi, l’opera si presta egregiamente per affrontare, anche nell’ambito scolastico (scuole secondarie sia inferiori che superiori) il problema dell’immigrazione e dei pregiudizi che impediscono alle persone “diverse” di integrarsi e di vivere con tutti nel reciproco rispetto e in piena armonia.