Maria, causa di meraviglia
Efrem il Siro e l’inno XI della raccolta "Sulla Natività"
Abbiamo già incontrato Efrem attraverso questa rubrica un po’ di tempo fa. Allora avevamo presentato la sua concezione della Parola di Dio come fontana inesauribile. Efrem di Nisibi è il grande Padre comune a tutte le Chiese, Dottore per la Chiesa Cattolica (proclamato tale nel 1920), patrimonio comune di tutte le tradizioni di lingua siriaca in quanto venuto prima delle dolorose divisioni del V secolo. La sua particolarità è quella di aver privilegiato la forma dell’inno, esprimendo la sua teologia e la sua spiritualità in forme che possono essere definite poetiche o, come io personalmente preferisco, esempi di profonda teologia simbolica. In questo inno, dedicato alla Madre di Dio, vediamo come Efrem sviluppa il tema del paradosso come unica maniera di poter parlare dell’ineffabile e del mistero, in opposizione alla corrente eretica degli ariani del suo tempo, secondo i quali invece, semplificando, il mistero poteva essere compreso razionalmente. Ma, soprattutto, è una stupenda meditazione sul mistero della Madre di Dio, e la prima stanza di questo breve poema non può non ricordare quanto Dante sintetizzò nell’inizio dell’ultimo canto del Paradiso: Vergine madre, figlia del tuo figlio…
1. Nessun uomo sa, Signore nostro, come chiamare
tua madre: dovremmo chiamarla “vergine”?
-ma ecco che è diventata madre; o “donna sposata”?
-ma nessun uomo l’ha conosciuta. Se il caso di Tua madre
supera la ragione, chi può sperare di comprendere il Tuo?
Responsorio: Lode a Te, per il quale tutte le cose sono facili, / perché Tu sei onnipotente.
2. Essa sola è Tua madre,
ma è Tua sorella, con ogni altro. Essa era Tua madre,
Tua sorella, è anche Tua sposa
insieme a tutte le anime caste. La bellezza di Tua madre,
Tu stesso l’hai adornata di tutti gli ornamenti!
3. Essa era, per sua natura, già Tua sposa
prima che Tu venissi; essa ha concepito in una maniera
del tutto oltre la natura dopo che Tu sei venuto,
o Santo, ed era una vergine
quando essa ti ha partorito nella maniera più santa.
4. Per Te Maria ha sostenuto tutto ciò
che sostengono le donne sposate: il concepimento
-ma senza seme; il suo seno si è riempito di latte
-ma contro la natura: hai reso lei, terra assetata,
d’un tratto una fontana di latte!
5. Se essa poteva portarti, era perché Tu, la grande montagna,
avevi alleggerito il tuo peso; se essa ti nutre, è perché
hai affrontato la fame; se essa ti dà il suo seno,
è perché Tu, di Tuo proprio volere, hai provato la sete; se ti accarezza,
[è perché] Tu, che sei il carbone ardente (Cf. Is 6,7), hai preservato il suo seno incolume.
6. Tua madre è causa di meraviglia: il Signore è entrato in lei
ed è divenuto un servo; Egli, che è la Parola, è entrato
ed è diventato silenzioso dentro di lei; il tuono è entrato in lei
-e non ha emesso suono; là è entrato il Pastore di tutto,
e in lei è diventato l’Agnello che bela non appena esce fuori.
7. Il ventre di tua madre ha rovesciato i ruoli:
il Creatore di tutto è entrato nella Sua proprietà,
ma ne è uscito povero; l’Altissimo è entrato in lei
ma ne è uscito umile; lo Splendore è entrato in lei,
ma ne è uscito indossando una tenda miserevole.
8. Il Potente è entrato, e ha indossato l’insicurezza
del suo ventre; Colui che provvede a tutto è entrato
– e ha provato la fame; Egli, che tutti fa bere, è entrato
-e ha provato la sete, nudo e spogliato
ecco viene fuori da lei colui che veste[1] tutto!
(Testo dell’inno tratto da Efrem il Siro, L’arpa dello Spirito. 18 poemi di sant’Efrem, a cura di S. Brock, Lipa, Roma 1999, 47-50)
[1] Ricordiamo che nella tradizione siriaca il vestire è qualcosa di molto più profondo del semplice indossare un abito. Solo per fare un esempio, nei testi siriaci prima delle controversie del V secolo, l’incarnazione era espressa con l’idea di vestire un corpo, che significa diventare realmente uomo. L’abito, in Oriente, è qualcosa che potremmo dire fa il monaco, non è un accidente, è sostanziale.