L’ascesi della verità
La parentesi universitaria ha un posto centrale nelle vicende di coloro che la vivono, poiché negli anni universitari si ricapitola e si ricompone, in una sistemazione organica e quasi definitiva, tutto il precedente cammino di progressiva crescita e maturazione, sul piano culturale innanzitutto, ma anche su tutti gli altri piani di cui si compone l’esperienza umana.
L’università, per sua natura, è una fucina di idee, un luogo privilegiato per l’elaborazione di una cultura a misura d’uomo che possa dare forma a tutte le espressioni del vivere sociale di un popolo: «Dall’università dipende la vita spirituale della società che pensa, che dirige, che scrive, che insegna, che dà cioè al popolo un indirizzo teorico e pratico in ordine alla filosofia della vita» (G.B. Montini, Clero e universitari, in «Azione Fucina»).
Se l’istituzione universitaria riveste un ruolo così decisivo nella vita personale e sociale dell’uomo, è evidente la responsabilità educativa e formativa di cui sono investiti coloro che si assumono tale ministero all’interno di essa. Si tratta di cappellani, religiosi e religiose, educatori, docenti e personale tecnico e amministrativo, che condividono con gli studenti il tempo universitario, così ricco di risorse e di sfide.
L’università si è rivelata uno dei luoghi più qualificati per tentare di trovare le strade opportune per uscire dalla crisi di cultura e di identità che caratterizza il nostro tempo e indagare sulla Verità che “ricapitola” in sé tutte le verità parziali.
Le nuove generazioni, gli studenti, attendono da noi, educatori adulti, una proposta seria, impegnativa, capace di rispondere, in nuovi contesti, alla perenne domanda sul senso della propria esistenza. Questa attesa non dev’essere elusa. Il cammino di “ricapitolazione” del sapere, ma soprattutto dell’esistenza, va accompagnato.
1. Sulla strada maestra della Verità
Per sostenere lo studente nel processo di “ricomposizione” della propria esistenza è necessario, innanzitutto, che la guida possieda e sappia consegnare al giovane una sapiente lettura della realtà – sia essa oggettiva o soggettiva – che favorisca, a questo punto del suo percorso, la formulazione di una “sintesi esistenziale”, di quanto va indagando nella sua ricerca scientifica.
Il contesto attuale dell’istituzione universitaria si caratterizza per un tipo di indagine in cui sembra si dia il primato ai risultati scientifici, finalizzati al progresso tecnico, piuttosto che a salvaguardare l’uomo e la sua tensione verso il bene autentico. Sopravvalutare il “fare”, oscurando l’”essere”, non aiuta lo studente a ricomporre quell’equilibrio fondamentale di cui ha bisogno per dare alla propria esistenza un solido fondamento e una valida finalità. Di fatto, il concetto di “Università” dovrebbe chiamare in causa quello di “universalità”, ossia di una tensione che sospinge verso il raggiungimento della Verità totale, avendo come punto di partenza le verità parziali che si indagano. Ed è proprio nella ricerca faticosa della ragione verso il raggiungimento della verità intera che si colloca la finalità della vita universitaria.
L’università costituisce dunque il “laboratorio” in cui lo studente, in prima persona, sottopone a vaglio critico tutta l’educazione ricevuta e sceglie, in modo cosciente e personale, di assumerla o meno, a partire dai nuovi criteri di giudizio che va acquisendo. Qui entra in gioco l’educatore-guida come colui che, avendo già percorso il cammino verso l’unificazione di sé, ne ha fatto in Cristo una propria sintesi vitale ed è dunque in grado di accompagnare lo studente nello stesso processo di maturazione, a partire da ciò che egli ricerca, vive, progetta.
«Là dove l’occhio comune registra fatti, sentimenti, avvenimenti, realtà diverse, l’educatore coglie di questi fatti, di queste realtà, di questi dati una nuova dimensione e un nuovo senso: legge cioè tutto ciò che in qualche modo tocca l’uomo e tutto ciò che è umano in relazione ai fini assegnati all’uomo: sonda il potenziale di umanizzazione racchiuso nei ‘fatti’, nei ‘dati’; e interviene per liberare questo potenziale, per metterlo in atto» (M. Marchi).
