N.03
Maggio/Giugno 2020

Dagli occhi alle mani

Uno sguardo creativo

Per accorgersi nel bel mezzo di un banchetto di nozze che sta finendo il vino occorre uno sguardo acuto. E’ più facile essere distratti dal clima della festa, dalle conversazioni con gli ospiti, dal ritmo dei canti e delle danze. Per rendersi conto che sta venendo a mancare il vino occorre non solo uno straordinario colpo d’occhio su tutti i tavoli, ma anche sulle riserve di vino conservate da qualche parte.

Uno sguardo d’insieme: questo serve. A Cana non è mancato, forse anche perché gli occhi dai quali questo sguardo si allarga erano abituati da sempre, per una consuetudine quotidiana, a tenere insieme le cose nel cuore (cf. Lc 2,19.51). Da quello sguardo nasce una invocazione, più che una costatazione: “Non hanno più vino” non è la conclusione di un calcolo statistico, ma porre la storia in cui si è coinvolti davanti agli occhi di un Altro, in relazione a un Altro. Questa invocazione, che solo apparentemente si fa comando, qualsiasi cosa vi dica, fatela (Gv 2,5), in realtà manifesta nel profondo quella via che è l’unico cammino percorribile per aprire situazioni impossibili: Avvenga secondo la tua parola(Lc 1,38). Accade allora qualcosa di inatteso: quando sembra di aver toccato il fondo del barile, proprio alla fine, stranamente si inizia ad attingere vino buono, un vino che nessuno sa da dove venga se non coloro che hanno udito la parola, si sono fidati e le hanno dato carne con le proprie mani. Si è ripetuto il miracolo della creazione.

Non senza di te

Succede sempre così: Dio parla e le cose sono fatte (cf. Sal 33,9), non per magia, ma per sinergia. Non senza di te, potrebbe essere il ritornello che racconta la sinergia, parola silenziosa in cui si intrecciano il dire di Dio all’uomo e la risposta dell’uomo a lui. Il Padre non crea da solo, ma con le sue due mani, il Figlio e lo Spirito [1]. E queste mani non agiscono ciascuna per sé, una accanto all’altra e neppure una dopo l’altra, «bensì l’una con e dentro l’altra» [2]: il Padre crea in comunione. Ecco perché creare è una sinfonia: una parola pronunciata, un orecchio che accoglie, un grembo che si apre, mani che si tendono… per essere riempiti, fino all’orlo, e traboccare. Questa è la creatività “da cristiani”.

Tutto parte da una visione. Papa Francesco, guardando al vecchio Simeone, riconosce che la vita consacrata – ma vale per ogni vocazione – «è questa visione. È vedere quel che conta nella vita […] la grazia di Dio riversata nelle proprie mani» [3] e fare di queste mani il luogo dell’appuntamento tra il grido della storia, degli uomini, e l’amore di Dio. Ogni vocazione è al servizio di questo appuntamento, in un delicato equilibrio tra l’entusiasmo di coltivare e custodire coloro che si incontrano – e, in questo, essere creativi – e il rischio di scivolare in uno sguardo sfocato o, come ripete Papa Francesco, mondano, che identifica la creatività con la molteplicità o l’originalità delle proposte. Ma talvolta la ricerca dell’”originalità” può essere semplicemente il modo, solo apparentemente coraggioso, per affermare in modo isolato le proprie capacità personali e progettuali, uno sforzo che si esaurisce nella stravaganza di forme inconsuete o nel «godimento spurio di un autocompiacimento egocentrico» [4].

E’ a partire da una visione che a Cana è potuto nascere qualcosa di nuovo. Ma da dove viene questa visione? Papa Francesco riconosce che Simeone ha avuto lo sguardo giusto perché «aveva familiarità con lo Spirito Santo, con l’amore di Dio» [5]. Alla radice di ogni opera creativa sta lo Spirito Santo, l’amore. Lo Spirito che accompagna la creazione del mondo aleggiando sulle acque e che copre della sua ombra la vergine di Nazareth all’annunciazione è lo stesso Spirito che, riposando nel cuore della persona e bagnando tutto il suo essere, la apre ad uno sguardo nuovo, un sentire nuovo, un pensare nuovo, quello dell’amore, per cui non può più vivere ponendo il centro in se stessa, ma sempre a partire da un Altro: non senza di te.

