N.04
Luglio/Agosto 2020

Libertà, dono, senso

Diversamente in cammino/10

Questo bimestre Vocazioni si interroga sul senso di un impegno disinteressato e come persona autistica direi che ciò impatta in pieno i più grandi drammi esistenziali della società contemporanea.

 

A me sembra che le persone non autistiche vedano la propria vita come un bene di proprietà. L’idea di fondo è che vita è mia e quindi ne faccio ciò che voglio. Come se ciò non fosse già di un consumismo vertiginoso, si procede oltre e si comincia a concepire la vita come un terreno di proprietà su cui costruire ciò che si desidera, senza accettare dalla realtà alcun vincolo edilizio, paesaggistico o architettonico.

 

Si arriva all’aberrazione di voler costruire qualcosa nella vita ed allora non c’è più freno a che i legittimi desideri del cuore umano si trasformino in minacciose aspettative e poi in terrificanti pretese.

 

E più ci si accanisce nel voler fare ciò che si vuole, nel voler costruire nella vita ciò che noi abbiamo deciso e più frequentemente sperimentiamo avversità proporzionali al nostro accanimento e se ciò ci convince a rinnovare la determinazione, ad incrementare sforzi che appaiono insufficienti, più la nostra emotività si azzuffa con tante realtà della nostra vita che sembrano proprio non voler andare a posto, mentre un posto lo troverebbero da sole se non ci fosse tutta questa lotta.

 

Ed allora come uscirne?

 

Io penso che la mia vita non sia mia. Non l’ho generata io, ne governo pochissimo il funzionamento, non ho scelto quando nascere né posso evitare di morire. Io la mia vita la abito o forse sarebbe meglio dire che la percorro, visto che scorre e si consuma lungo il tempo.

 

Ed allora come posso costruire, attendermi risultati, pretendere, quando non solo governo così poco ma inoltre tutto scorre e si trasforma? Forse sono proprio queste pretese a farci costruire la casa sulla sabbia di cui parla il Vangelo.

 

Io penso che il vero saggio nella vita non sia impegnato a costruire ma a demolire tutta l’immane massa di cose dannose, inutili, inessenziali che ciascuno di noi si trascina dietro e spesso con una fatica che uccide la gioia di vivere.

 

Mentre persegue l’essenzialità che non è povertà ma indipendenza e libertà, il saggio impara a desiderare sempre di più perché il desiderio è vita, ma nel contempo sa che la sua vita non è sua ma è un mistero e di conseguenza si predispone naturalmente a che la vita alcuni desideri li soddisfi ma altri li neghi. Non importa, lui può lasciare andare un desiderio e lasciarne nascere un altro. Non più accecato dalle pretese, il suo occhio si apre e può vedere quante cose meravigliose la vita porta di suo senza dover pretendere nulla.

 

Terminata la zuffa con le realtà della propria vita per dominarle, queste cose vanno subito tutte a posto da sole con uno sforzo davvero minimo, alcune in un posto desiderato altre in un posto accolto ed accettato.

 

Finalmente il nostro saggio è libero di essere felice di ciò che accade. Tanti sono infelici solo perché troppo impegnati a pretendere dalla vita qualcosa.

 

Avendo il nostro saggio lasciato le realtà della sua vita raggiungere il loro posto, coglie due grandi frutti.

 

Il primo è scoprirsi incredibilmente operoso senza quasi stancarsi, perché non lotta più per imporre il proprio volere a tutto il mondo ma ha un occhio limpido per vedere dove le cose potrebbero proficuamente andare e si attiva per accompagnarle mentre il coniugare impegno e distacco promuove il suo successo nelle imprese avviate.

 

Il secondo è il vedere in cosa potrebbe spendere e donare la sua vita, la sua missione, perché non abbiamo bisogno di felicità ma di profondo senso per un presente che dura un istante ed è subito bruciato per sempre.

 

Arrivato a questo punto, il nostro saggio nulla più teme per sé e nulla più pretende per sé.

 

È tutto libertà, dono, senso. Ora è il vero disinteresse su cui si interroga Vocazioni. Meno di questo rischierebbe di essere una moneta falsa, un velo di lucente vernice su due dita di ruggine.

 

Chi è questo saggio?

 

Questo saggio sei tu. Ti auguro un buon cammino. Non ti fermare.

 

 

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