Nell’ambito universitario l’educatore-guida dovrà innanzitutto consegnare al giovane quell’approccio integrale alla verità in cui fede e ragione, anziché contrapporsi o addirittura contraddirsi, si sostengono reciprocamente, poiché «sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità» (Giovanni Paolo II, Fides et Ratio, Incipit). Per favorire l’acquisizione dello sguardo “sintetico” sul reale, nel dialogo costante tra ragione e fede, tra cultura e Vangelo, tra etica e storia, potrà servirsi di incontri nelle facoltà, in cui si renda evidente l’onestà, anzi la verità di tale “approccio”, per ciascuna delle peculiari discipline scientifiche e filosofiche. A tal fine, è eloquente e convincente la testimonianza di docenti e scienziati credenti.
2. L’ascesi della verità
Talvolta le discipline scientifiche o filosofiche tendono ad una “parcellizzazione” delle verità, ad una tale “frammentazione” delle conoscenze, da indurre a dubitare che sia possibile raggiungere la verità, e, ancor più, che esista una verità fondante, radice di ogni verità che dia senso ultimo allo studio, oltre che all’esistenza. «Il pericolo del mondo occidentale è oggi che l’uomo, proprio in considerazione della grandezza del suo sapere e potere, si arrenda davanti alla questione della verità» (Benedetto XVI, discorso alla Sapienza 16/01/08).
La ricerca della verità diviene dunque un compito irrinunciabile dell’uomo contemporaneo, una questione vitale, perché, se si lascia cadere dal cuore la domanda sulla verità e sulla concreta possibilità di poterla raggiungere, la vita finisce per ridursi ad un ventaglio di ipotesi, prive di riferimenti certi, senza un orientamento preciso.
Nel tempo universitario, da parte degli studenti si assiste spesso a periodi di vero e proprio disorientamento, smarrimento mentale e talvolta esistenziale; lo studio, per quanto “specialistico”, non basta a soddisfare la sete di verità e di vita che è insita nel loro cuore, perché è proprio dell’uomo portare in sé l’esigenza di affermare il significato di tutto. Capita dunque di trovarli nelle aule studio a preparare esami, soli, demoralizzati, ma soprattutto demotivati.
Questo è il tempo in cui l’educatore-guida deve fermarsi e porsi accanto, ad ascoltare, a raccogliere preoccupazioni e sfoghi, ma soprattutto a leggere, dentro lo sconforto per l’ennesimo esame “impossibile” da superare, la domanda di orizzonte, di finalità, di senso. Si tratta allora di aiutare lo studente a prendere sul serio la domanda che scaturisce dalla sete delle verità parziali con le quali viene in contatto, per trovarne le “radici” ed assumersi l’impegno dell’” ascesi della verità”. Sì, perché la ragione esige la verità, il «riconoscimento di ciò che esiste in verità», come afferma Hegel, e questo comporta una fatica, un impegno. «Le opinioni sono fonte di felicità a buon prezzo! Apprendere la vera essenza delle cose, anche se si tratta di cose di minima importanza, costa una grande fatica» (Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia, XL, VIII).
È questa fatica che lo studente viene invitato e accompagnato a compiere; essa passa, sì, attraverso lo studio e la ricerca, fatto con paziente perseveranza, ma lo abilita ad entrare progressivamente nel cuore delle questioni e apre alla passione per la verità e a scoprire dentro la verità il Mistero in essa contenuto, perché «chi non ammette l’insondabile Mistero non può essere neanche uno scienziato» (A. Einstein).
L’educatore dunque accompagna, ossia sostiene la fatica del cercare, dell’indagare, del “dare ragione e fondamento” a ciò che si apprende. Questo comporta che l’accompagnatore sappia anche illuminare, qualora le risposte poste dalla scienza e dalla filosofia a problemi riguardanti l’origine, la natura e il fine della realtà e dell’uomo, siano parziali, o suscitino dubbio e perplessità e siano in dissonanza con la visione cristiana.
Si tratta di accettare la sfida del dialogo paziente con le diverse posizioni scientifiche e culturali, di assumere il dubbio come opportunità educativa, come “via alla verità”, come “ricerca” condotta insieme. Mettersi accanto nella ricerca significa talvolta “saper dare ragione” circa la visione cristiana della realtà, suggerire fonti, tratte principalmente dal Magistero, che permettano un “ragionevole” confronto.
Talvolta questo avviene su un piano personale, talvolta con la proposta di convegni nelle facoltà, o di corsi nella stessa cappella universitaria. Questo paziente lavoro di “scavo delle ragioni e del fondamento”, nell’ambito di ciascuna disciplina, tende a formare nello studente la giusta “coscienza critica e scientifica” che pone delle regole alla ragione per potersi esprimere correttamente, prima fra tutte il tener conto del fatto che la conoscenza dell’uomo è un cammino che non ha sosta e che richiede l’atteggiamento di umile ricerca e non di preteso possesso.