Si diventa «creativi perché pieni di Spirito Santo» [6], perché rivolti a un Altro. La creatività si manifesta come il contrario del protagonismo, come la rivelazione del volto di un Altro: di più, come un inizio della trasfigurazione del mondo [7], dove tutto ciò che appartiene a questa creazione si rivela come trasparenza del Volto dell’amore fatto carne. Se la costante nella storia del mondo è la lotta, la frammentazione, allora la vera profezia di ogni vocazione autentica è manifestare l’unità, la comunione. La creatività non consiste tanto nella ricerca di forme particolari, ma nell’accoglienza di tutto quanto possa permettere alla vita della persona di manifestare il volto di Dio nella storia e renderlo palpabile agli altri. A volte la creatività sta più nel come che nel cosa. Usando un’immagine insolita, si potrebbe dire che ogni vocazione vissuta con creatività porta la persona a diventare il miglior attore non protagonista – un premio a cui forse nessuno ambisce. La creatività buona, secondo il vangelo, fa vivere realmente da attori e non come spettatori della storia, ma non da protagonisti, per lasciare che attraverso di sé possa emergere il vero protagonista.

Come una sinfonia

Si può essere creativi solo nella comunione: se il cuore non batte per qualcuno, è impossibile creare. E’ il volto che si ha davanti, con la sua storia, il suo grido, che muove il cuore, la mente, le mani. Ma per essere creativi, per lasciarsi com-muovere dall’altro, occorre essere liberi: dagli schemi del “si è sempre fatto così”, ma prima di tutto da se stessi, dalle proprie aspettative, forme, perché Colui che era nella forma di Dio non si è accontentato di svuotarsi per prendere la forma del servo (cf. Fil 2,6-7), ma si è spinto fino a perdere anche la forma di uomo (cf. Is 52,14) pur di non essere separato dall’uomo. Non senza di te.

Per questo ogni vocazione, per essere creativa, ha bisogno della familiarità con lo Spirito Santo, che è nella Trinità la Persona che trova il proprio volto nel volto dell’altro, che sia il Padre, il Figlio o l’uomo. Si è creativi solo nello Spirito Santo perché è lo Spirito che ricorda al cuore la verità, che è la comunione, e la realizza, rendendo l’uomo capace di orientare tutte le sue energie alla manifestazione della comunione, che è l’identità nascosta e la vocazione di tutto il creato.

Fare memoria di questa visione, custodita dalla Chiesa nella liturgia, è l’humus di cui la creatività si nutre. Per questo si può creare soltanto in modo eucaristico, nella gratitudine. La produzione è on demand, a pagamento e a tempo; la creatività è gratuita perché ininterrotto fluire che sgorga dalla sovrabbondanza del dono ricevuto. E man mano che il dono scorre si colora dei lineamenti di colui che ha accolto il dono, in un’opera d’arte di irripetibile bellezza.

Il risultato è una sinfonia sempre nuova. Vivere la vocazione con creatività è come cercare una nota. Non siamo noi a decidere la melodia che la vita suonerà: piuttosto noi accogliamo una partitura, in cui ciò che è scritto è solo la voce principale. Allora è possibile inserire una seconda voce, intonare un controcanto. Ma bisogna trovarlo seguendo la melodia, con i suoi alti e bassi. Si inizia così a cercare le note nascoste tra le righe del pentagramma della vita, con l’unico desiderio che si possa manifestare tutta la bellezza di una melodia nella quale chi compone e chi suona non possono essere più l’uno senza l’altro.

 

 

 

 

 

 

[1] Cf. Ireneo, Adversus haereses, V,1,3; V,5,1.

[2] H. U. Von Balthasar, Teologica. III. Lo Spirito della verità, Jaca Book, Milano 1992, 153.

[3] Francesco, Omelia, Messa per la festa della Presentazione del Signore, 1 febbraio 2020.

[4] Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, 95.

[5] Francesco, Omelia, Messa per la festa della Presentazione del Signore, 1 febbraio 2020.

[6] Francesco, Omelia, Messa per la festa della Presentazione del Signore, 2 febbraio 2015.

[7] Cf. N. Berdjaev, Il senso della creazione. Saggio per una giustificazione dell’uomo, Jaca Book, Milano 1994, 279.