Film: Gli equilibristi
Presentato a Venezia 69 nella Sezione Orizzonti.
Il regista – Ivano De Matteo è nato a Roma nel 1966. Si è diplomato al laboratorio teatrale “Il Mulino di Fiora” diretto da Perla Peragallo. Attore, regista e documentarista, ha lavorato nel teatro, nel cinema e nella televisione alla costante ricerca di un linguaggio personale. Ha fondato la compagnia “Il Cantiere” e la piccola casa di produzione UTOPIA FILM.
A proposito de Gli equilibristi ha dichiarato: «Ho voluto girare questo film perché è storia di tanti, di troppi. Uomini che desiderano condurre con dignità la loro semplice vita. Ma non sanno di camminare su un filo. E che basta un colpo di vento per farli cadere. Il peggio è che questi uomini non hanno nessuno a cui appoggiarsi. Di colpo attorno a loro si fa il vuoto. La nostra società non ha denaro da spendere per loro, per quelli che rimangono indietro, che non riescono a tenere il passo. Ma siamo tutti equilibristi. Basta un colpo di vento… ed è il vuoto»1.
La vicenda – È ambientata a Roma ai giorni nostri. Giulio ha circa quarant’anni ed è impiegato al Comune. È sposato con Elena, che lavora in uno studio medico ed è padre di due ragazzini: Camilla, una ragazza sedicenne, moderna ma attaccata al padre, e il più piccolo Luca. Ha un mutuo da pagare e in più le rate dell’automobile; ma la famiglia sembra affrontare serenamente la vita di tutti i giorni senza troppe preoccupazioni. Ma, in seguito ad una relazione extraconiugale, Giulio è costretto ad uscire di casa e ad avviare le pratiche per la separazione. Tutto cambia per lui. I soldi non bastano più. È costretto a trovarsi un altro lavoro che però non regge. La situazione continua a peggiorare e Giulio, umiliato e disperato, rompe anche il rapporto d’affetto che aveva con la figlia e decide di farla finita. Per sua fortuna non ci riuscirà. La moglie e la figlia nel frattempo si mettono alla sua ricerca e forse le cose possono trovare uno sbocco positivo.
Il racconto – La struttura è lineare e divide la vicenda in tanti piccoli nuclei narrativi preceduti da un prologo e seguiti da un breve epilogo.
– L’incipit del film è costituito da una sequenza in cui la cinepresa si muove all’interno di un locale enorme e squallido con diverse panoramiche e carrellate. Si capisce che si tratta di un archivio (evidentemente l’archivio del Comune di Roma, dove lavora Giulio) pieno di schedari tutti uguali che sembrano non finire mai. Durante una carrellata si vedono brevemente due persone che, in piedi, fanno
l’amore. Si capirà in seguito che si tratta del tradimento di Giulio con una sua collega. È l’antefatto, che viene appena accennato, ma che è all’origine di tutto quello che succederà in seguito.
– Dopo il titolo del film inizia un primo blocco di episodi che hanno la funzione di presentare la vita quotidiana di Giulio, chiaramente il protagonista del film, e della sua famiglia. Si tratta di una vita normale, tranquilla, apparentemente serena. Al mattino Elena è la prima a recarsi al lavoro con lo scooter, mentre Giulio prepara la colazione per i figli. Poi li accompagna a scuola in macchina imponendo loro di ascoltare una canzone francese che i ragazzi non gradiscono molto. Ma si tratta della «prima canzone che io e tua madre abbiamo cantato in viaggio di nozze… senti che sofferenza, ma pure che gioia». I ragazzi protestano, ma poi la cantano insieme a lui. Poi Giulio si reca al lavoro dove ci sono i soliti problemi: gente che protesta, che litiga per la fila, ecc. Alla sera la famiglia si ritrova tutta insieme. Elena prepara la cena; Giulio prova la lezione a Luca che è assillato dal problema dei denti e che soffre di pene amorose. Giulio lo mette a letto e gli racconta una brevissima favola. Camilla, tutta agghindata, esce per andare a suonare la chitarra con un gruppo musicale e chiede al padre di poter andare in gita a Barcellona con Gabriele, il suo fidanzatino. Giulio tergiversa: «Tu ci tieni; io ci penso». Poi le solite raccomandazioni. Termina così la prima giornata di una famiglia assolutamente normale.