3. La verità apre all’umile ricerca
Ogni ricerca non può raggiungere il proprio obiettivo se, partendo dalla propria epistemologia, non accetta anche di assumere l’atteggiamento onesto di umiltà nei confronti della verità, sia essa scientifica, filosofica o esistenziale. L’orizzonte della realtà è sempre così vasto da sopraffarci e il vero sapiente, quanto più si avvicina alla verità – qualunque sia il suo oggetto – tanto più prende coscienza che la verità è sempre “oltre”, sempre più grande, mai posseduta fino in fondo. Di fatto la verità non si possiede né si raggiunge, ma semplicemente si riceve. Il giovane studente non dirà più di possedere la verità, ma di ricevere una verità, consapevole che solo Dio può abbracciare tutto il vero e il bello.
Lo studente dunque non si accontenterà di acquisire una competenza professionale, ma sarà invitato ad allargare e approfondire gli orizzonti della sua ricerca, per fare della propria materia di studio la via di accesso alla scoperta della Causa Prima di tutto ciò che esiste.
La scoperta della misteriosa presenza di Dio, che si rivela in ogni frammento della realtà indagata, fa nascere nel cuore del giovane l’atteggiamento dello stupore, da cui scaturisce l’ammirazione e l’adorazione verso Colui che è Signore e Autore della Verità e della Bellezza. A questo punto si rivela necessario, nell’accompagnamento personale, proporre percorsi di ascolto, di ricerca del Mistero e dell’Infinito che gradualmente, ma sempre più luminosamente, si rivela in ogni “frammento di verità” indagata.
In questa fase è opportuno che la guida sappia suggerire e proporre al giovane tempi di silenzio, di contemplazione, in cui “ascoltare e ricevere” la Parola di verità inscritta nella propria esistenza; momenti prolungati di incontro personale con Dio nella preghiera, dentro i quali egli potrà collocare e consegnare i dubbi e gli interrogativi che la mente suscita e che sono inscritti nel suo cuore. Si può consigliare la meditazione della Parola del giorno, o di uno dei Vangeli, la partecipazione alla messa quotidiana, l’adorazione silenziosa. Dio allora parla, ascolta e risponde. In questi tempi preziosi il Mistero, che lo studente ha “intravisto” nel cuore della realtà, diviene Incontro con una Persona, con la quale si instaura un rapporto familiare. È infatti nella persona di Cristo che viene a lui definitivamente svelata la verità di Dio, la verità di se stesso e il senso della storia.
Partendo dall’indagine della verità “oggettiva”, lo studente si trova coinvolto nella ricerca, molto più affascinante e coinvolgente, della propria verità “soggettiva”, della propria identità e vocazione di persona voluta e amata da sempre da Dio, Autore e Signore di tutte le cose. Si apre così agli interrogativi ultimi della propria esistenza.
Questa fase è certamente molto delicata, perché prevede la riorganizzazione della propria esistenza alla luce della verità che il Signore gradualmente va rivelando; tempi preziosi e ricercati potranno essere i giorni di ritiro e l’esperienza degli esercizi spirituali, anche personalizzati.
Indispensabile a questo punto il confronto con la guida che accoglie e accompagna la “riscoperta di sé” alla luce dell’incontro personale con Dio. L’accompagnamento conduce allora, gradualmente, ad una crescita e ad una formazione integrale dello studente, che gli consente di maturare non solo nella sfera intellettuale, ma anche sul piano psicologico, affettivo, morale e spirituale.
Saranno certamente di sostegno gli incontri di formazione spirituale, promossi dalla cappella universitaria, per avviare percorsi di crescita umana e spirituale: introduzione alla Sacra Scrittura, alfabetizzazione alla teologia, scuole di preghiera, Lectio Divina, corsi sull’affettività, ecc. Queste proposte dovranno puntare alla “misura alta” della vita cristiana, essere fondate e fondanti, di alto profilo spirituale, per permettere allo studente di cogliere il fascino e la bellezza di Dio e della vita spirituale, alla quale si sta gradualmente aprendo.
