Pietro e Giovanni: una nuova chiamata ad essere Chiesa
Eugène Burnand, I discepoli Pietro e Giovanni corrono al sepolcro il mattino della resurrezione, 1898, olio su tela 82x134, Museo d'Orsay, Parigi
Testo biblico (Gv 20,1-9)
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.
L’artista
Eugène Burnand (1850-1921), pittore e illustratore, nasce il 30 agosto 1850 a Moudon, piccolo paese del Canton Vaud in Svizzera, da una famiglia protestante. Un viaggio a Firenze nel 1860 è l’occasione per conoscere le opere dei grandi pittori italiani. Studia architettura e poi, nel 1872, entra all’Ecole Nationale des Beaux Arts. Ha come modelli di riferimento pittorico Courbet e Millet, esponenti del Realismo francese e conosce gli artisti del movimento.
Appartiene alla corrente naturalista che vuole vedere, esprimere, raffigurare la realtà, la vita quotidiana e rappresentare in modo rigoroso la psicologia umana e l’ambiente sociale.
In questo contesto culturale nasce il quadro che abbiamo preso in riferimento. All’inizio della sua attività artistica ritrae paesaggi, prendendo ispirazione dalla sua terra di origine, e si avvale dell’esperienza dell’impressionismo individuabile nelle sue composizioni piene di luce e di atmosfere. Burnand, inoltre, traduce nei dipinti le pagine del Vangelo, le rende con effetti drammatici evitando, però, il crudo realismo e gli eccessi di sentimento religioso. Nelle sue opere, ma soprattutto in questa, la Parola e l’immagine si fondono in una composizione in cui la descrizione dei volti, nella loro intensità emotiva, sembra parlare all’osservatore con stile e ritmo avvincenti, che non possono non interrogare chi osserva.
Nei secoli passati, e in particolare dopo il Concilio di Trento, l’arte pittorica ha svolto un’importante funzione per la comunicazione della fede perché riesce ad esprimere il mistero del Divino ed è fonte di ispirazione per i fedeli, che si identificano emotivamente nelle opere.
Nell’attività di Burnand, come pittore e illustratore di arte sacra, ritroviamo il compito della vocazione dell’artista: nella sua produzione contiamo scene e parabole del Nuovo Testamento, i fioretti di San Francesco, opere che offrono spunti interessanti e originali e testimoniano di un’arte rivelatrice e comunicativa.
L’opera
Di primo acchito, se non se ne conosce il titolo, è difficile comprendere il significato di questo quadro. Non c’è infatti nessun elemento che lo identifichi, sfiderei chiunque a riconoscerlo.
Il dipinto rimanda al Vangelo di Giovanni (20,1-9), che narra la corsa al sepolcro dei discepoli Pietro e Giovanni, il mattino di Pasqua. Un episodio poco trattato nell’arte sacra. Burnand ha osato molto rappresentando questo brano perché ha dovuto rendere le emozioni, i sentimenti, lo stato d’animo dei due apostoli e non è facile riportarli su una tela, per questo l’opera rappresenta un unicum.
Il dipinto evidenzia la dinamicità dei due discepoli; li vediamo correre e possiamo immaginare la loro meraviglia e il loro stupore all’annuncio della risurrezione di Gesù da parte di Maria Maddalena.
Pietro e Giovanni si spostano da destra verso sinistra, come se volessero uscire dal quadro, quasi che il quadro fosse incompleto, quasi per invitare lo spettatore a correre a sua volta per scoprire insieme a loro i segni che testimoniano la risurrezione di Gesù.
In questi sguardi e in questi atteggiamenti non si può non fare memoria di un vissuto, di un’esperienza che i due apostoli hanno vissuto con Gesù. Questa scena è un rimando a tutta la sua vita…
I personaggi sono vestiti secondo il tempo di Gesù con colori differenti. Uno vestito di bianco e l’altro con colori scuri. Sono al centro di tutta la scena, sono protagonisti. Sono i primi che intraprendono questa veloce corsa grazie all’annuncio fatto da una donna di nome Maria che comunica loro che il maestro Gesù, crocifisso dai romani, è vivo e che la tomba del sepolcro è vuota.
