N.03
Maggio/Giugno 2012
/Film

Film: La chiave di Sara

 

Trailer

l film è tratto dal best seller di Tatiana de Rosnay, una giornalista e scrittrice di padre francese e madre inglese, che ha vissuto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna e che oggi risiede a Parigi con il marito e due figli.

 

Le vicende del film sono due. La prima è quella di Sara Starzynski, una bambina ebrea di dieci anni che vive a Parigi. È il 16 luglio 1942. La polizia francese fa irruzione nella sua casa per prelevare la sua famiglia. La bambina non capisce cosa stia succedendo, ma è atterrita e, prima di essere portata via, nasconde il fratellino Michel in un armadio a muro che chiude a chiave. Assieme a migliaia di altri ebrei, Sara viene rinchiusa nel Vélodrome d’Hiver, in attesa di essere deportata nei campi di concentramento in Germania. Il suo unico pensiero è quello di tornare a liberare il fratellino. Ma quando, dopo varie traversie, riesce a scappare e a far ritorno a Parigi, è troppo tardi: il bambino è morto di fame e di sete in quel rifugio-trappola. Sara si porta dentro per sempre un dolore infinito che la porterà, dopo essersi sposata ed avere avuto un figlio, al suicidio.

La seconda è quella di Julia Jarmond una giornalista americana che vive a Parigi nel 2009. È sposata con Bertrand Tézac ed è madre di Zoe, una bambina di circa dieci anni. Julia sta facendo un’inchiesta su quei drammatici fatti che videro la complicità delle autorità francesi nella persecuzione degli ebrei. Le sue ricerche diventano ancora più meticolose ed accurate quando Julia comincia a sospettare che l’appartamento in cui sta per traslocare, acquistato dai genitori di suo suocero durante la guerra, fosse appartenuto ad una famiglia di ebrei deportati. Poco alla volta la verità viene a galla: è proprio quello l’appartamento dove viveva Sara e dove è morto il piccolo Michel. Julia non si dà pace e si mette alla ricerca di Sara fino ad arrivare a conoscere tutta la verità. Ciò cambierà per sempre la sua esistenza e quella di tante altre persone.

Il racconto possiede una struttura articolata e complessa. Nella prima parte le due vicende procedono parallelamente come se fossero due storie indipendenti e separate (anche se, poco alla volta, incominciano ad emergere elementi che le collegano). Nella seconda parte la struttura è lineare, ma contrappuntata da alcuni flashback che raccontano le varie fasi della vita di Sara. Si può dire, pertanto, che la prima parte racconta la storia di Sara bambina e di Julia, mentre la seconda parte racconta la storia di Julia che ricerca Sara e che, con la sua ricerca, permette di conoscere la storia di Sara. In ogni caso le protagoniste sono due, Sara e Julia. Le due parti sono precedute da un’introduzione e seguite da un epilogo.

 

Introduzione – Le immagini sonore che provengono da una radio parlano del “primo raccolto del 1942 che il ministro dell’Agricoltura ha presentato al Maresciallo Pétain: la terra francese non mente, aveva detto il Capo di Stato. La terra francese non ha mentito”.

Si vedono poi le immagini di Sara e del fratellino che sono a letto. I due bambini ridono e scherzano gioiosamente in piena serenità.

La voce fuori campo di Julia commenta: “Le storie che non riusciamo a raccontare sono proprio le nostre. Ma se una storia non viene raccontata diventa qualcos’altro: una storia dimenticata”.

 

PRIMA PARTE

 

La storia di Sara bambina

 

– La serenità viene bruscamente interrotta dai forti colpi alla porta che annunciano l’irruzione della polizia. Una didascalia precisa la data: 16 luglio 1942. Sara si rende conto del pericolo e, mentre la madre cerca disperatamente di parlare con i poliziotti, nasconde il fratellino nell’armadio simulando un gioco e promettendogli di andarlo a liberare quanto prima. Nel frattempo appare il padre di Sara che si era nascosto. La polizia li porta via assieme ad altri ebrei.