Lo studente, che si sente accolto dalla guida, ma anche dalla comunità degli studenti e dei docenti che frequentano gli spazi della cappella universitaria o gli incontri offerti in facoltà, sa che in quello spazio vitale, apparentemente lontano dall’idea di Dio, il Signore si è accostato a Lui, si è fatto vicino, amico, maestro, padre. Quest’esperienza dà ali alla fiducia e permette al giovane di consegnarsi con libertà alla guida con la quale “rilegge” in chiave nuova la propria storia personale; ora è in grado di elaborare e interiorizzare gradualmente il proprio passato, talora segnato da ferite e sofferenze profonde, per aprirsi a processi di crescita, umana, affettiva, spirituale.
«Sono dottorando di ricerca in Ingegneria industriale presso l’Università di Roma “Tor Vergata” e studente di Filosofia della Pontificia Università Gregoriana. Nei mesi successivi alla laurea cercavo la strada in cui far maturare tutte le mie potenzialità, in altri termini, stavo cercando la mia vocazione. Ciò può sembrare paradossale, poiché la scelta del corso universitario dovrebbe implicare la consapevolezza della propria missione. La mancanza di chiarezza è una condizione comune a molti studenti universitari, infatti vi è un’alta percentuale di studenti che ammettono di non sapere con esattezza perché hanno scelto quel particolare corso di laurea. Tutto è cambiato quando ho conosciuto la cappella universitaria. In quest’ambiente ho incontrato nuovi amici e preso parte a diverse attività formative quali le catechesi e la scuola di preghiera. La cappella mi ha permesso di partecipare ad attività di crescita culturale attraverso mostre, convegni e corsi universitari organizzati dal cappellano, che sarebbe diventato il mio direttore spirituale; mi ha permesso di vivere i sacramenti e la possibilità di un accompagnamento spirituale, esperienza che è stata per me e per molti altri decisiva. Ho trovato un luogo in cui la vita cristiana è vissuta a 360° e con la massima intensità. Non percepivo in ciò che mi era proposto un dualismo tra vita cristiana e vita universitaria, non c’era spazio per una doppia vita, ma per una sola vita vissuta completamente e in tutti i suoi aspetti. Questa unità che comprende il tutto ha trovato una perfetta consonanza con quello che è il mio desiderio» (Michele, 28 anni, seminarista).
4. La Verità – che è una Persona – coinvolge
Il sentirsi attesi, accompagnati e guidati dalla presenza di Dio, la scoperta del tempo universitario come kairòs, momento di “grazia”, perché tempo privilegiato di incontro con il Signore, con Colui che si è “affiancato” sulla strada della verità, porta lo studente a coinvolgersi con il Signore e a scegliere di stare con Lui.
È in questo momento che possono maturare decisioni importanti per la vita, quali la scelta di una speciale consacrazione, di vivere nella purezza il tempo del fidanzamento, di continuare ad essere testimone negli ambiti della ricerca.
«Dopo ben sette anni di seminario, di cui cinque di liceo e due di università, avevo deciso di prendermi un tempo di pausa. Nei miei progetti iniziali, si trattava di mettere in stand-by il discorso vocazionale, provando a sperimentarmi concretamente al di fuori delle mura del seminario che, in quel periodo, mi sembravano strette e soffocanti. Dopo varie peripezie, riuscii ad arrivare a Roma. Erano da poco iniziate le lezioni alla facoltà di filosofia, ma non persi nemmeno un istante per sbrigare le faccende burocratiche e definire il mio piano di studi. La domenica andai nella cappella universitaria a messa: vi ho trovato una comunità piccola ma familiare, che mi ha accolto e accompagnato con sincero amore cristiano per un intero anno accademico. In quella comunità ho trovato un accompagnatore nel cappellano. Egli ha intercettato le mie paure e i desideri più profondi del cuore e con una cura costante e discreta è riuscito a far emergere da me stesso le risposte. Da lui ho visto che significa stare accanto nell’università: accostarsi con discrezione, seguire con attenzione le vicende accademiche, accompagnare con costanza e serietà, essere disposti a rimettere del proprio al servizio della felicità del giovane. Questi atteggiamenti ottengono una pronta fiducia, ingrediente indispensabile per un serio cammino di discernimento vocazionale. Nel mio caso è stato così: aver vissuto tutto questo, nell’intenso percorso di quei nove mesi romani, mi ha aiutato a ritrovare la strada che, di lì a poco, mi ha ricondotto in seminario. Con la sicurezza di chi non si sarebbe più lasciato sfuggire dalle mani la perla preziosa, ritrovata ora in tutta la sua lucentezza» (Luigi, seminarista).
