N.05
Settembre/Ottobre 2025

L’amore è la porta della comprensione

Da un’omelia di Giacomo di Sarug (+521)

Restiamo sulla Parola di Dio attraverso un autore della chiesa giacobita, forse uno dei più famosi: Giacomo di Sarug. Pur vivendo in uno dei periodi più turbolenti delle controversie cristologiche, Giacomo non ne fu parte attiva, non entrò nell’agone della polemica (come il compagno di confessione Filosseno di Mabbug oppure come il contemporaneo Narsai – fondatore della Scuola di Nisibi e sulla sponda cristologica opposta a Filosseno e Giacomo), al punto che molti padri successivi lo considerarono perfino appartenente alla chiesa calcedonese.

La sua poesia è una grande meditazione, dove traspare più l’amore per Dio che il desiderio della “buona battaglia” intesa come difesa dall’eresia, parte importante invece nella vita degli altri due citati. Ci sono pervenute centinaia di sue omelie in versi (memre). Il passo che ho scelto per questo numero richiama a una verità assai ovvia nella tradizione orientale, ma spesso dimenticata nella tradizione occidentale più “razionale”. Certe enim amari aliquid nisi notum non potest, dice Agostino nel De Trinitate (X, 1,3): non si può amare qualcosa che non si conosce. Però è vero anche il contrario: per conoscere bene qualcosa – e soprattutto qualcuno – lo si deve amare. Giacomo dice proprio questo: se ti avvicini alla Parola senza amore, essa resterà muta. Anzi, la fa parlare in prima persona: se ti avvicini a me in modo fiacco, in modo fiacco ti risponderò! Invece è amandola che ella dischiude i suoi tesori. E amare la Parola è amare Dio stesso, il suo Verbo che è arrivato a farsi come noi, proprio per amore.

 

Avvicinati alla Scrittura amando[la], e vedrai la sua bellezza,

perché se non [ti avvicini] con amore, non ti permetterà

di vedere il suo volto.

Se tu la leggi senza amore, non ne trarrai [alcun] profitto,

perché l’amore è la porta per la quale si entra

nella sua comprensione.

La Scrittura, dunque, ti chiede, quando la prendi [in mano],

che se non la ami più di te stesso, tu non la legga.

E ti dice: “se mi leggi in modo fiacco,

anch’io sarò fiacca nel rivelarti i miei significati.

O mi ami, e allora aprimi e leggimi, e guarda le mie bellezze,

o non leggermi, perché non trarrai alcun beneficio

se non mi ami.

A chi mostra amore per me quando mi legge,

io mostrerò amore;

e se me [lo] chiede, gli consegnerò tutti i miei tesori”.

[Giacomo di Sarug, Om. 117, cit. in S. Chialà, La perla dai molti riflessi. La lettura della Scrittura nei padri siriaci, Magnano (BI), 2014, 185].