La concierge collabora con la polizia.

– Sara custodisce gelosamente la chiave, convinta di poter tornare presto. Ma la polizia carica gli ebrei su dei mezzi pubblici e li porta al Vélodrome d’Hiver (conosciuto in seguito come Vel’ d’Hiv).

L’autore sottolinea la reazione di alcune persone: una donna applaude la polizia, mentre un uomo la rimprovera. Al Vel’ d’Hiv le condizioni sono disumane e raccapriccianti. Una donna si suicida buttandosi da una tribuna. Una ragazza, fingendosi ferita, riesce, con la complicità di qualche poliziotto compiacente, ad andarsene. Il padre di Sara implora i poliziotti di andare a prendere il bambino nell’armadio, ma viene respinto e malmenato.

– In seguito i prigionieri vengono caricati su dei camion e portati nel campo di transito di Beaune-la-Rolande dove gli uomini vengono separati dalle donne e dai bambini. Poi i bambini piccoli vengono separati dalle donne e dai bambini più grandi. Per Sara ciò rappresenta la separazione (che sarà definitiva) prima dal padre e poi dalla madre. Non le resta che la tenace volontà di tornare dal piccolo Michel.

-Dopo aver trascorso tre giorni di febbre e di delirio, Sara tenta la fuga dal campo assieme ad un’altra bambina, cercando di passare sotto il filo spinato. Ma un poliziotto le intercetta. Con grande prontezza d’animo Sara riesce ad intenerire il militare che le aiuta a fuggire. Le bambine scappano in mezzo ai campi di grano e poi nel bosco. Fanno il bagno in un laghetto: l’immagine le riprende dall’alto, a piombo, e poi va a stringere su Sara che con le braccia allargate richiama il crocifisso.

-Le due bambine arrivano in un villaggio, chiedono aiuto ad una famiglia di contadini (gli anziani Dufaure) che inizialmente, per paura, le mandano via, poi, resisi conto che la compagna di Sara è gravemente malata, le nascondono in casa e si prendono cura di loro.

-Dopo la morte della bambina per difterite, i Dufaure cedono alle pressioni di Sara che vuole a tutti i costi andare a Parigi con la speranza di salvare Michel. Facendole indossare gli abiti maschili di un loro nipote, Nicolas, i due anziani coniugi riescono a superare i controlli della polizia e finalmente arrivano a Parigi.

– Si precipitano in Rue de Saintonge, al terzo piano, dove viveva Sara. Ora l’appartamento è occupato da una famiglia francese, i Tézac. Sara entra e corre verso l’armadio con la chiave in mano. L’orrore che le si presenta è terribile e la bambina urla disperatamente.

 

Quest’ultimo episodio rappresenta il punto d’arrivo del primo filone narrativo, quello di Sara, e, nel contempo, il punto di congiunzione con quello di Julia; tanto che potrebbe essere considerato un flashback di questo secondo filone, consistente nel racconto che Edouard, il suocero di Julia, sta facendo alla nuora: fu lui, un bambino di nove anni, ad aprire la porta a quella bambina e fu testimone di quell’orrore.

 

La storia di Julia

-Siamo a Parigi, nel 2009. Julia va a visitare con il marito e la figlia l’appartamento in Rue de Saintonge, nel Marais. Si tratta di un appartamento di proprietà della famiglia Tézac (fu il nonno di Bertrand a comperarlo durante la guerra) che deve essere ristrutturato per poterlo abitare. Julia ricorda ancora che fu in quell’appartamento che Mamé, la nonna di Bertrand che ora è ricoverata in clinica, l’accolse con simpatia nonostante si trattasse di una donna americana.

