N.06
Novembre/Dicembre 2013

Semi di contemplazione e di stupore

Questo ultimo  numero di «Vocazioni» 2013 è totalmente dedicato a cogliere la profonda  connessione esistenziale e spirituale  che esiste tra il cammino di  accompagnamento e discernimento vo­cazionale e la via privilegiata della “contemplazione”.

Rientrare in se stessi è essenziale, è una  dimensione costitutiva nell’e­sperienza del  cuore umano. Non  possiamo mai  dimenticare che  in noi sono presenti due  forze che  si contrappongono tra  di  loro, spesso  in maniera conflittuale e  drammatica: una forza centripeta  e  una   for­za  centrifuga. La prima ci  urge nel  cuore per  avere  spazi  di  ascol­to, di  silenzio, di calma, di elaborazione interiore: spazi  e tempi di contemplazione. La seconda ci spinge, talvolta vertiginosamente, all’esterno di noi  stessi, verso  le mille cose da fare, l’efficientismo spesso  nevrotico e parossistico, la visibilità in cui  trovare gratifi­cazione, il mondo delle apparenze, che in un attimo si consuma e ti consuma e lascia solo  un  mucchietto di cenere dietro di sé: è la “festa dell’effimero”, direbbe il Piccolo  Principe di Antoine de Saint-Exupéry.

Questo porta a definire l’uomo del nostro tempo un  “uomo fuggitivo, dislocato e spaesato”.

Solo  percorrendo con  intensità ed  umiltà la via  della con­templazione siamo in  grado di vivere  la ricerca della Verità, in tutte le  sue  molteplici sfaccettature: la verità di se stessi, della vita, del  senso  e del  perché noi  facciamo qualcosa piuttosto che qualcos’altro.

Il desiderio di una  verità profonda nelle  relazioni, che  ci porti a gustare la bellezza della  intimità nello stare  insieme.

Il gusto di sentirei in  contatto profondo con  il nucleo profondo della natura e del creato, degli altri, di noi stessi; la straordinaria espe­rienza di sentire che possiamo quasi  toccare con  mano la verità dell’A­ more e della  Tenerezza con cui Dio accompagna ciascuno di noi. Talvolta, in maniera futile e banale, noi  privilegiamo la forza centri­fuga. È più facile, più  comoda, più  immediata; comporta meno sforzo e fatica. È  una  tentazione tipica dell’uomo del  nostro tempo, ma  è anche una  costante suggestione ricorrente in  ogni epoca della storia,  presente anche in alcune icone bibliche, che  ci ricordano l’espe­rienza della paura a confrontarsi con la Verità. Giona fugge perché non osa  rientrare in se stesso; così  Elia … e così Giuda.

Sull’altro versante,  Giobbe e  Qohélet, Geremia ed Osea, Pietro,Paolo, Maria di Magdala non fuggono, perché accettano la  sfida del rientrare in se stessi:  è questo un cammino che  comporta sforzo e fati­ ca, come ogni cuore umano che  sperimenta la  sua perenne fragilità e debolezza, e da tutto questo, con fiducia, sa ricominciare. La contemplazione è un tempo ed uno spazio prezioso per  respirare la  Parola donata; è  un  evento di Grazia che  ci converte, perché attua un decentramento da  se stessi agli altri e, in particolare, all’Altro. Il vero cammino per  addentrarci nella contemplazione è, quindi, una preghie­ra di semplificazione, di concentrazione, di unità del cuore e della vita. Dalla contemplazione sgorga lo stupore… Sul finire di un anno so­ lare, sia i giornali che la TV  propongono pagine e servizi davvero inte­ressanti, che  aiutano a rivedere e a reinterpretare quanto è avvenuto nei  mesi appena trascorsi.

Tutto ciò crea  in noi un senso di soffuso stupore e di sbalordita mera­viglia, perché quelle immagini che rivediamo, o quei fatti che  ci vengono riproposti, ci sembrano ora  così vicini e insieme così lontani. È  come  se uscissimo da uno stato di letargo, per  riappropriarci di questo frammen­to di storia che insieme abbiamo vissuto. Ci stupiscono la morte e la vita, le passioni e i desideri, i tradimenti e l’amore, l’avventura  e il coraggio, l’indifferenza e la  curiosità, la  guerra e la pace, l’odio, la violenza o il mondo incantato delle relazione buone, riconciliate e accoglienti. Uno stupore di cui  avevamo perso traccia nella nostra affettività; uno stupore che  ci fa bene, perché ci aiuta a riprendere confidenza con la vita, a non !asciarci travolgere dagli eventi, ma  anche a non restare ciechi di fronte ad essi.

Le  parole della scrittrice lettone  Zenta Maurina Raudive, possono ben incorniciare il senso delle riflessioni di seguito proposte: «Allunità del  mondo contribuisce ogni singola persona che sappia realizzare queste tre cose: spiritualizzare la  propria vita; prendersi a cuore il conoscere l’altro  e ascoltarlo; essere abbastanza umile per  va­lorizzare ciò che gli è estraneo».