Pietro e Giovanni: un vecchio e un giovane, rappresentano la Chiesa istituzionale e la Chiesa spirituale, la staticità di Pietro e la giovinezza, la leggerezza di Giovanni; l’esperienza di Pietro e i desideri di Giovanni, l’intuizione e l’affetto, lo slancio, l’amore e il tradimento dell’amore…
Sono opposti ma qui, in questa
corsa, sembrano integrarsi,
fondersi nelle loro diversità.
Il paesaggio
Eugène Burnand nella prima fase pittorica ha dipinto molti paesaggi. In questa opera sullo sfondo riproduce il paesaggio palestinese molto brullo ma, qua e là, possiamo vedere prati coperti da un manto verde e gli ulivi; tutto sembra annunciare la primavera, soprattutto una primavera di vita nuova. Questa alba piena di luce vuole farci penetrare in quel mattino di Pasqua dove tutto è trasfigurato, vuole farci gustare la freschezza di quel vento leggero che sembra ridare vita a questi discepoli impauriti e smarriti.
Il cielo è rappresentato con tonalità particolari che vanno dal giallo al bianco, ci sono anche nuvole grigie che sembrano ormai far parte del passato perché sono alle loro spalle, ora c’è una luce che orienta il cammino, il loro itinerario di vita.
Sullo sfondo, lontano sul colle, dietro all’apostolo Pietro ci sono i pali verticali eretti, le travi della crocifissione. Difficili da individuare, perché molto piccoli, ci dicono che la crocifissione è un evento ormai passato e che bisogna volgere lo sguardo avanti: questa è l’alba di un nuovo giorno.
Approfondiamo più attentamente i personaggi, soprattutto la loro tensione emotiva che Burnand ha saputo rappresentare nei volti.
Pietro
Nel nostro immaginario Pietro è anziano, qui invece tutto ci parla di giovinezza e di una fretta che è tutta giovanile. Dai suoi occhi traspare incredulità, ma allo stesso tempo uno stupore e una meraviglia tipici della giovane età; Pietro sembra dire: «Ma è proprio vero che è vivo? Voglio vederlo anch’io, voglio parlargli, voglio incontrarlo».
Sappiamo che gli eventi della passione avevano interrotto bruscamente i rapporti tra i discepoli e Pietro aveva profondamente tradito: questa corsa di Pietro fa comprendere come lui voglia riscattarsi dal suo tradimento.
I suoi occhi lasciano trasparire l’amarezza del tradimento, il suo pianto, ma anche la speranza, la gioia di poterlo vedere ancora una volta. Gli occhi sono spalancati in tutta la loro ampiezza per poter gustare la gioia di una presenza; la barba folta e non curata e i suoi capelli arruffati, dopo la notte insonne per tutti gli eventi accaduti e per la paura di essere catturato dai giudei, simboleggiano l’irruzione di un annuncio; Pietro è stato colto di sorpresa da questo annuncio e ora va…
Le mani di Pietro
La mano destra sul suo petto, come a sentirne il battito, a sperimentare di nuovo la presenza di Gesù nel profondo del suo cuore che fino a quel momento aveva cessato di battere con la morte di Gesù. Non c’era più speranza, ma ora batte più intensamente all’annuncio di questa notizia.
La sua mano sinistra a indicare forse Giovanni. Sicuramente Giovanni, unico testimone della crocifissione, avrà raccontato a Pietro lo strazio della morte di Gesù in croce. Lui ha visto tutto… come può essere vivo?
Grazie a questo annuncio di risurrezione, che sconvolge tutta la sua vita, Pietro sembra riacquistare la vitalità e la giovinezza del passato.
