Chiamati a volare alto
È davvero affascinante, e forse anche sorprendente, poter riscoprire e gustare che tutte le nostre vite sono chiamate a vivere la Santità.
Ce ne eravamo scordati un po’ tutti… pur essendo questa una delle intuizioni più feconde e profetiche del Concilio Vaticano II, nella Costituzione dogmatica Lumen gentium (21 novembre 1964).
A ricordarcelo ci ha pensato lo stesso Papa Francesco, nella Udienza generale di mercoledì 19 novembre 2104, usando la forza incisiva delle parole semplici, che si scolpiscono nella memoria e nel cuore:
«La santità è il volto più bello della Chiesa: è riscoprirsi in comunione con Dio, nella pienezza della sua vita e del suo amore. Si capisce, allora, che la santità non è una prerogativa soltanto di alcuni: la santità è un dono che viene offerto a tutti, nessuno escluso, per cui costituisce il carattere distintivo di ogni cristiano».
C’è un canto “gospel” delle comunità nere d’America che, con una immagine plastica e suggestiva, esprime questa straordinaria opportunità che ci è donata:
«Io ho le ali, tu hai le ali, tutti i figli di Dio hanno le ali; quando andrò in Cielo metterò le mie ali, e volerò in lungo e in largo per il Cielo di Dio. Cielo, Cielo… e volerò in lungo e in largo per il Cielo di Dio».
«Tutti i figli di Dio hanno le ali»… e come Angeli siamo chiamati ad un volo maestoso nell’Infinito Blu, così come l’aquila reale sfida le immensità del cielo.
L’aquila reale, con il suo volo possente, riesce a vincere i venti e le correnti dell’alta quota e sale sempre più in alto; l’aquila reale è capace di guardare le cose dall’alto e di vederle con nitidezza e precisione, perché la sua vista è acutissima; l’aquila reale pone il suo nido negli anfratti delle rocce: è un nido sicuro e ben protetto, al riparo dagli altri uccelli rapaci.
L’aquila è l’unica capace di guardare il sole e di puntare verso di esso, senza rimanerne accecata: è quanto racconta, in una sua parabola, Leonardo da Vinci.
Ma non sempre noi riusciamo a volare; potremmo essere come aquile con le ali… di piombo. Siamo stanchi e sfiniti, troppo attaccati alle nostre piccole cose da fare, ai nostri interessi, ai nostri idoli di cartapesta. E il nostro cuore diviene sempre più piccolo e raggrinzito; non guarda verso l’orizzonte, non cerca il sole. Lo scoraggiamento, la disillusione, la perdita di passione: questa è la pesantezza del cuore che non ci permette di librarci in volo verso la Santità.
Nel contesto di un’altra Udienza generale, quella del 6 aprile 2011, Papa Benedetto XVI cesellò queste intense parole:
«In questi ultimi due anni abbiamo imparato a conoscere i Santi più da vicino e a capire che tutta la storia della Chiesa è segnata da questi uomini e donne che con la loro fede, con la loro carità, con la loro vita sono stati dei fari per tante generazioni e lo sono anche per noi. I Santi hanno lasciato che Cristo afferrasse così pienamente la loro vita da poter affermare con San Paolo: “Non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20)».
Che cosa vuol dire essere santi? Chi è chiamato ad essere santo? Lasciamo rispondere a Papa Francesco: «Tante volte siamo tentati di pensare che la santità sia riservata soltanto a coloro che hanno la possibilità di staccarsi dalle faccende ordinarie, per dedicarsi esclusivamente alla preghiera. Ma non è così! E qualcuno pensa che la santità sia chiudere gli occhi e fare la faccia da immaginetta… No, non è questo la santità!».
La santità non è una meta riservata a pochi eletti. San Paolo parla di un grande sogno di Dio e afferma: «In Gesù, Dio ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità» (Ef 1,4).
La santità, la bellezza e la gioia della vita cristiana non consistono nel compiere imprese straordinarie, ma nell’unirsi a Gesù, nel vivere con Lui e come Lui, nel fare nostri i suoi atteggiamenti, i suoi pensieri, i suoi comportamenti.
Scrive Sant’Agostino: «Viva sarà la mia vita, tutta piena di Te, Signore!» (Confessioni, 10,28).
La chiamata alla Santità passa per la via semplice e umile della preghiera, vissuta nel contatto con i fatti e le persone di ogni giorno. Chi vive con cuore puro e semplice, ma fedele, l’esperienza della preghiera sente la propria vita dilatarsi, diventare sempre più leggera e desiderosa di lasciarsi sollevare in alto, là dove tutte le cose si vedono in maniera totalmente diversa.