Docilità allo Spirito Santo
Un testo di L. Lallemant
L’autore che presentiamo in questo numero è un gesuita francese, Louis Lallemant (1587-1635). Dopo un periodo di insegnamento, venne nominato maestro dei novizi e, soprattutto, Istruttore di Terz’Anno, dove mostrò tutta la sua sapienza e santità, morendo a soli 48 anni.
La formazione dei gesuiti è lunga, come tutti sanno. Due anni di noviziato – dopo i quali si emettono i voti semplici: definitivi, da parte del giovane gesuita (ma non ancora da parte della Compagnia) vi sono gli studi di filosofia (2-3 anni, secondo i casi), un tempo di pratica apostolica, in genere di 2 anni (chiamato “magistero”), il primo ciclo di Teologia (3 anni) alla fine del quale si ha solitamente l’ordinazione diaconale, e poi il biennio di Licenza, dopo il primo anno della quale si ha l’ordinazione sacerdotale. Se è destinato all’insegnamento o a qualche incarico particolare, farà un dottorato. Alla fine di questo lungo percorso, il gesuita si impegna nelle prime missioni sacerdotali che gli vengono affidate. Dopo un certo tempo, variabile secondo i casi, il gesuita fa l’ultimo anno di noviziato, il cosiddetto Terz’Anno. In questo tempo, il gesuita ripete in pratica tutte le cose che aveva fatto nel noviziato (il Mese Ignaziano, lo studio delle Costituzioni, esperienze apostoliche, etc.) solo che stavolta con vent’anni di vita religiosa.
Ora, una cosa è il maestro dei novizi, che deve “sgrossare” persone che si affacciano alla vita religiosa; totalmente altra è l’Istruttore di Terz’anno, che deve essere un uomo di capacità e profondità spirituali non comuni, perché avrà a che fare non più con giovani “di primo pelo”, ma con uomini con almeno due decenni di vita religiosa, con profondi percorsi di studio e di esperienza.
Tutto questo per dire che Lallemant è passato alla storia della Compagnia come uno dei più profondi Istruttori, modello tutt’ora valido sia per gli Istruttori che per i gesuiti che facendo il Terz’Anno entrano in contatto con la sua Dottrina spirituale, una raccolta dei suoi scritti che i suoi “terzannisti”, tra i quali altre grandi figure della spiritualità come J.J. Surin, composero perché il pensiero del maestro non si perdesse.
Il testo che presentiamo è un distillato della sua esperienza e del suo pensiero: lasciarsi guidare dallo Spirito Santo. Il suo modo di dircelo è talmente simile a quello di un Serafino di Sarov o di altri pneumatofori, che lo fa partecipe di questi fratelli nello Spirito, a pieno titolo.
«I due elementi della vita spirituale sono la purificazione del cuore e la direzione dello Spirito Santo: ecco i due poli di ogni spiritualità. Per mezzo di queste due vie si giunge alla perfezione secondo il grado di purezza acquisito e in proporzione alla fedeltà avuta nel cooperare alle emozioni dello Spirito Santo e nel seguire la sua condotta. Tutta la nostra perfezione dipende da questa fedeltà e si può dire che tutta la vita spirituale consiste nel distinguere le vie e le emozioni dello spirito di Dio nell’anima nostra e nel rafforzare la nostra volontà nella risoluzione di seguirle, usando per questo tutti gli esercizi dell’orazione, la lettura, i sacramenti, la pratica delle virtù e delle buone opere. […] lo scopo a cui dobbiamo aspirare, dopo che ci saremo largamente esercitati nella purezza del cuore, è quello di essere totalmente posseduti e governati dallo Spirito Santo, che egli solo diriga tutte le nostre potenze e tutti i nostri sensi e regoli tutti i nostri movimenti interni ed esterni e che, mediante la rinuncia spirituale delle nostre volontà e delle proprie soddisfazioni, abbandoniamo noi medesimi. Così non vivremo più in noi stessi, ma in Gesù Cristo, per mezzo di una fedele corrispondenza alle operazioni del suo divino Spirito e una perfetta soggezione di tutte le nostre ribellioni al dominio della sua grazia».
(Testo tratto da P. de Jaegher, Antologia mistica, Paoline, Milano 1960, 152)