Giovanni
Giovanni, vestito di bianco, il colore della risurrezione, non è pienamente consapevole di ciò che sta accadendo. Ma lui, già testimone della risurrezione di Gesù e il più giovane degli apostoli, è colui che ha vissuto fino in fondo la sua fedeltà, l’unico a non fuggire davanti al dolore, alla sofferenza e alla morte del maestro. Lui, il discepolo prediletto e amato che ha riposato sul petto di Gesù, che ha potuto ascoltare i battiti del suo cuore nel momento dell’offerta di sé stesso, solo lui poteva intuire che tutto non poteva aver fine.
Dallo sguardo alle mani di Giovanni
Dal suo sguardo possiamo intuire una certezza, i suoi occhi dicono una meta, guardano lontano e la distanza è colmata dall’amore.
Un innamorato non conosce distanza dall’oggetto del suo amore, è questo che Giovanni sembra raccontare con tutto sé stesso.
Le sue mani sono giunte in preghiera. è avanti rispetto a Pietro non solamente perché è più giovane, più forte, allenato, ma perché già intuisce una presenza nel profondo del suo cuore, la presenza del Risorto.
Riflessione e approccio vocazionale
La chiamata è una risurrezione
La corsa dei due discepoli verso il sepolcro vuoto mi fa pensare a una nuova chiamata a essere Chiesa, chiamata che non è rivolta singolarmente a un persona, ma a tutti. Questi due discepoli ci mostrano come essere Chiesa in uscita e ci riportano a Papa Francesco, quando afferma: «Preferisco una Chiesa accidentata che va fuori, estroversa che chiusa in sé stessa…».
Come sappiamo, i due discepoli erano chiusi nel cenacolo per paura dei Giudei. Questo annuncio di risurrezione li coglie di sorpresa nelle loro paure, tra delusione e ripensamenti. La tentazione più frequente è quella di chiudersi, di rimanere barricati, isolati, incapaci di comunicare, disperati. è bello vedere come questo annuncio li apre alla vita, a un nuovo modo di essere Chiesa. Allora mi piace pensare a una nuova chiamata anche per noi, comprendere che è una risurrezione, un ritorno alla vera vita.
Essere chiamati e uscire da sé stessi è compiere un esodo. Questi due discepoli, attraverso le loro storie ed esperienze, sanno compiere questo passaggio, questa uscita.
Ma che cosa mette un giovane in uscita da sé stesso? L’aver fatto esperienza del Signore, del Signore risorto, ecco ciò che lo mette in esodo per trovare così una nuova identità, per scoprire la bellezza di essere un dono per gli altri. Nella Chiesa il giovane può portare il suo annuncio e raccontare la propria esperienza di vita, perché l’appartenenza alla Chiesa dice e verifica l’autenticità di una vocazione.
Se un giovane non sente viva dentro di sé questa appartenenza, come a ritrovare in essa la sua profonda identità, difficilmente saprà compiere un discernimento della sua vocazione.
La vocazione è sempre una chiamata a favore degli altri, è vivere la fretta per dare spazio all’incontro, per dire a tutti che egli è vivo e che è possibile incontrarlo soprattutto nella propria vita e nella propria storia.
Una chiamata che si ripete ogni giorno nella tua vita quando fai spazio all’altro e non ti chiudi in te stesso. È la corsa, è la fretta della fede… per la ricerca dell’amato.
Preghiera
Signore,
quella di Pietro e Giovanni
che corrono verso il sepolcro
nel mattino di Pasqua
pieni di stupore e incredulità
è una chiamata
che si ripete continuamente
Ogni giorno ci chiami a uscire
perché la tentazione
è quella di fermarci, di chiuderci
e non avere il desiderio
di incontrare l’Altro, gli altri.
Fa’ che anche per noi accada
questa chiamata
ad essere Chiesa in uscita
incontro a te Risorto
e ogni volta sarà Pasqua.
NOTE
1 Per una completa comprensione dei dipinti analizzati in questa rubrica, consigliamo di visitare il sito www.chiesacattolica.it/vocazioni e visionare gli schemi proposti.
Eugène Burnand
I discepoli Pietro e Giovanni corrono al sepolcro il mattino della resurrezione
1898, olio su tela 82×134, Museo d’Orsay, Parigi