La luce e la presenza del Suo amore
Un testo di Gregorio Magno su Lc 10
Come è noto, lo scopo di questa rubrica è far conoscere autori spirituali poco “frequentati”. Ogni tanto, però, ci concediamo l’incursione in campi più calpestati, ma con qualche domanda diversa da porre all’autore. Ascoltiamo papa Gregorio Magno (540 ca-604), una figura di enorme importanza nella storia della Chiesa, discendente di una delle famiglie romane più antiche (la gens Anicia) e uno degli ultimi “romani classici”, in un tempo di grandi tensioni: la terribile peste del 590 (quella in occasione della fine della quale un prete, durante la processione voluta da papa Gregorio, ebbe la visione dell’arcangelo Michele che rinfoderava la spada dalla cima del mausoleo di Adriano, da allora Castel Sant’Angelo); le pressioni dei Longobardi, le attività diplomatiche internazionali, l’evangelizzazione dell’Inghilterra mediante l’invio del monaco Agostino, i delicati rapporti con Costantinopoli, la riforma della liturgia romana… Una vera e propria console di Dio, come lo si definisce in una biografia scritta su di lui.
Il testo che presentiamo è tratto da una delle Omelie sui Vangeli, una raccolta di omelie tenute da Gregorio nell’anno pastorale 590-591, pubblicate nel 593. Gregorio sta commentando Lc 10, 1-9, l’invio dei settantadue discepoli: vi sono delle indicazioni che illuminano la bellezza e l’importanza di essere collaboratori della missione di Cristo.
“Il Signore segue i predicatori”: c’è una preparazione da offrire ai cuori destinatari della visita del Signore. Con la parola, certo, ma anche con l’amore da manifestare tra noi. Questo è il senso dell’essere mandati a due a due: sia perché due sono i precetti dell’amore (per Dio e per il prossimo) sia perché per esercitare la carità bisogna essere almeno in due. E l’amore e l’unione di chi è inviato è la prima predicazione. È stupenda, poi, la definizione di questa preparazione legata al mistero della morte e resurrezione di Cristo (che Gregorio intravede nella versione della Vulgata di Sal 67, 5): “Descrivere nelle menti (ricordiamo che mens, nel latino dei Padri, è anche cuore) la sua gloria”, ovvero raccontare i suoi prodigi, le sue azioni e le sue parole; tutto perché, nei cuori di chi ci ascolta possa entrare la luce e la presenza dell’amore di Colui che ci ha inviato. Le parole dell’annuncio e della testimonianza creano un “ambiente bello” nel cuore del destinatario, perché poi arrivi direttamente lo Sposo. Non è, forse, una missione che vale la pena di accogliere, dedicandovi tutta la nostra vita?
- Il Signore e Salvatore nostro, carissimi fratelli, ci ammonisce ora con la parola, ora con le azioni. I suoi gesti, infatti, hanno valore di comando, perché mentre silenziosamente compie qualcosa, ci insegna come dobbiamo agire. Egli manda a due a due i discepoli ad annunciare il Vangelo, per significare i due precetti della carità, verso Dio cioè, e verso il prossimo, per il fatto che la carità non può esercitarsi fra meno di due persone. Nessuno infatti, propriamente parlando, esercita la carità verso se stesso, ma l’amore deve tendere ad un altro per poter diventare carità. Questo gesto del Signore che invia i discepoli a due a due a predicare, significa pure, anche senza il commento della parola, che non deve in alcun modo esercitare il ministero della predicazione, chi non ha carità verso il prossimo.
- In verità sta scritto: li mandò innanzi a sé in ogni città e luogo in cui egli sarebbe poi giunto (Lc, 10,1). Il Signore, infatti, segue i predicatori che ne hanno annunciato la parola e giunge alla dimora della nostra mente quando lo hanno preceduto parole di esortazione, attraverso le quali la verità è accolta nell’anima. Ai predicatori dice infatti Isaia: preparate la via del Signore e raddrizzate i suoi sentieri (Is., 40, 3). E il salmista: preparate la via a chi ascende verso il tramonto (Sal, 67,5 vulg.). È il Signore che ascese verso il tramonto, perché, dopo la passione e la morte, manifestò la fulgida gloria della sua Risurrezione. Salì verso il tramonto, perché calpestò, nella Risurrezione, la morte prima accettata. Noi prepariamo la via a lui che ascende verso il tramonto, quando descriviamo alle vostre menti la sua gloria, perché le riempia di luce con la presenza del suo amore, giungendo egli poi.
[Gregorio Magno, Hom. in Evang. XVII, in Id., Omelie sui Vangeli. Regola pastorale, a cura di G. Cremascoli, Torino, UTET, 2013 versione e-book].