– Improvvisamente lo schermo si divide in due parti: sulla destra vediamo Elena che singhiozza disperatamente, sulla sinistra Giulio guarda la televisione. Si capisce che sta affiorando il problema. È solo un accenno, ma significativo. L’indomani riprende la vita normale, ma sarà proprio un episodio banale a far esplodere il problema: Giulio non se la sente di mandare via un tizio che aveva recapitato le pizze sbagliate ed Elena, che non sopporta le alici, si rifiuta di mangiare la sua pizza. Ne nasce una discussione. Di fronte a Giulio che si giustifica: «Non ce l’ho fatta a mandarlo via… a cinquant’anni anni porta ancora le pizze sotto la pioggia», risponde Elena: «E chi se ne frega, mi fanno schifo le alici. Ti fa pena lui? Quanta sensibilità hai tu!». Poi, in camera, si capisce che Elena è al corrente di tutto: «Lo capisci o no che non ce la faccio neanche più a guardarti in faccia?». Giulio tenta di minimizzare dicendo di aver commesso solo un errore, ma Elena ribatte: «Ma a me ha fatto male; Dio mio, che tristezza». Poi: «Sono mesi che andiamo avanti così; io non ce la faccio più. Ormai litighiamo anche davanti a loro (i figli, ndr); non mi sembra giusto». Giulio infine ammette: «Non è giusto. Va bene, me ne vado; hai ragione. Mi trovo un posto qua vicino così posso vedere i ragazzi. Penso a tutto io, non ti preoccupare ». Più tardi Giulio si accomiata da Camilla che lo rimprovera e dice che vorrebbe essere arrabbiata con lui, ma non ci riesce: il rapporto di affetto con la figlia sembra essere rimasto intatto. Poi si congeda anche da Luca e se ne va di casa con le sue valigie. Quando la porta di casa si chiude, Elena ha come un sussulto.
– Giulio trova appoggio da parte di Stefano, un amico e collega che lo ospita in casa sua. Ma ci sono dei problemi: la vecchia madre di Stefano che non vuole intrusi; il badante filippino che lo tratta ruvidamente; la piccola camera disordinata in cui Giulio deve adattarsi. Ma Giulio cerca di vivere in modo quasi normale, anche se deve andare a mangiare alla tavola calda da solo. Poco alla volta, però, le cose si complicano: la maestra di Luca lo riprende perché va a prendere il figlio in ritardo e lo invita a partecipare ai colloqui anche se è separato; la moglie gli chiede dei soldi per la gita a Barcellona della figlia, ma lui fa presente che sta per scadere la rata trimestrale del mutuo e c’è la rata della macchina da pagare; infine la madre di Stefano s’accorge che c’è un estraneo in casa e dà in escandescenze. Giulio è costretto a lasciare la casa dell’amico e a cercarsi una nuova sistemazione. Per di più è necessario fare delle pratiche per la separazione: quando escono dallo studio legale Giulio afferma di aver provato un effetto strano; Elena osserva: «Sono pratiche da fare; è normale, lo fanno tutti». Al che Giulio ribatte: «Ma pensavo che non l’avremmo fatto noi». Elena inoltre gli dice di dover chiedere un prestito alla madre per pagare il dentista per Luca.
– Con l’aiuto di Camilla, Giulio si mette alla ricerca di un appartamentino o quantomeno di un monolocale («Magari domani tornate insieme», osserva Camilla). Le ricerche però falliscono: i prezzi sono troppo cari («Come fa uno che prende 1.200 euro al mese a spenderne 700 per l’affitto?», si domanda Giulio). In più la gente vuole essere pagata in contanti e in nero per non dover pagare le tasse e pretende tre mesi di anticipo. Fallito questo tentativo, a Giulio non resta che trovarsi una modesta pensione (a una stella). Le condizioni sono categoriche: niente donne, né animali; 20 euro al giorno più 15 alla settimana per le pulizie; bagno in comune. Giulio non ha alternativa e deve accettare, ma poi, in camera, si mette a fare i conti e s’accorge che non tornano.
– Ma Giulio è orgoglioso e non vuole farsi compatire dalla moglie. Ritira dei soldi in banca, ma gli viene detto che c’è uno sconfinamento sul suo conto. La sua domanda di un ulteriore prestito non viene nemmeno presa in considerazione. Consegna una parte dei soldi prelevati alla moglie per il dentista di Luca. Vuole conoscere Gabriele, un bravo ragazzo che fa il volontario presso un canile e che vuole andare a Barcellona per studiare architettura. Visto come stanno le cose, dà a Camilla i soldi per andare a Barcellona e ne riceve in cambio affetto e tenerezza. Giulio, ad un certo punto, non ce la fa più a mangiare panini e cerca di farsi da mangiare in camera con l’aiuto di un fornelletto. Ma viene scoperto da Goran, il sorvegliante della pensione, che gli fa presente il regolamento. In compenso lo porta a mangiare in «un posto vicino ed economico» (in realtà una bettola di infimo grado). Giulio è a corto di soldi e la proprietaria della pensione gli fa presente che è in arretrato di una settimana. Giulio incomincia a incattivirsi e risponde male ad una donna che era andata in Comune a denunciare la morte della madre. A Stefano, che lo interroga, risponde chiaramente: «Con l’affitto della stanza non ce la faccio; tutto è raddoppiato». Questi gli consiglia di trovarsi un lavoro extra.
