Ciò che ci è capitato sei Tu
«Ciò che ci è capitato sei Tu. Come potremmo passare a un’altra cosa come se ci fosse un capitolo seguente?». E’ tutto qui il senso della vita monastica: un incontro, quello con il Signore, davanti al quale qualsiasi altra cosa, pur bella ed importante, passa in secondo piano.
Provate a chiedere ad un monaco: perché sei entrato in monastero? Vi risponderà: per una relazione. Noi non abbiamo scelto la clausura, né la preghiera come servizio liturgico, lo studio o la vita ascetica: non abbiamo scelto qualcosa, ma Qualcuno; non un fare, ma un essere.
Abbiamo scoperto che il Signore ci chiamava a una relazione unica con Lui; ci ha mostrato il suo desiderio sulla nostra vita e ci siamo accorte che non desideravamo altro che accogliere questo suo desiderio, lasciarci cercare, trovare, e cercarlo noi a nostra volta, in un dialogo continuo che non finirà mai, in un perdersi e ritrovarsi che porta sempre più in profondità la relazione e la fa sempre più ricca, bella e piena quanto più si fa vuoto che accoglie la pienezza di Dio.
In realtà… questa è l’essenza della vita cristiana! Ogni battezzato è chiamato ad incontrare Dio come Persona che cerca un dialogo con ogni uomo. Che cosa distingue, allora, la vita del monaco da quella del cristiano? «La vocazione del monaco non è altro che la vocazione del battezzato, vissuta però nella dimensione della massima urgenza». Se ogni cristiano si sente chiamato a cercare Dio, «il monaco è colui per il quale questa chiamata è diventata così pressante che la risposta non può essere rimandata a domani» (L. Bouyer, Il senso della vita monastica)» .La vita monastica ricorda perciò, nella Chiesa, l’unica cosa necessaria: il bisogno che ogni uomo ha di Dio.
A questo punto, ci si può chiedere: come si concretizza questa ricerca? Come vivono i monaci? Falsa idea comune è che in monastero non si faccia nulla, che si viva “solo pregando”. Ma che vuol dire “solo pregare”? Pregare in realtà non è solo “dire preghiere”, ma fare della propria vita una preghiera. Offrire ciò che si vive come lode a Dio, accogliendo ogni attimo della vita come dono di Dio: quest’obbedienza quotidiana alla vita e, quindi, ai tempi di preghiera, studio e lavoro, che danno il ritmo alla giornata monastica, è ciò che fa di tutta la vita di un monaco una preghiera, mettendolo in un dialogo continuo con Dio.
Ogni ordine vive questa ricerca di Dio secondo un carisma specifico. Quale è quello agostiniano?
Tra i primi articoli della nostra Regola si legge: «Il motivo essenziale del vostro vivere insieme è di abitare nella stessa casa nel comune progetto di cercare instancabilmente Dio, avendo tutte un cuore solo e un’anima sola». Non ci è solo chiesto di amare Dio con tutto il cuore e tutta l’anima, che è di tutti i cristiani, né solo di vivere la vita comune, che è di tutti i monaci, ma le due cose insieme. Agostino parla di “perfetta vita comune”. È la promessa che aggiungiamo ai tre voti nel giorno della professionee che mette in evidenza il nostro tratto carismatico: l’unità, impegnandoci a vivere insieme con una continua tensione alla perfezione nella carità. Per Agostino, il monastero, oltre ad essere scuola di perfezione cristiana, è innanzitutto esperienza di comunione ecclesiale, immagine viva e visibile della Chiesa. Per questo motivo, nella nostra vita tutto è ordinato all’unità, il bene comune è anteposto a quello personale e la carità è fondamento per costruire relazioni sempre più autentiche. Viviamo questa unità pregando e lavorando insieme e attraverso lo studio, la lectio divinae la ricreazione fatte comunitariamente. Per Agostino, solo attraverso questa faticosa ma arricchente condivisione di vita si può arrivare alla comunione dei cuori, senza la quale non c’è comunità, ma semplice coabitazione; solo creando un tesoro comune di tutti i doni materiali e spirituali propri a ciascuna si può arrivare più facilmente all’incontro con Dio.
Tutto questo trova poi una declinazione propria ad ogni comunità, perché non c’è uno stampo agostiniano in cui inserire le monache, ma un carisma agostiniano che si sposa con ogni singola realtà.
Nella nostra comunità dei Santi Quattro Coronati, siamo quattordici sorelle, di cui un buon numero giovani; è una grande ricchezza, per tutte, perché, pur con la fatica del confronto tra generazioni diverse, ci si spende sinceramente per la comunione, cercando il dialogo e l’ascolto reciproco, portando ciascuna ciò che le è proprio… proprio tutto: doni, limiti, potenzialità e peccati!
Comunione, tuttavia, non è solo quanto proviamo a costruire tra di noi, ma anche interazione disponibile e profetica con il territorio in cui siamo inserite, mosse, come Agostino, da quel desiderio di Chiesa che ci fa sentire parte integrante e attiva, secondo quanto solo noi possiamo dare, di un unico Corpo. Ci troviamo al centro di Roma e, raggiunte da tante richieste e provocazioni, davvero non ci mancano le occasioni per dare a piene mani! Primo fra tutti c’è il servizio dell’intercessione, al quale si aggiunge quello della preghiera delle Ore, cui partecipano molte persone che trovano la nostra chiesa sempre aperta per la liturgia; c’è poi il servizio dell’ascolto, che vediamo essere sempre più necessario all’uomo di oggi. Il servizio dell’accoglienza si apre a chi chiede di fare qualche giorno di ritiro in foresteria e ai gruppi che attendono una nostra testimonianza. Non da ultimo ci sono le iniziative che proponiamo, sollecitate dalla “sete” di chi ci frequenta, per lo più Lectio, momenti di preghiera organizzati e brevi soste per chi desidera ritagliarsi qualche ora per stare un po’ con Dio. Non mancano poi tante piccole e uniche richieste che la fantasia di Dio pone sul nostro cammino e che rendono la nostra vita sempre nuova e, sicuramente, mai noiosa!