-Alla redazione della rivista per cui Julia lavora si parla della causa vinta da una donna, figlia di una deportata che aveva citato il governo e le ferrovie francesi, colpevoli di aver operato quelle deportazioni durante il regime di Vichy. Julia dimostra di conoscere bene quei fatti, di cui s’è già occupata in passato: “Il 16 e il 17 luglio del ’42 furono arrestati 13.000 ebrei, in maggioranza donne e bambini. 8.000 di loro furono collocati nel Vel’ d’Hiv, il Velodromo, in condizioni disumane. E poi li mandarono nei campi di concentramento”. Due giovani collaboratori della rivista dimostrano invece di essere completamente all’oscuro di quegli avvenimenti, che la gente non ama ricordare, ma che Chirac ha riportato alla luce in un suo memorabile discorso, ammettendo le colpe dello Stato francese.

-Julia si mette al lavoro, cercando tracce o documenti di quei tragici fatti. Vuole soprattutto sapere come reagirono i francesi, ma riceve solo risposte evasive. Un’anziana signora intervistata afferma infatti: “Dopo è sempre più facile da capire; all’epoca si sentivano tante storie sugli ebrei”.

-Durante una visita in clinica a Mamé, Julia viene a sapere che la famiglia Tézac acquistò nell’agosto del ’42 un paio di stanze “che si erano liberate”. Julia resta colpita e incomincia a sospettare che quelle stanze, che poi divennero parte dell’appartamento di Rue de Saintonge, fossero appartenute ad ebrei deportati. Lo chiede al marito, che non ne sa nulla. È significativo che, proprio durante la visita a Mamé, Julia scopra di essere incinta.

-Il marito, però, non desidera avere un altro figlio. Non vuole essere un “padre vecchio” e vorrebbe che la moglie abortisse. Julia protesta: “Dopo un anno di fecondazione artificiale e due aborti spontanei, adesso tu pensi che io abortisca”. E di fronte al marito che obietta: “I medici parlavano di un miracolo”, la donna ribatte: “E questo che cos’è se non un miracolo?”.

-A questo punto, c’è un elemento semiologico importante: alcune note di una canzoncina che appartengono al primo filone si sovrappongono all’immagine di Julia che sta visitando il sacrario degli ebrei deportati: è chiara l’intenzione dell’autore di incominciare a mettere in risalto il rapporto, che diventerà sempre più stretto, tra i due filoni.

-Julia si reca poi da un ricercatore che da anni tenta di dare un volto a tante persone scomparse. L’uomo dice una cosa molto significativa: “Quando si incomincia a interessarsi a certe cose non se ne esce del tutto indenni. Questo lavoro è necessario e anche catartico“. Julia vuole sapere chi abitava nell’appartamento nel quale sta per trasferirsi, così, “solo per avere la coscienza a posto”. E viene a sapere che l’appartamento era abitato dai coniugi Starzynski che avevano due figli, Sara e Michel. Julia riesce anche ad avere una foto dei due bambini.

– Nel frattempo Edouard, il suocero, cerca diverse volte di telefonare a Julia, ma inutilmente: la donna non risponde. E sull’immagine di Edouard che guarda dalla finestra riprende quella canzoncina del primo filone di cui s’è parlato.

– Julia si confida con la sorella Charla, che vive a New York. Leparla sia della sua gravidanza sia della scoperta fatta circa gli ebrei (evidentemente l’autore crea un collegamento tra le due cose). La sorella la invita a combattere.

-Julia viene poi a sapere che i due piccoli Starzynski non sono mai stati deportati e si interroga circa la loro sorte: che siano scappati? Magari sono ancora vivi. Ma la sua preoccupazione principale, ciò che la assilla veramente, è sapere se i familiari di suo marito erano al corrente della cosa e se abbiano in proposito qualche responsabilità.

