Giotto. Crocifissione
- Descrizione storico-analitica
Tra il 1304 e il 1306 Giotto si trovava a Padova, chiamato da Enrico Scrovegni, per affrescare la Cappella da lui fatta erigere alcuni anni prima. Così facendo, intendeva espiare il peccato d’usura commesso dal padre, condannato da Dante all’inferno. Proprio in quegli anni, Giotto vi realizzò la sopra citata Crocifissione, che rientra a pieno titolo tra i suoi numerosi capolavori. Si trova sulla parete nord della Cappella, nella quale sono raffigurati, in successione, gli episodi della vita di Gioacchino ed Anna (riquadri 1-6), della vita di Maria (7-15) e della vita di Cristo (16-39). Il 40° riquadro è riservato al giudizio Universale, mentre il 41° e il 42° sono dedicati rispettivamente alle allegorie dei vizi e delle virtù. Il riquadro della Crocifissione è il 35°. A causa di danni sugli affreschi di Giotto, si resero necessari una decina d’interventi conservativi. Il primo della serie è databile tra la fine del 18° e l’inizio del 19° secolo; l’ultimo, nel 2001.
- Analisi iconografica
La fonte biblica della scena è la narrazione della Crocifissione secondo il Vangelo di Giovanni (19,23-30). Gli elementi iconografici da analizzare sono i seguenti: innanzitutto, la predominanza del colore azzurro; soprattutto del cielo, ma anche del mantello di Maria Santissima. Non può sfuggire la presenza di dieci angeli intorno a Cristo – crocifisso e incoronato di spine – naturalmente, in posizione centrale. Secondo Bellinati, con l’introduzione di queste presenze angeliche, Giotto avrebbe voluto raffigurare la partecipazione cosmica al dolore per la morte di Cristo. Sul cartiglio del Crocifisso la scritta «HIC. E. IESUS / NAZARENUS / REX IUDEORUM». La medesima iscrizione potrebbe essere stata ispirata da un dipinto del suo maestro, Cimabue, nel quale è pure presente.
Il Cristo qui raffigurato da Giotto non sembra subire passivamente la propria passione e morte. Al contrario: il pittore, attraverso il tema dell’innalzamento del Figlio, mette in opera perfettamente il “paradosso cristiano” perché, esattamente attraverso l’accettazione volontaria di una morte così cruenta, Cristo rivela pienamente la propria gloria e regalità. Attira tutti a sé, dal legno della croce – commissa – nella quale si nota pure la presenza di un suppedaneum, cioè del caratteristico piedistallo ligneo sul quale sono appoggiati i piedi di Cristo.
Ai piedi della croce Maria Maddalena, inginocchiata e in lacrime. Sotto la croce troviamo invece una piccola caverna e, al suo interno, un teschio. È quello di Adamo, riportato in vita dal sacrificio salvifico di Cristo.
A sinistra si trova la Vergine Maria: straziata dal dolore per l’ingiusta morte del Figlio, essa fatica a reggersi in piedi. In suo soccorso, per sostenerla, compaiono l’evangelista Giovanni insieme a Maria di Cleofa. Dietro di loro, alcune teste appena accennate: si tratta della folla – testimonianza visibile dello “spettacolo della croce” – presente anche in basso a destra. Ad attestare la spettacolarità dell’evento compare pure lo sventolio di una bandiera e l’innalzamento di lance. Il tutto dietro i personaggi principali di questa sezione – i soldati – i quali si disputano tra loro le vesti del Crocifisso.
Si ipotizza che il personaggio che si distingue, tra tutti, in posizione frontale, sia il centurione romano, il quale, a seguito del riconoscimento della figliolanza divina di Cristo, si sarebbe meritato da Giotto un’aureola intorno al capo, e va così ad aggiungersi agli altri quindici personaggi provvisti di nimbo: Gesù, Giovanni Evangelista, le tre Marie e i dieci angeli.
- Un approccio vocazionale
Come è noto, in occasione del 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II (1962-2012) lo scorso 11 ottobre, Benedetto XVI ha voluto solennemente inaugurare l’anno della fede. Quella del Santo Padre è stata un’intuizione davvero lungimirante e provvidenziale, perché ci aiuta a porre le domande fondamentali sulla fede cristiana e, di conseguenza, ci consente di poter rendere ancora più salde le ragioni del credere: ne va della consapevolezza della nostra identità e dello spessore della nostra testimonianza. Se vogliamo rispondere alla domanda fondamentale – perché credere? – dobbiamo necessariamente essere ricondotti all’unità del mistero pasquale. Non crediamo infatti in un dio sui generis, ma nel Dio di Gesù Cristo, morto e risorto per la nostra salvezza. Il dipinto della Crocifissione di Giotto aiuta poi a riflettere non solo sul fatto in sé della Crocifissione, ma anche sulla reazione di fronte ad essa. È lo snodo fondamentale della libertà personale di fronte al Mistero. Le possibilità sono soltanto due: l’accoglienza (e la sequela) di Cristo, oppure l’indifferenza e il rifiuto. I due gruppi di persone raffigurati nel quadro simboleggiano questi due opposti atteggiamenti. Porsi nel gruppo dei discepoli di Cristo significa radicare la fede non su un’idea o su un’ideologia, ma sull’Incontro con una Persona, la sola in grado di sottrarci ad un orizzonte puramente terreno, per spalancare il cuore e il destino verso la speranza in una pienezza di vita e d’amore che non avrà mai fine.