5. L’incontro con persone vere
In questo percorso, un ruolo determinante è svolto dai testimoni: cappellani, religiosi e religiose, ma anche docenti, figure di scienziati credenti del passato o del presente, o di santi che hanno fatto della ricerca della Verità il loro cammino di santificazione.
Il contatto con la loro esperienza “luminosa”, perché illuminata dalla presenza di Colui che è Luce, e unificata nella Verità, garantiscono allo studente che la via intrapresa non delude, ma conduce alla pienezza. Questa è la vita, questo è il cammino, questa è la verità.
Perciò incoraggiano, con la loro sola presenza, a seguire Gesù Cristo fino alle estreme conseguenze della carità.
«Nella mia vita di studentessa sperimentavo che seguire Gesù con l’aiuto di una guida spirituale mi permetteva di comprendermi sempre più e di essere più vera con me e con gli altri. Il bisogno di centrare la mia vita in Gesù diveniva costitutivo della mia persona, al punto che cercavo di incontrarlo anche nei corsi di studi universitari. Fu un ritiro organizzato dalla cappella universitaria ad offrirmi l’occasione per coniugare la mia vita da piccola filosofa con il desiderio crescente di stare con Gesù: una mattina mi fu presentata la figura di Edith Stein, ebrea, filosofa, carmelitana e martire. Una donna filosofa che aveva riflettuto seriamente sulla verità e che aveva offerto a Gesù l’intera sua vita. Immediatamente decisi di cambiare l’argomento della mia tesi e di scegliere invece la riflessione di questa donna. Fu per me una grande sorpresa accorgermi che Dio si preoccupasse di me in toto, che considerasse perfino il mio tipo di studi. Lo studio divenne finalmente un altro canale in cui poter incontrare Dio. Studiando il testo della Stein, Il problema dell’empatia, capii come e perché avessi scelto la Stein come soggetto della tesi: la sua esperienza di vita mi aveva rivelato valori che in me attendevano di essere risvegliati; lei aveva cercato con tutta la sua mente la Verità e dopo averla riconosciuta in Gesù sposò Lui con tutta la sua vita. La sua radicalità mi aveva acceso il cuore» (Melissa, 23 anni, giovane in formazione, laureata in filosofia).
6. Una dilatazione dell’anima
Per concludere, possiamo affermare che il percorso sulla strada maestra della verità è un cammino di santificazione, lungo e affascinante, che porta a “dilatare l’anima”. Così ci assicura il grande teologo Ratzinger, citando un’esperienza storica: «Papa Gregoria Magno (+604) racconta nei suoi dialoghi degli ultimi giorni di San Benedetto. Il fondatore dell’ordine benedettino si era coricato per dormire al piano superiore di una torre, alla quale conduceva dal basso “una scala diritta”. Si era poi alzato e, mentre stava alla finestra, supplicava Dio onnipotente. Mentre guardava fuori nel cuore della notte oscura, vide improvvisamente una luce, che si riversava dall’alto e dissipava tutta l’oscurità della notte… Qualcosa di meraviglioso si verificava in questa visione, come egli stesso raccontava: tutto quanto il mondo gli fu presentato davanti agli occhi, come raccolto in un unico raggio di sole. A questo racconto l’interlocutore di Gregorio fa obiezione, con la medesima domanda che si impone anche all’ascoltatore di oggi: “Ciò che tu hai detto, che Benedetto poté vedere avanti agli occhi tutto quanto il mondo raccolto in un unico raggio di sole, io non l’ho ancora mai sperimentato e non me lo posso neanche immaginare. Come infatti potrebbe mai un uomo vedere il mondo come un tutto?”. La frase essenziale nella risposta del Papa suona: “Se egli vide tutto quanto il mondo come unità davanti a sé, ciò non avvenne perché il cielo e la terra si erano ristretti, ma perché l’anima di colui che guardava si era dilatata…”».
Colui che si lascia completamente illuminare dalla Verità, che è Cristo, può avere una visione sintetica e globale della vita, vede l’insieme. Non è il mondo che si restringe, ma la sua anima si dilata, perché egli non è più assorbito dal singolo oggetto, ma assume lo sguardo verso la totalità. Egli guarda dall’alto e acquisisce così il vero sguardo panoramico.
Che ogni studente, percorrendo la via maestra della Verità, possa pervenire a questa dilatazione d’animo, che è già contemplazione.