-Finalmente incontra Edouard che vuole parlarle. Ha saputo che sta facendo domande circa l’appartamento a Mamé e a Bertrand e la invita a non interessarsi a cose che non la riguardano. Ma quando Julia pronuncia il nome Starzynski, l’uomo si scioglie: “La mia famiglia non c’entra niente… solo mio padre e io lo sapevamo… Mamé non deve sapere niente, lei non c’era quel giorno”. Julia domanda: “Quale giorno?”. Edouard risponde: “Il giorno in cui la piccola è tornata… sono stato io ad aprirle”. Alcune note musicali extradiegetiche sottolineano l’importanza di questo momento che precede la visualizzazione della terribile scoperta di Sara. E qui i due filoni si incontrano e si fondono. È un primo punto d’arrivo: conoscere la terribile fine di Michel e sapere che Edouard (che era un bambino di nove anni) non ha alcuna responsabilità.

 

Ma ora si pongono altre domande: come si è comportato il padre di Edouard? E soprattutto: che ne è stato di Sara?

 

SECONDA PARTE

 

La storia di Julia che cerca Sara

Come detto, d’ora in poi la struttura diventa lineare con l’inserimento di vari flashback che rappresentano Sara giovane e poi adulta.

– Edouard dà il permesso a Julia di leggere dei documenti personali di suo padre depositati presso un notaio, che lui non ha mai avuto il coraggio di leggere.

-Nel frattempo continua la discussione tra Julia e Bertrand circa il bambino che deve nascere. Julia accusa il marito di egoismo e, nella foga della discussione, le scappa di parlare della storia degli ebrei. Ora anche Bertrand viene a conoscere la verità e, in seguito, anche sua madre Colette e la stessa Mamé.

-Dopo aver consultato i documenti, Julia telefona a Edouard: “Tuo padre ha fatto ciò che andava fatto”. Edouard si sente sollevato: “Grazie, Julia”. La donna è infatti venuta a sapere che il padre di Edouard ha provveduto al mantenimento di Sara che era stata adottata dai Dufaure.

-Flashback. Si ode la voce del vecchio Dufaure che ringrazia il padre di Edouard per i soldi che riceve (si tratta della lettera che Julia sta leggendo) e si vedono le immagini che rappresentano Sara prima al lavoro nei campi con i nipoti di Dufaure (Nicolas ed Edgar) e poi durante un viaggio in Normandia, dopo la fine della guerra, mentre si bagna i piedi nel mare (“Era la prima volta che vedeva il mare. Il suo carattere cambia e si afferma. È riservata, selvaggia, e ha voglia di andare via”).

-Julia pubblica finalmente sulla rivista il suo servizio, che viene definito straordinario. Tutto potrebbe finire qui, ma Julia sente prepotentemente il bisogno di conoscere il destino di Sara e cerca di contattare i nipoti di Dufaure, che per un certo periodo avevano vissuto con lei.

-Julia si è piegata al volere del marito ed ora si trova in clinica per abortire. Poco prima dell’intervento riceve un messaggio da Nathalie, la figlia di Nicolas. È sufficiente questo messaggio, che potrebbe consentirle di rintracciare Sara, per farle prendere una decisione che cambierà per sempre la sua vita. Julia decide di tenere il bambino e scappa dalla clinica per incontrare Nathalie.

– Nathalie le racconta che suo padre non vede Sara da circa sessant’anni perché nel 1953 Sara se n’è andata da casa Dufaure (un flashback mostra la partenza di Sara ormai adulta che, dopo aver scritto un biglietto, parte di nascosto). L’unica cosa che Nathalie possiede di Sara è un annuncio di nozze, proveniente dall’America, con un certo Rainsferd.

– Julia parte immediatamente per l’America e continua le ricerche. Finalmente trova Rainsferd. È convinta di essere sulle tracce di Sara, ma s’accorge ben presto che la moglie dell’uomo è la sua seconda moglie, la donna che Rainsferd ha sposato dopo la morte di Sara avvenuta nel 1966, quando suo figlio, William, aveva nove anni.

-Flashback. Le immagini mostrano Sara che con l’automobile sta per andare contro un grosso camion.

