I frutti della vita beata
Una lettera dalla Certosa
Il testo che presentiamo questa volta è tratto da una lettera che il certosino Giovanni di Montemedio (+ 1161 ca), importante figura della Certosa di Portes, scrive a suo fratello Stefano per esortarlo a entrare nella vita religiosa, come in effetti farà. La lettera è molto bella e consiglierei di leggerla tutta a tutti coloro che sentono una chiamata di Dio alla vita contemplativa ma “nicchiano”, rimandano; oppure perché pare una vita noiosa, una vita statica. Solo chi ha assaggiato le vivande del banchetto della “vita beata” può capirne il sapore e il nutrimento. In questa parte della lettera Giovanni spiega al fratello Stefano cosa lo attende nella lectio divina, come i Santi Padri verranno in suo aiuto a condurlo sempre più in profondità nei sentieri delle divine parole, aiutandolo, sorreggendolo, educandolo. Un esempio magnifico di come la lectio divina non sia qualcosa di individuale ma si collochi dentro una intera tradizione di fratelli e sorelle che ci hanno preceduto e di come la Parola risuoni sempre nuova e vera quando si nuoti dentro il fiume che viene dai nostri Padri in Cristo.
Affinché, poi, tu possa condurre a termine l’opera, vedi quali frutti della vita beata potrai cominciare subito a raccogliere: primo, ogni pagina della sacra Parola che adesso ti sembra che ti faccia resistenza e ti si opponga come un avversario invincibile ti sarà talmente rispondente e sarà talmente all’unisono con la tua vita che cantando i salmi non avrai l’impressione di mettere insieme delle parole pronunciate da un altro, ma come di effondere davanti a Dio parole della tua ferventissima preghiera. E, per trarre il senso morale da ciò che diciamo, farai come risuonare una certa armonia di voce e di vita dolcissima per te e graditissima a Dio. A quali banchetti, a quali strumenti musicali, a quali gioie o a quale piacere della vita umana può essere paragonata a questa allegrezza?
Considera un’altra cosa, colma di d’allegrezza e di un piacere non minori, anzi, da preferirsi a tutti i tesori, a tutte le ricchezze, assolutamente a tutto ciò che in questa vita umana viene ritenuto fonte di allegrezza e piacevole: i beatissimi padri Ambrogio, Agostino, Gerolamo, Gregorio e tutti gli altri, ciascuno dei quali offre nel tempio di Dio ciò di cui è capace, faranno a gara a risolvere per te gli enigmi della legge, ti spiegheranno gli oracoli dei profeti, si adopereranno per mostrarti l’armonia, piena di una certa ineffabile gioia, fra il Nuovo e l’Antico Testamento. Uno ti dichiarerà i castighi degli empi, un altro ti mostrerà le gioie della vita eterna, un altro ancora ti rapirà nella contemplazione, un altro ti farà sgorgare lacrime di fervida compunzione; uno ti formerà all’umiltà, uno alla pazienza, uno alla castità; uno alla modestia, un altro alla benignità, uno alla mitezza, un altro alla fede, un altro alla speranza, ma tutti alla carità; e non cesseranno di far ciò finché tu non sarai trovato, grazie allo Spirito Santo che dappertutto agisce e dappertutto e fondi i suoi doni, a tal punto consumato da essa da diventare uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo.
(Il testo è tratto da I Padri Certosini, Una parola dal silenzio. Fonti certosine. I. Le lettere, (Padri occidentali Medievali), a cura di C. Falchini, Qiqajon, Magnano 1997, 204-205)