N.04
Luglio/Agosto 2025
Fonti /

L’umiltà

Se la vita comunitaria ci aiutasse a divenire umili, sarebbe questa una cosa di tanto valore che a malapena ci si può immaginare. Ma tale vita può almeno e deve anzitutto aiutarci a sapere che siamo di natura degli orgogliosi. Inoltre deve aiutarci a divenire – o a tentare di divenire – dei piccoli: piccola gente.

Terminato questo primo lavoro, tale vita potrà forse darci un aiuto più difficile e meno percettibile: potrà forse aiutarci a non respingere quasi fossero una maledizione certi inizi di vera umiltà. Umiltà che solo Dio può darci; e non può darci, il più delle volte, se non nascosta tra umiliazioni. Queste però sono tra i suoi doni più belli. […]

Non possiamo ricevere da Dio l’umiltà se prima non abbiamo fatto tutto il possibile per non umiliare il nostro prossimo. Ed è molto più facile di quanto si creda umiliare qualcuno, spesso anche senza che questi lo sappia, senza che noi troviamo la cosa anormale da parte nostra.

Umiliare qualcuno è trattarlo da inferiore, è stimarlo, – anche se assente – inferiore a noi stessi. Umiliare qualcuno è quasi sempre, credo, essere certi che non soltanto egli è meno di noi, ma che questo fatto ci dia diritto a privilegi che non ci viene neanche in mente di porre in discussione. […]

Umiliare qualcuno è trattarlo come qualcuno si cui si ha diritto di potenza. Ed è altrettanto facile che trattarlo come inferiore a sé stessi. […]

Il contrario dello spirito di potenza è lo spirito di sottomissione agli altri, è un’obbedienza d’amore al bene degli altri.

Se la carità nei riguardi di Dio genera la nostra obbedienza di figli di Dio, la carità fraterna esige la piccola obbedienza degli uni agli altri. La fraternità deve aiutarci a prendere la piega di questa piccola e costante obbedienza, una piega che bisognerà conservare con tutti i nostri fratelli. Essere “i servitori gli uni degli altri”, essere “gli ultimi”, essere “quelli che si abbassano: tutto ciò non è letteratura, non è un mito, è la vicendevole obbedienza cristiana. […]

La tradizione non ci ha dato un voto di umiltà: sarebbe un enorme inganno. Esiste una povertà umana, esiste un’obbedienza umana, anche se ciò che il Cristo ha fatto dell’una e dell’altra ci supera. Esiste il loro aspetto umano, per il quale possiamo almeno sollecitarle. L’umiltà, invece, è come il risultato del mistero di Dio su di noi, se noi potessimo conoscerlo. È come la messa a punto di ciò che noi siamo di fronte a Dio creatore salvatore e padre.

 

(Madeleine Delbrêl, La gioia di credere, Gribaudi, Torino, 1994, pp. 119.123-127)

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