Il bene è nel senso
Diversamente in cammino/7
Per me autistico, avviare nuovi processi, nuovi percorsi di vita è spesso difficile, faticoso e richiede molto anche il supporto di altre persone, a causa dei tanti limiti che il mio autismo mi impone.
Ritengo che ciò sia una resistenza al vivere nel breve periodo ma un grande vantaggio sul lungo periodo perché in un mondo vorticoso, in cui tanti hanno troppe cose da dire e da fare e per questo appaiono stanchi ed oppressi, dispersi nel deserto della affermazione senza posa del sé, un vero inferno in terra, io autistico sono l’antimoderno per eccellenza. Io non devo ricercare il silenzio perché io già di mio non sono capace di parlare, scrivo molto lentamente ed attivo nella vita molti meno nuovi processi di voi.
Comunemente, ciò viene considerato molto triste. Ma siete sicuri che sia proprio così? Io non mi sento triste ma sereno, in pace, ed incamminato su un bel percorso di realizzazione dove tra libri, articoli e convegni, aiuto le persone non autistiche a capire l’autismo.
Ed allora come mai chi è libero di attivare processi può essere meno realizzato di chi invece fa tanta fatica a farlo? La risposta è semplice. Il bene non è nella quantità di nuovi processi che si attivano nella vita ma nella qualità o più precisamente nel senso.
Io penso che nelle nostre vite i desideri siano prodotti esistenziali altamente deperibili. Quando un desiderio va a male diventa una aspettativa verso la vita ed è quindi già discretamente tossico. Se non viene superato, rischia di diventare ancora più tossico, ossia una pretesa verso la vita.
Come riconoscere i desideri sani? Pensa all’ipotesi che il tuo desiderio sia negato, diventi irrealizzabile. Sinceramente, saresti capace di accettarlo serenamente e di riposizionarti a desiderare altro, ad essere felice di altro? Se sì va bene. Se no, temo tu sia già intossicato di aspettative.
Un processo analogo riguarda ciò che desideriamo non accada. Bene prendere concrete precauzioni. Male avere timore o peggio paura.
Ora immaginate una persona altamente intossicata di pretese verso la vita e di paure e pensatela intenta ad attivare tanti nuovi processi nella propria vita. Non rischieranno quasi tutti di essere compensazioni illusorie di pretese frustrate o difese altrettanto illusorie dalle proprie paure?
Purtroppo lo strato superficiale della vita è sabbia che non può fare fondamenta per alcun edificio. Bisogna prima scavare dentro di sé fino a trovare la roccia del dono di sé privo di qualsiasi attesa di ritorno emotivo personale.
Trovata la roccia in fondo al proprio cuore, la roccia in cui persegui con tenacia la tua personale missione di bene senza più nulla pretendere o temere per te, su quella roccia potrai poggiare solide fondamenta per edificare la tua casa. Ed una casa basta. Davanti ai nostri occhi si stende l’inferno del fare perpetuo di cui domani non rimane nulla. Domani si ricomincia a fare da zero, altrimenti che girone infernale è?
Io penso che non dovremmo attivare tanti processi nella vita ma piuttosto lavorare tanto dentro di noi perché le fondamenta siano sempre più solide e per comprendere nel dono di noi alla vita che chiamiamo vocazione quale sia il giusto edificio da costruire.
Un mattone al giorno sarà sufficiente. Il tempo ne farà una maestosa cattedrale.
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