– William vive a Firenze e Julia, non potendo più trovare Sara, decide almeno di incontrare suo figlio per testimoniargli che qualcuno non ha dimenticato. Ma William cade dalle nuvole: non sa niente di sua madre e non vuole sapere niente. La missione di Julia sembra fallita.

– Julia ritorna a casa, ma è determinata a non andare ad abitare nell’appartamento. “Volevo solo conoscere la verità”, dice Julia al marito. E di fronte all’uomo che ironicamente osserva: “E che cosa ci ha portato questa bella verità?”, Julia ribatte: “La verità ha un prezzo, che ti piaccia o no“. Julia inoltre decide di tenere il bambino e questo provoca la sua separazione dal marito.

– Nel frattempo William va dal padre molto malato e gli chiede della madre. Finalmente viene anche lui a scoprire la verità. Il padre gli racconta di quando aveva conosciuto Sara in una sala da ballo (flashback): “Dietro al suo sorriso nascondeva qualcosa. Sentivo che lei era a disagio con il mondo circostante e sembrava la persona più triste che avessi mai incontrato”. Poi gli dice che quell’incidente in macchina non fu un incidente, ma un suicidio (ritorna il flashback di Sara sull’automobile). William è disperato: “Tutta la mia vita è una bugia”. Ma il padre gli consegna i diari di Sara e lo rassicura: “Siamo tutti il frutto della nostra storia. La tua è in quelle pagine. Coraggio, figliolo, non avere paura”.

-Con un’ellissi temporale l’azione si sposta in America, due anni dopo. Julia, con la sua bambina, incontra di nuovo William. È divorziata e per il momento vive in America con le figlie. William ora la ringrazia per tutto quello che ha fatto. Julia fa presente: “Mi sono resa conto di quanto fossi stata egoista a sconvolgere le vite degli altri, a riportare alla luce il loro passato, addirittura giudicandoli”. Ma William ribatte: “No, io ti sono grato; è grazie a te se mio padre è morto in pace”. Poi William si commuove profondamente quando viene a sapere che il nome della bambina di Julia è Sara.

 

Epilogo – Il film si conclude con le immagini di Sara (giovane, che si bagna i piedi nel mare, e poi bambina, come all’inizio), mentre Julia dice: “E così scrivo questo per te, mia Sara. Nella speranza che un giorno, quando sarai grande, questa storia che mi accom-pagna accompagni anche te. Quando una storia viene raccontata non può essere dimenticata. Diventa qualcos’altro: il ricordo di chi eravamo, la speranza di ciò che possiamo diventare”.

 

Significazione – Sara, una bambina ebrea innocente, che ha subito delle atrocità e ha conosciuto l’orrore, resta segnata per sempre e vive una vita infelice fino al punto di suicidarsi. Julia si interessa di quei tragici avvenimenti inizialmente per motivi professionali (e storico-politici); poi “per avere la coscienza a posto” circa l’appartamento e per sapere che ruolo hanno avuto i familiari del marito nella vicenda. Poi si interessa direttamente di Sara. Ad un certo punto potrebbe smettere. Ma il desiderio di conoscere tutta la verità e di testimoniare che c’è qualcuno che non dimentica la porta ben oltre, fino al punto di cambiare profondamente la propria vita e quella di altre persone. È chiaro infatti che la nuova piccola Sara deve la propria vita all’altra Sara e all’interessamento di Julia nei suoi confronti.

 

Idea centrale – Interessarsi delle persone che storicamente hanno subito ingiustizie e atrocità e conoscere le loro storie non è solo un modo per non dimenticare o per rendere loro una testimonianza di solidarietà, ma anche un modo per conoscere meglio se stessi e per progettare la propria vita in modo più autentico (l’effetto catartico di cui si parla nel film).

 

Opera nobile e giustamente emozionante che sottolinea l’importanza della verità e della solidarietà in un mondo che troppo facilmente dimentica o vuole dimenticare per il quieto vivere. Particolarmente adatta anche per affrontare il tema della Shoah sia in ambito scolastico che extrascolastico.