– Giulio va ai magazzini ortofrutticoli e chiede a un suo amico di farlo lavorare come facchino. Questi lo accetta, ma naturalmente in nero. Nel frattempo Camilla continua a frequentare il padre che però non le parla delle difficoltà in cui si trova: tra i due c’è molto affetto e Camilla gli dice che la mamma non ha nessun altro uomo. Il doppio lavoro gli fa dimenticare gli impegni, come la riunione del
sindacato. Giulio inoltre deve provvedere a lavarsi la biancheria da solo. Durante una serata passata assieme alla moglie in occasione di uno spettacolo teatrale in cui recita anche Luca, Giulio azzarda:
«Siamo stati bene stasera»; ma Elena ribatte «Tu pensi che a me non manchi la nostra vita? Non sai quante volte mi giro per chiederti una cosa. Tu pensi che io sia di ferro?». Poi gli chiede la macchina per poter accompagnare a scuola i figli. Giulio non ce la fa a scaricare le cassette di verdura; per lui è un lavoro troppo pesante. L’amico che lo aveva “assunto” se ne accorge e, con la scusa che ci sono in giro dei controlli per cui la cosa potrebbe essere pericolosa, lo licenzia, dopo avergli prestato 1.000 euro da restituire con la tredicesima.
– Quando incontra la moglie alla partita di basket di Luca, questa gli fa presente le lamentele della maestra; gli fa notare che le ha versato i soldi in ritardo e che la cosa la mette in difficoltà; gli dice che Camilla si è messa a lavorare per potersi permettere quelle piccole cose che hanno tutte le sue amiche. Lui ribatte soltanto: «Ho avuto un po’ di difficoltà». Giulio si reca poi ai servizi sociali e trova un manifesto che parla della “casa dei papà”. Una sera Giulio s’accorge che Elena è stata accompagnata a casa da un amico e in lui scatta anche la molla della gelosia. Con la scusa di aver avuto un avanzamento, le richiede indietro la macchina. Più tardi si sfoga: «È un incubo. Tutto quello che faccio non basta mai. Non ho neanche i soldi per pagare la stanza alla stazione». Goran gli offre un lavoretto per raggranellare un po’ di soldi: si tratta di travestirsi da Babbo Natale per conto di un cinese e andare in giro per la città a raccogliere offerte. Ma il suo orgoglio gli impedisce di accettare. Una notte, piano piano, Giulio si veste, prende le sue cose e scappa dalla pensione senza pagare. Goran se ne accorge, ma lo lascia andare e gli augura buona fortuna.
– Cerca una sistemazione andando a chiedere un alloggio alla “casa dei papà”, ma viene subito scoraggiato. Un tizio gli dice che gli alloggi sono pochissimi e sono già stati assegnati: «Qua l’unica cosa che funziona è il contributo economico di 200 euro al mese per i disoccupati ». Ma Giulio un lavoro ce l’ha e quindi non può usufruire neanche di quello. Il tizio gli consiglia di tornare a casa e dice una frase molto significativa: «Il divorzio è per quelli ricchi; gente come me non se lo può permettere». Giulio vince la tentazione di andare dalla sua ex amante e, privo di alloggio, è costretto a dormire in macchina in un parcheggio privato da dove, però, la polizia lo allontana immediatamente. Un altro episodio significativo è quello del parco giochi: Luca e un suo amico vorrebbero andare sui gonfiabili, ma Giulio ha solo due euro e non se lo può permettere. Poi, per non fare brutta figura, li manda lo stesso e cerca comprensione dalla cassiera. Ma riceve un netto rifiuto: i due bambini sono costretti ad uscire e Giulio resta profondamente umiliato. Quando la moglie, che è venuta a saperlo, lo rimprovera, lui si giustifica: «Io cerco di dare un’educazione ai miei figli; i soldi non si buttano, lo devono capire». Poi, mentendo, le dice di avere un doppio lavoro e che la promozione non gli basta.
