La gratitudine rimuove le preoccupazioni
Un testo di Īliyyā al-Naṣībī (Elia di Nisibi) (975-1046)
Quando si parla di letteratura araba pensiamo subito a quella islamica, dimenticando invece che questa lingua, a seguito delle conquiste dell’Islam, divenne la lingua anche dei cristiani che continuarono a vivere sotto il dominio musulmano, come cittadini di rango inferiore. La produzione spirituale e teologica continuò e fu assai prolifica perché i paesi occupati dall’Islam avevano in sé comunità cristiane che si erano divise nel V secolo dopo il concilio di Calcedonia del 451 (monofisiti, nestoriani e calcedonesi), e che continuarono a dibattere tra loro nella nuova lingua; inoltre la convivenza con i musulmani obbligò i cristiani a considerare di nuovo le questioni trinitarie, ormai finite nel IV secolo in campo cristiano; ora, invece, riprendevano nuovo interesse e vigore davanti al monoteismo assoluto islamico. Abbiamo, quindi, tutta una letteratura cristiana in lingua araba che ancora oggi è quasi sconosciuta fuori dalla ristretta cerchia degli specialisti, e va sotto il nome di Patrimonio arabo-cristiano. I testi che appartengono a questo tesoro sono ancora quasi tutti a livello di manoscritti, attendendo studiosi che si applichino per la loro edizione critica e divulgazione in lingue accademiche.
Il testo che presentiamo oggi è di un autore originario dei territori di tradizione siriaca ed è in effetti conosciuto anche come autore di quella tradizione. A differenza del caso dell’Egitto, dove il copto rapidamente scomparve lasciando campo completo alla lingua araba, gli autori di lingua siriaca restarono bilingui per molto tempo, producendo letteratura nelle due lingue fino almeno al XIV secolo. Īliyyā (Elia) fu un importantissimo teologo siro-orientale (“nestoriano”), metropolita della famosa città di Nisibi (la stessa di sant’Efrem, che abbiamo imparato a conoscere in questa nostra rubrica). Questo testo è tratto dal Libro per scacciare la preoccupazione (Kitāb Daf’ al-Hamm). La storia della sua composizione è interessante. Fu scritto per un amico musulmano del metropolita, Abū al-Qāsim al-Maġribī, già ministro del Califfo ma caduto in disgrazia, con una vita abbastanza movimentata. In una lettera a Elia, intorno al 1027, Abū al-Qāsim scrive all’amico perché gli componga un’opera per scacciare la preoccupazione intesa come peso costante, esistenziale.
Tra le varie cose che Elia consiglia ad Abū al-Qāsim per superare la preoccupazione vi è la gratitudine. Nel nostro testo, vediamo proporre un livello tale di gratitudine verso Dio che dona una pace completa, perché rende piena la consapevolezza di essere nelle Sue mani sempre. Inoltre, le nostre giornate sono piene di doni ai quali spesso non facciamo caso. È quanto vuol proporci Ignazio di Loyola nel primo punto della pratica della preghiera dell’Esame, uno dei capisaldi della sua spiritualità.
Vi ho chiamato amici. Elementi di spiritualità arabo-cristiana
2 La seconda delle caratteristiche specifiche che rimuovono la preoccupazione è la gratitudine. 3 È lodare il Benefattore per i suoi benefici, diffondere i suoi meriti e ricordare la sua benevolenza. 4 E il suo frutto è l’aumento della grazia di Dio (l’Eccelso!) e dell’amore sincero del popolo. 5 E per chi ha l’abbondanza della grazia di Dio e dell’amore del popolo, aumentano le sue gioie e diminuiscono le sue preoccupazioni. (…) 10 Se vuoi aumentare la tua gratitudine verso Dio (l’Eccelso!), ricorda le sue copiose grazie verso di te e i tuoi copiosi peccati verso di Lui, 11 e la sua pazienza verso di te nonostante la tua costante irritazione verso di Lui e la moltitudine dei tuoi errori verso di Lui e verso gli uomini, 12 e il suo coprirli e rivelare il loro opposto da te buone qualità, 13 e quale sporcizia ha allontanato da te e la felicità che ti ha portato. 14 Se ti ricorderai di tutto questo, aumenterà la tua gratitudine e aumenterà la tua lode per lui. 15 Sappi che ogni giorno che passa quando sei stato custodito nella fede, nella ragione, nel corpo e nella condizione, 16 che non hai sbagliato una parola che ti ha ingannato, né fatto un’azione che ti ha danneggiato o udito ciò che ti ha rattristato, 17 quel giorno è [un giorno] della massima felicità; 18 che ogni giorno in cui dai da mangiare a colui che non è stato giusto con te, e il giorno in cui perdoni chi ostinatamente ti ha chiesto ciò che non puoi fare, e gli hai chiesto scusa ed egli non ti ha scusato, 19 è un giorno benedetto. 20 E ogni giorno [in cui] sei salvato da disgrazie impreviste, da sporcizia che non percepisci e da brutte accuse a te sconosciute, 21 è un giorno di grazia, [per il quale] non potrai mai [comunque] rendere grazie abbastanza [129].
152 Alcuni giusti dicono: “Sono preso da una disgrazia, ringrazio Dio (l’Eccelso!) per essa quattro volte: 153 Lo ringrazio perché non è più grande di quello che è; Lo ringrazio perché mi ha dato la capacità di sopportarla; 154 Lo ringrazio perché spero che passi, e infine Lo ringrazio perché ciò non ha incrinato la mia fede”. [130]
Il testo e la traduzione li prendiamo da W. Nasry, Vi ho chiamato amici. Elementi di spiritualità arabo-cristiana, Columbia, SC, 2023. Il numero tra parentesi quadre rimanda alle pagine di questo libro. I numeri nel testo si riferiscono all’edizione del Kitāb usata dal prof. Nasry.