Perché stessero con lui
Essere apostoli di Cristo significa stare con lui, ce lo dice il Vangelo e nel cuore di ogni uomo che sceglie di seguire Cristo c’è il desiderio di vivere in questa intimità con il Figlio di Dio. Stando con Lui ci si rende conto che nessun uomo è fatto per stare da solo e desideri che anche altri facciano quest’incontro con il Dio della vita, che cambia ogni cosa e che sussurra al tuo cuore: «Tu non sarai mai più solo».
Riportiamo qui una citazione contenuta in un testo di Silvano Fausti.
Il Signore ha fatto i dodici «per essere con lui». Lui stesso è al centro della sua comunità, come nel cuore di ognuno. Gesù non ha creato gli apostoli perché «facessero» qualcosa di buono, ma perché «fossero» con lui! Ovunque andrai, la tua preoccupazione prima non sia il fare per lui, come Marta, ma l’essere con lui, come Maria.
Essere con lui, il Figlio, è il destino ultimo di ogni creatura. Tutto è fatto per mezzo di lui e in vista di lui, e solo in lui sussiste (Col 1,16 s.). L’apostolo desidera stare con Cristo, perché è lui la sua vita (Fil1, 23. 21), ormai nascosta in Dio (Col 3, 3). Non è bene che l’uomo sia solo (Gn 2, 18). Infatti è bisogno di compagnia, immagine e somiglianza di colui che è amore. Non l’altro, bensì la solitudine è l’inferno.
Solo con il Figlio l’uomo colma la sua solitudine abissale, e ritrova la realtà di cui è riflesso. Se non sarai «con lui», il vuoto del tuo cuore ti spingerà a fare tante cose buone, tranne l’unica che sei chiamato a fare. Darai alla gente tutto, anche l’impossibile, tranne ciò che dovresti dare. Creerai continue domande che non spetta a te soddisfare, e rimanderai a tempo indefinito l’evangelizzazione, ostacolandola a lungo anche per chi verrà dopo di te.
L’apostolo non è un impresario di opere più o meno buone; neanche un filantropo più o meno disinteressato. È uomo di Dio, uno che sta con il Signore Gesù e insegna a fare altrettanto.
Nell’intimità liberante e appagante con lui sperimenterai in prima persona ciò che devi annunciare agli altri: «Va’ e annuncia ciò che il Signore ti ha fatto» (Mc 5,19). Solo se sei con lui, puoi essere suo testimone fino agli estremi confini della terra, come ci ha comandato (At 1,8). Allora annuncerai colui che hai conosciuto e veduto, contemplato e toccato, perché anche altri siano in comunione con noi, la cui comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo (1 Gv 1,1-3).
Essere con lui con il cuore: la preghiera
Sii con lui innanzitutto con il cuore, stabilmente fisso in lui. Dove è il tuo tesoro, sia anche il tuo cuore (Lc 12,34).
Questo intendo quando dico che bisogna pregare sempre, senza cessare (1 Ts 5,17; cf. Lc 18,1).
La nostra comunione con lui è la nostra vita. Staccati da lui, siamo morti, come tralci recisi dalla vite (Gv 15,1-6). Il tuo centro di gravità non sia in ciò che fai, ma in lui, che ami sopra ogni cosa e cerchi in ogni cosa.
Dedicandoti al servizio dei fratelli, non cadere nella tentazione di non trovare il tempo per stare con lui. Sarebbe grave, anzi mortale. Ti taglieresti dalla tua sorgente, e non serviresti più i fratelli. Te ne serviresti per sentirti vivo, forse utile, addirittura buono. Dio te ne scampi, per la sua misericordia! Ordina la tua vita al suo fine, che è «essere con lui». Allora sarai come un vaso traboccante di acqua viva. Sii conca e non canale. Tutti potranno attingere da te, e tu rovescerai intorno dalla tua abbondanza! Se non preghi, corri invano e batti solo l’aria (1 Cor 9,26s.).
Come puoi portare i fratelli a essere con lui, se tu stesso ne sei lontano? Nessuno dà ciò che non ha e nessuno ha qualcosa se non l’ha ricevuto (1 Cor 4, 7).
La tua prima occupazione sia la perseveranza nella preghiera, come fecero gli apostoli sempre, prima e dopo pentecoste (At 1,14; 6,4). La preghiera è il respiro della fede. Coltivala quindi come prima cosa. Il desiderio di essa rimanga sempre; ma si traduca anche in realtà. Diversamente resterà solo un’esigenza velleitaria e frustrante.
Passerai dal piano del desiderio a quello della realtà quando troverai per essa ogni giorno concretamente un tempo e un luogo propizio – il migliore e il più tranquillo – che diventerà un po’ alla volta il centro della tua giornata. Il luogo spirituale sia in fondo al tempio, col pubblicano che invoca perdono (Lc 18,13). Qui conosci la realtà tua e di Dio: tu sei peccatore e lui ti è padre. Adoralo quindi nello spirito di perdono e nella verità del Figlio, in cui sei da lui costituito (cf. Gv 4, 24). La tua preghiera potrà anche essere difficile, distratta e desolata. Ciò sarà a causa dei tuoi peccati e delle tue trascuratezze, che ti han fatto cadere in basso. Ma va’ avanti, e rimonta la china con fiducia e perseveranza. Hai bisogno di allenamento. Il Signore ti è vicino e ti incoraggia. Quando sarai arido, invece di smettere, dedicale più tempo. Non incattivirti perché il Signore tarda a rispondere (Lc 18, 1).
Vuol purificarti per accostarti a lui, il Santo. Egli può e vuole darti più di quanto tu possa domandare o pensare (Ef 3,20). Invece dei suoi doni, vuol darti se stesso come dono.
Se vorrai gustare la sobria ebbrezza dello Spirito, sii temperante nell’ avidità della bocca, degli orecchi e degli occhi, nonché in quella più sottile della mente, con le sue molteplici curiosità, e soprattutto in quella dello spirito, bramoso di doni e disattento al Donatore. La temperanza ti renderà più difficile l’ira e più facile la castità.
Oltre che effettiva, la tua preghiera sia affettiva. Chiedilo a Dio con umiltà. Se il tuo cuore non gusterà di lui, cercherà insaziabilmente di saziarsi di tutto ciò che non sazia.
Sappi che la preghiera è il principale mezzo apostolico. Per questo lotta sempre con me in essa (Rm 15, 30; Col 4, 12). Da una notte di lotta col Signore nacque Israele (Gn 32). Dall’orazione notturna di Gesù nacque il nuovo Israele (Lc 6, 12 ss.). Inoltre un solo uomo con le braccia alzate – Aronne e Cur gliele sostenevano – può vincere un intero esercito di nemici (Es 17,8 ss.). Ancora lo stesso uomo da solo può rappresentare davanti a Dio l’intera nazione e salvarla dalla morte, come sta scritto: «Dio aveva già deciso di sterminarli, se Mosè, suo eletto, non fosse stato sulla breccia di fronte a lui, per stornare la sua collera dallo sterminio» (Sal 107,23).
[Silvano Fausti, Lettera a Sila, ed. Ancora, pp. 21-25]