N.01
Gennaio/Febbraio 2024

Muoversi insieme – Attività Laboratoriali

In questo LAB’S non troverete come nei precedenti una scaletta lineare con una serie di attività da proporre a un gruppo di giovani, ma le coordinate pedagogiche per “creare casa” attraverso l’esperienza sportiva. Lo sport è già infatti una delle componenti essenziali e fondanti della vita comunitaria in oratorio; quindi, ho pensato che potesse essere interessante inserire degli spunti di riflessione pedagogici ispirati al progetto PlayMore! United al fine di affinare la consapevolezza sulle potenzialità formative e di creazione di legami sociali che il praticare sport insieme porta con sé. 

Come nei precedenti LAB’S, scrivo solo di progetti che conosco personalmente, poiché desidero trasparire tra le righe con il mio corpo e il mio volto al fine di essere accessibile a tutti, anche a chi, in questo caso, non si ritiene un/una sportiva. Chi scrive non è una sportiva, ma una donna di poco più di quarant’anni che ama andare in bicicletta e nuotare e che, nel corso delle sue ricerche nell’ambito dell’educazione, ha posto accento sulla dimensione fondante dell’essere umano del movimento corporeo e sul ruolo saliente della consapevolezza corporea nelle relazioni educative, soprattutto in contesti multiculturali (Luraschi, 2021). Da qualche settimana ho iniziato a frequentare, a Milano dove vivo, come cittadina volontaria o, meglio, come aspirante sportiva, PlayMore! United grazie all’invito di un collega educatore tra gli ideatori del progetto. 

Per chi desidera approfondire la dimensione del movimento nella relazione educativa, suggerisco di leggere il mio saggio “Le vie della riflessività. Per una pedagogia del corpomente” (Luraschi, 2021, Armando Editore).

 

“Creare casa”: assunto di base

L’Italia è già fin dalla sua origine un paese multiculturale, ovvero dove convivono abitanti portatori di diverse culture, ma ancora oggi fatica ad accogliere il multiculturalismo come fatto compiuto tanto che negli ultimi anni abbiamo visto crescere i fenomeni come il razzismo, l’alternanza di oblio e nostalgia della nostra storia coloniale e il senso di diffusa diffidenza e timore verso i cosiddetti migranti. Per costruire una casa comune è quindi necessario, almeno dal punto di vista pedagogico, la creazione di comunità di apprendimento “miste” dove sperimentare un clima di apertura e impegno condiviso per un bene comune a cui sentirsi legati. 

In questa direzione, lo sport può rappresentare un’occasione di socializzazione se riesce a coinvolgere partecipanti portatori di differenze – per età, sesso, status e abilità, rendendo l’esperienza accessibile e divertente anche a sportivi con disabilità, migranti, famiglie a basso reddito e chiunque voglia fare sport ma che generalmente ne sono esclusi. Le differenze sono ad oggi un potenziale generativo che resta inespresso poiché abitualmente il senso comune ha timore di perdere la propria identità e appartenenza nel contatto con chi crede diversi da sé e dal suo gruppo di riferimento.

 

Il progetto PlayMore! ricerca, infatti, nelle sue attività persone “diverse” che portino al campo la propria cultura ed esperienza come elemento di arricchimento individuale e collettivo.

PlayMore! non è dunque solo un centro sportivo, nella zona centrale di Milano, dove sono allestiti alcuni campi da gioco e si svolgono una serie di corsi sportivi, ma soprattutto una serie di progetti sociali che intendono promuovere i diritti umani attraverso l’attività fisica. 

Per un approfondimento di tutti i progetti sociali realizzati, che possono essere fonte d’ispirazione, invito il/la lettore/trice a visitare sito di PlayMore!

 

Sperimentare l’incontro sportivo

Il progetto PlayMore! United è solo uno dei progetti sociali del centro sportivo inclusivo (per approfondimenti sugli altri progetti sportivi, vedi il paragrafo precedente) ed è dedicato a coinvolgere in particolare richiedenti asilo, rifugiati, migranti e minori stranieri non accompagnati che possono praticare sport come strumento d’integrazione insieme a sportivi locali, coinvolgendo anche organizzazioni non profit, scuole e aziende del territorio. Grazie anche al co-finanziamento dell’Unione Europea è totalmente gratuito e aperto a tutti e tutte. Chi scrive non ha in mente di suggerirvi di creare un progetto simile, poiché richiede un assetto organizzativo non indifferente, ma intende invece stimolare le figure educative – credo sia importante ribadire che la professionalità è centrale, non ci si improvvisa educatori! – che si muovono o lavorano negli oratori a creare occasioni d’incontro tra persone migranti che vivono nel territorio e i giovani e gli adulti che frequentano già gli spazi o che potrebbero frequentarli se coinvolti in attività sportive. 

