N.03
Maggio/Giugno 2020

Pro-vocati all’amore

L’amore è, pertanto, la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano. C’era una volta un Papa che diceva che siamo nati per amare ben prima di Buscaglia e di Ramazzotti. C’era una volta un Papa che ragionava di quell’amore che c’è tra gli esseri umani e che fa battere il cuore quando capita. Che sapeva che sentirsi “chiamati” all’altro è un’esperienza così forte da mettere la parola “vocazione” ben 32 volte nell’Esortazione Familiaris consortio, consapevole di quanto sia bello e complesso quando il dono si fa scelta. Insomma c’era Giovanni Paolo II, che sapeva spiegare con parole semplici che l’amore umano è espressione e compimento di quello divino e che la “chiamata” di ciascuno ha molte vie per esplicarsi. Nessuna più semplice di un’altra, ma tutte intrise di amore. 

Per esempio, con visione profetica piuttosto concreta e incarnata nella vita familiare, aveva ben chiaro che la vocazione che si realizza con la vita coniugale e genitoriale non è mica tutta rose e fiori e che tenere insieme l’ambaradam richiede ben più che nervi saldi: «Ogni giorno voi affrontate difficoltà e prove per essere fedeli alla vostra vocazione, per coltivare l’armonia coniugale e familiare, per assolvere alla missione di genitori e per partecipare alla vita sociale» (Beatificazione dei coniugi Beltrame-Quattrocchi, 2001).  

Allo stesso modo, quando parlava di vocazione al sacerdozio e alla vita religiosa, aveva coscienza che neanche quella è strada facile e, soprattutto, non temeva di confessare che quando si riferiva agli ostacoli e alle incertezze lui mica si considerava esente. Nel suo primo Messaggio per la giornata mondiale della vocazioni, il non ancora sessantenne papa Wojtyla aveva l’umiltà di scrivere: «Troverete delle difficoltà. Pensate forse che io non le conosca?». E già qui è roba che fa partire da subito il coro sulle note di “Uno di noi!!”, ma il botto arriva nella riga successiva, che sembra John Lennon 1973 e invece è un purissimo GPII annata 1979: «Vi dico che l’amore vince ogni difficoltà. La vera risposta ad ogni vocazione è opera di amore». Se love is the answer, quello divino incarnato ha una marcia in più. Certo, poi tocca a noi metterlo in pratica. Come? Beh, nientedimeno: facendo della nostra vita un capolavoro (Lettera agli artisti, 1999). E se pensate sia un programma ambizioso, non avete ancora letto niente. Nel 2004, già molto provato dalla malattia, il Papa trovava ancora le forze per invitare al coraggio, al cercare la propria strada nel mondo, al dare compiuta fondatezza alla vocazione personale, e iniziava il suo ultimo Messaggio per le vocazioni con tre parole: “Duc in altum!. Nella perfetta precisione esortativa del latino, Giovanni Paolo II non aveva paura di dirci: conduci te stesso in alto, prendi il largo, sali. In sintesi: con amore, datti una mossa.