N.02
Marzo/Aprile 2024

L’atteso ritorno di Hayao Miyazaki

Testamento creativo del maestro nipponico che riesce ancora una volta a mettere in connessione la natura e il sogno, il qui e l’altrove, il reale e il fantastico

Per anni abbiamo temuto che Si alza il vento (2013) fosse davvero il suo ultimo film. Un decennio dopo eccoci qui ad accogliere, con la solita meraviglia e il consueto stupore, la sua nuova fatica, Il ragazzo e l’airone, ospitato alla scorsa edizione della Festa di Roma, poi nelle sale ad inizio 2024 con Lucky Red (casa di distribuzione ormai strettamente connessa allo Studio Ghibli, con oltre 20 film portati in Italia): il ritorno di Hayao Miyazaki, 82enne maestro nipponico del cinema d’animazione, è sin da subito caratterizzato da una prima sequenza indimenticabile. 

Un incendio notturno – restituito con una perfezione formale capace di evocare la distorsione che il calore produce sul disegno animato – coinvolge l’ospedale dove è ricoverata la mamma del giovane Mahito, dodicenne di Tokyo che, un anno più tardi quel tragico evento, si trasferisce con il papà in una grande tenuta fuori città, villa che da generazioni appartiene al ramo materno della famiglia.

Qui vive la sorella della mamma, ora nuova compagna del padre, in dolce attesa e aiutata da 7 vecchine che tanto ricordano i nani di Biancaneve. Accolto benevolmente, Mahito farà ben presto conoscenza di un’altra figura, un airone cenerino che incomincerà a “tormentarlo” fino a condurlo in quella torre fatiscente, abbandonata, all’interno della quale è custodito un segreto secolare.

Intitolato in originale E voi come vivrete?, come il romanzo del 1937 di Genzaburō Yoshino, il film ne trae spunto più per quello che attiene la sfera del coming of age che per contenuto vero e proprio: sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale e con più di qualche appiglio inerente la sfera privata di Miyazaki (suo padre era ingegnere aeronautico, il papà del protagonista dirige una fabbrica che costruisce parti di aerei…), Il ragazzo e l’airone ci conduce in un regno dove la morte finisce e dove la vita sembra trovare un nuovo inizio, dove la connessione tra natura e sogno, esseri umani e animali, realtà e fantasia domina la scena e la narrazione. 

Spinto dal desiderio di rivedere l’amata madre, Mahito compirà dunque questo viaggio, questa “discesa” in un mondo altro dove ogni cosa si trasforma (si pensi alla continua ibridazione dello stesso airone) e le stesse figure sono colte in momenti differenti della loro esistenza, con quell’anziano antenato del protagonista (impossibile non collegarlo al regista stesso) che da chissà quanto tempo tenta di tenere in equilibrio ogni cosa, la purezza della fantasia, del disegno animato, con le gioie, i dolori e le brutture (la guerra, la morte) della vita terrena. Lunga vita al maestro Miyazaki. 

 

 

Schermi paralleli. Ancora un titolo d’animazione, dall’industria culturale statunitense è Wish, cartoon diretto da Chris Buck e Fawn Veerasunthorn, sceneggiato da Jennifer Lee. Un’opera pensata per celebrare il centenario della Disney che accosta tradizione ed evoluzione della tecnica animata. Wish mette a tema il valore del sogno e della speranza per il singolo e la comunità tutta. Una delizia, tra storia, personaggi, musiche e citazioni (di Sergio Perugini).