N.04
Luglio/Agosto 2019

Siate santi come io sono santo

“Quello che vorrei ricordare con questa Esortazione è soprattutto la chiamata alla santità che il Signore fa a ciascuno di noi, quella chiamata che rivolge anche a te: «Siate santi, perché io sono santo» (Lv 11,44; 1 Pt 1,16). Il Concilio Vaticano II lo ha messo in risalto con forza: «Muniti di salutari mezzi di una tale abbondanza e di una tale grandezza, tutti i fedeli di ogni stato e condizione sono chiamati dal Signore, ognuno per la sua via, a una santità la cui perfezione è quella stessa del Padre celeste (LG 11)» (Francesco, Gaudete et exsultate, 10).

 

L’opera e gli artisti

Nella Basilica Cattedrale di Taranto, a destra dell’altare maggiore, è possibile ammirare una delle più significative testimonianze dell’arte meridionale barocca: la Cappella dedicata al patrono della città San Cataldo, un vero trionfo di affreschi, di marmi policromi e sculture in marmo.

Nel 1658 l’arcivescovo di Taranto Tommaso Caracciolocommissionò il rifacimento di una cappella più grande e più riccamente ornata, rispetto a quella preesistente del 1151 e dando lui stesso le direttive per il progetto decorativo: un programma iconografico di esaltazione di San Cataldo da parte di tutti gli elementi artistici, dalle tarsie marmoree dei paramenti murari agli affreschi della cupola e del tamburo sottostante, fino alle statue marmoree dislocate in tutto lo spazio. I lavori terminarono alla fine del 1700, passando attraverso varie vicissitudini e committenze, ma rimanendo sempre fedeli al progetto originario.

Dal vestibolo quadrangolare si accede alla cappella vera e propria di forma ellittica, un ambiente reso suggestivo e strabiliante per la ricchezza dei colori e dei materiali preziosi che rivestono i paramenti murari, opera dell’artista napoletano Cosimo Fanzago, vissuto a cavallo tra il 1500 e il 1600.

Lo sguardo poi si perde in alto, verso l’affresco della cupola, dove è affrescata La gloria di San Cataldoe sotto una serie di Scene della vita del Santo. I dipinti furono realizzati nel 1713 dall’artista napoletano Paolo De Matteis, allievo di Luca Giordano. Il santo vescovo irlandese appare inginocchiato di fronte a Maria che lo invita ad accostarsi al trono di Dio; la scena è sovrastata dalla Santissima Trinità attorniata dagli angeli mentre in basso appare una grande folla di santi, appoggiati su nuvole rocciose nell’atto di scalare la montagna dell’Empireo.

Di pregevole fattura le dodici statue di marmo, collocate in apposite nicchie, di epoche e autori differenti. Nel vestibolo San Giuseppee San Giovanni Gualberto; nel vano ellittico iniziando da destra San Marco,Santa Teresa d’Avila, San Francesco d’Assisi, San Francesco di Paola, San Pietro, San Giovanni Battista, San Filippo Neri, San Domenico, Sant’Irene, San Sebastiano. Otto di queste sculture sono state realizzate tra il 1772 e il 1790, ad opera del celebre scultore napoletano Giuseppe Sammartino, autore del Cristo velato nella Cappella Sansevero di Napoli.

 

Esaltazione della via alla santità   

Dai primi tempi del cristianesimo fino ad oggi, l’arte è costellata di innumerevoli opere che rappresentano i santi, segno che i cristiani hanno sempre tenuto presente la vocazione primaria di ogni battezzato: quella alla santità, intesa come raggiungimento della piena felicità in Cristo. Sono celebri e numerosi, ad esempio, i cicli pittorici medievali raffiguranti storie della vita di vari santi, i grandi affreschi barocchi con la gloria di grandi fondatori religiosi, patroni e mistici, oppure tutta la statuaria prodotta per la devozione popolare o per decorare gli edifici di culto di tutte le epoche.

Basilica cattedrale di Taranto

Entrando nella cappella di San Cataldo e osservando il grande numero delle figure di santi in essa contenuti, si ha subito l’impressione di entrare in un vero e proprio “pantheon”, un luogo dove il protagonista principale non è tanto San Cataldo, ma la santità in generale declinata in tantissimi modi grazie ai tratti dei pennelli e ai colpi dello scalpello. Sarebbe interessante analizzare il modo con cui ogni singolo santo è stato rappresentato, ma è altrettanto utile dare uno sguardo d’insieme a tutto l’ambiente che suggerisce alcuni spunti di riflessione, dovuti ad una idea iconografica ben progettata fin dall’inizio della costruzione della cappella.

Sono davvero tanti i santi raffigurati e la maggior parte di essi è in estasi: in un atteggiamento che porta le persone fuori di se stesse, al di là della dimensione umana, per essere accolti e stravolti dalla vita divina, generando volti beati e felici che comunicano pace e serenità. Chi ha pensato le statue e i dipinti ha voluto offrire ai fedeli un chiaro stimolo ad intraprendere la via della santità come unica strada per essere felici, una felicità che si raggiunge soltanto avendo come meta della propria esistenza il cielo dove tutti gli sguardi sono rivolti e dove è spinto a guardare chi si trova nella cappella.

Sebbene le figure risentano della tipica tendenza barocca ad idealizzare i santi, c’è un particolare che fa riflettere: quasi tutte le sculture in marmo sono rappresentate a piedi nudi poggiati su scaglie di roccia che richiamano la dimensione terrestre. Quindi, nonostante tutto sia rivolto e guidato verso la felicità del paradiso dipinto nell’affresco della cupola, c’è tuttavia un elemento che fa rimanere ancorati alla terra: la vita di fede orientata alla santità non è un distaccamento dalla terra. Vivere in Dio significa rimanere ancorati alla terra, ma con uno sguardo sempre rivolto al cielo da cui deriva l’orientamento giusto che conduce ad operare nel bene e per il bene.

Un’ultima riflessione nasce dalla pianta ellittica in cui sono raccolti ed esposti tutti i santi. Ciascuno di essi è rappresentato con i propri tratti caratteristici dati dagli abiti che indossano o dai vari attributi iconografici che raccontano ed esprimono il loro specifico stato di vita: laici e laiche, religiosi e religiose, sacerdoti, vescovi etc. Ognuno di essi è diverso da un altro, ma tutti sono accomunati dal vivere sotto lo stesso cielo e nello stesso ambiente circolare che ha esattamente la forma di un grembo, chiara allusione al grembo della Chiesa. I santi, dunque, sono figli diversi tra loro, ma con un’unica Madre. Per vivere rettamente il proprio stato di vita sulla terra, perseguendo la chiamata alla santità, occorre entrare nell’unico grembo materno della Chiesa la quale garantisce, attraverso la giusta interpretazione della Parola di Dio e la somministrazione dei Sacramenti, di poter essere condotti alla gloria del paradiso, santi tra i santi.