Un traguardo che riguarda tutti
La vocazione dell’essere umano è la felicità e questo è «un traguardo che riguarda tutti. Ma che cos’è la felicità? Quale felicità attendiamo e desideriamo? Non un’allegria passeggera, una soddisfazione effimera che, una volta raggiunta, chiede ancora e sempre di più […]. Abbiamo bisogno di una felicità che si compia definitivamente in quello che ci realizza, ovvero nell’amore, così da poter dire […]: ‘Sono amato, dunque esisto; ed esisterò sempre nell’Amore che non delude e dal quale niente e nessuno potrà mai separarmi» (Francesco, Spes non confundit, §21).
Quest’ultimo fascicolo della nostra rivista invita a tendere lo sguardo attraverso la Porta che papa Francesco aprirà la notte di Natale, il prossimo 24 dicembre 2024. L’anno giubilare cui questo gesto darà inizio può declinarsi anche attraverso le chiavi vocazionali che contiene e delle quali è utile mettersi alla ricerca. A riguardo il Servizio Nazionale per la pastorale giovanile, in sinergia con altri Uffici e Servizi della Conferenza Episcopale Italiana ha predisposto un utile sussidio per accompagnare giovani e adolescenti.
Ma la dimensione vocazionale del Giubileo riguarda tutta la Chiesa e la sua stessa vocazione che il Concilio Vaticano II insegna essere un grande pellegrinaggio, «una sola famiglia unita dalla carità e dall’unica lode della Trinità santissima» (Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, §51). Il pellegrinaggio esprime un elemento fondamentale di ogni evento giubilare e si colora di conversione. Mi sembra interessante considerare il pellegrinaggio non soltanto dal punto di vista del singolo ma nella prospettiva del popolo di Dio che insieme attraverserà la porta santa. Penso alle diocesi, agli istituti di vita consacrata, ai presbitéri e ai seminari ma anche a tutti coloro che in qualche modo per la loro vocazione appartengono a una comunità.
Ogni vocazione non è soltanto ‘mia’ ma anche ‘nostra’. Spesse volte abbiamo intrecciato questo tema sulle pagine della nostra rivista ma penso che ripeterlo ci permetta di nutrire l’immaginazione che ci prepara al gesto giubilare che intendiamo compiere. L’opera alla quale siamo chiamati, perché sia davvero un’opera di Dio non può che essere condivisa nella quale il contributo del singolo acquista senso nella direzione dell’edificazione della comunità (cf. Pontificia Opera per le Vocazioni Ecclesiastiche, Nuove vocazioni per una nuova Europa, §18d). Questo comporta fatica, risponde ai tempi della vita, esige decisione, impegno e fermezza; come nel camminare insieme si tratta di aspettare chi va più lento e pazientare con chi sempre corre avanti, si tratta di sostenersi e incoraggiarsi gli uni gli altri. Si tratta soprattutto di stimarsi a vicenda (cf. Rm 12,10) perché questo è lo sguardo che il Padre ha su ciascuno di noi.