Semplificando molto, per renderla replicabile in modo agevole senza ingenti risorse, si tratta di organizzare una volta alla settimana (oppure una volta al mese) una mattina dove far incontrare per giovare a calcio, basket o volley in squadre miste persone che generalmente non si incontrerebbero in altri spazi. Le attività è preferibile siano coordinate da un educator* professionista che ha in mente la dimensione educativa del senso della proposta. In ogni città o comune sono presenti realtà di accoglienza per migranti o minori non accompagnati, così, mettendosi in contatto con i referenti dell’ente d’accoglienza, è possibile inventarsi una occasione sportiva. 

Può essere anche solo per una partita di calcio giocata in squadre miste, ma questa sappiamo che coinvolgerà solamente i maschi, oppure può essere organizzare dei gruppi di corsa per poi correre insieme una competizione anche a staffetta. Oppure, per coinvolgere maggiormente le ragazze, occorre promuovere allenamenti di fitness da fare insieme all’aria aperta. 

L’impresa implica riuscire a coinvolgere prima un piccolo gruppo di persone che si facciano promotori e promotrici dell’iniziativa e che abbiamo auspicabilmente anche delle competenze sportive, penso per esempio a giovani allenatori, istruttori di varie discipline sportive oppure a studenti di scienze motorie o di scienze dell’educazione. 

 

Dare continuità all’appuntamento

Una delle caratteristiche che fanno dello sport un’attività educativa è che richiede continuità, costanza e perseveranza. Il valore aggiunto dell’organizzare un incontro sportivo sarebbe dunque quello di prevedere una continuità sostenibile. Playmore! United si svolge ogni sabato mattina ed è suddiviso in due diverse fasce orarie per i giovani minorenni (dai 15 anni in su) dalle 10.00 alle 11.30, mentre per i/le giovani maggiorenni dalle 11.30 alle 13.00. Inoltre, una volta alla settimana si incontra in orario tardo pomeridiano chi va a correre insieme e vengono anche organizzati anche una serie di eventi di socializzazione come l’aperitivo con calcio balilla, freccette e pingpong. Quindi direi di dare spazio alla fantasia per inventarsi attività divertenti e poco impegnative organizzativamente, mi pare che in un oratorio tutti i materiali e gli spazi siano già a disposizione, quindi, occorre dedicarsi a creare i contatti con glie/le educatori che lavorano nella rete dell’accoglienza, oppure coinvolgere varie associazioni già attive sul territorio e coordinarsi individuando dei/delle giovani e degli adulti disponibili a fare da allenatori. Non serve essere professionisti. Poi se le attività piacciono potrete pensare di strutturarle e di garantire anche le tutele mediche necessarie (per fare sport non occasionalmente occorre avere il certificato medico per attività non agonistica). Il tutto coordinato da un educatore è preferibile!

 

Dalla competizione alla collaborazione

Per concludere un’unica avvertenza fondamentale. Negli ultimi decenni la pratica sportiva ha assunto sempre di più la dimensione della performance e della competizione mentre gli esercizi di fitness sono sempre più stati inglobati nella dimensione estetica dell’apparire. Il presente LAB’S intende mettere in discussione entrambe queste visioni per promuovere l’attività sportiva nelle sue dimensioni del divertimento, della collaborazione e del benessere individuale e collettivo. L’obiettivo, dunque, sia delle attività in squadra che di quelle individuali svolte in gruppo sono orientate verso la coesione e l’inclusione. Tutti sono i benvenuti, nessuno rimprovera nessuno se non riesce un tiro o se non sa svolgere un esercizio, ma al contrario ciascuno con la sua presenza condivide con gli altri la propria cultura ed esperienza come elemento di arricchimento individuale e collettivo, come sostengono gli ideatori di PlayMore! United

 

 

Se hai trovato interessanti queste attività, leggi anche l’articolo Muoversi insieme a cura della stessa autrice.