– Manca poco a Natale. Troviamo ancora una volta Giulio che ormai dorme in macchina cercando di ripararsi dal freddo con una coperta. Un giorno va a scuola a prendere Luca, ma s’accorge che c’è già andata la moglie e si allontana mestamente. Va poi alla Caritas dove viene accolto, gli viene fornito un libretto con indirizzi utili e viene invitato al pranzo di Natale. Giulio ricorre anche ad un piccolo prestito da parte di un suo collega. Un giorno Camilla lo va a trovare e lo rimprovera: «Hai detto che non saresti scomparso; perché non mi chiami mai?»; Giulio risponde: «Perché non ho niente da dire». Finge poi di vivere in un piccolo appartamento per cui non la può invitare a casa sua e, lasciandola in asso, se ne va. Torna al mercato ortofrutticolo per restituire i soldi che aveva ricevuto in prestito, ma non ci sono tutti. Chiede ancora all’amico di farlo lavorare: «È una settimana che dormo in macchina; mia moglie non sa
niente, mia figlia pensa che abbia una casa» L’amico gli suggerisce di dire le cose come stanno, ma Giulio ribatte: «Non ce la faccio; mi sento di m…». L’amico gli abbuona i soldi mancanti, ma non lo prende a lavorare. Ne nasce un diverbio e Giulio viene cacciato in malo modo e insultato.
– Giulio dorme in macchina, va a lavarsi in un diurno. Diventa sempre più silenzioso e assente. Come quando alla vigilia di Natale va a casa per la cena, ma arriva in ritardo: Luca è già andato a letto Elena, Camilla e Gabriele cercano di parlare, ma lui sembra non sentire nessuno e poi se ne va senza salutare. Di notte, da solo, cammina per le strade. Poi si rifugia ancora in macchina, sembra fuori di sé, ansima. L’indomani incontra Camilla che gli domanda ragione del suo comportamento. Lui risponde in malo modo e quasi l’aggredisce: «Perché sei venuta? Perché mi hai chiamato? Io sono stanco, mi avete stancato tutti. È difficile da capire?» Lei gli propone di andare a casa sua, ma lui la scoraggia: «Non puoi venire a casa mia; non c’è un perché. Domani è uguale, Camilla, è uguale a oggi. Vattene e non mi cercare». Anche quel bel rapporto che esisteva con la figlia viene bruscamente spezzato.
– Ma Camilla lo segue e lo vede andare alla mensa dei poveri. La ragazza resta sconvolta nello scoprire le reali condizioni del padre e corre a dirlo alla madre. Le due donne si mettono alla sua ricerca con lo scooter: lo cercano tra i poveri, ma lui se n’è già andato. Tentano di telefonargli, ma lui non risponde. Con montaggio parallelo l’autore mostra le due donne che vanno alla sua ricerca e il suo girovagare, proprio il giorno di Natale, sconvolto e disperato. Poi il tentativo di gettarsi sotto il filobus che però si ferma in tempo. L’autista scende e lo maltratta. Ormai Giulio ha proprio toccato il fondo.
– Il breve epilogo è costituito da un Primo piano del protagonista con le luci sfocate dietro di lui. Si sente il suono del cellulare. Giulio finalmente risponde: «Pronto». Il suo viso cambia leggermente espressione: c’è quasi l’abbozzo di un sorriso.
Significazione – L’evoluzione del protagonista è chiara ed e quella che fa scaturire la significazione del film. Giulio, in seguito ad una sbandata sentimentale, è costretto a rompere il legame coniugale. Cerca di mantenere una vita pressoché normale, ma i problemi economici che derivano da tale rottura lo portano a diventare sempre più povero e incapace di far fronte ai suoi obblighi. Tale situazione incide anche sulla sua psiche fino a condurlo ad uno stato di prostrazione e di disperazione che lo porta a tentare il suicidio.
Ma l’Autore, con quel piccolo epilogo, non cede alla tentazione pessimistica e vuole aprire uno spiraglio di speranza che nasce là dove l’interessamento e l’amore delle persone care possono ancora salvare dal baratro.
Idea centrale – Il film è chiaramente ancorato al sistema socioeconomico del nostro paese e, più in generale, del nostro tempo. Pertanto, il regista sembra dire: nel nostro mondo contemporaneo la rottura del legame coniugale produce un abbrutimento, sia dal punto di vista economico sia da quello esistenziale, che porta verso l’abisso. Solo la comprensione da parte delle persone care e il recupero degli affetti può salvare dall’autodistruzione e riaprire la porta alla speranza. Opera prima interessante, che affronta un tema di grande attualità con accenti ora ironici e ora tragici, che favorisce la riflessione e che non cade nel melodramma, ma sa anche additare la via che permette di continuare a vivere in modo dignitoso.