N.03
Maggio/Giugno 1998

Nuove vocazioni per una nuova Europa

Le “avvisaglie” per un buon Congresso c’erano tutte. Bastava guardare il documento preparatorio che era stato inviato alle chiese d’Europa in vista “del” e in preparazione “al” Congresso. Un’impostazione corretta, domande capaci di raccogliere – attraverso le risposte che sarebbero state date – gli interrogativi che preoccupano ma che non sempre sono così chiari ed evidenti alla consapevolezza delle chiese. Si aveva subito l’impressione di essere stati preceduti da un lavoro serio ed importante. Poi il Congresso. Nella preghiera, nella comunione, nella ricerca, nella condivisione di esperienze. Bene. Poi il documento conclusivo. Bellissimo. Da ogni punto di vista. Quasi un dono atteso e prezioso per coloro che da anni lavorano per le vocazioni sacerdotali e consacrate. Questo è quello che si vuole in Europa. Questo è quello che da tanti anni si vuole in Italia e si cerca di realizzarlo.

La tematica pedagogica è la grande sfida del documento. Né sola né tanto meno isolata. Ma sicuramente prevalente e particolarmente curata. Definitiva e fondante l’impostazione teologica. Ce n’è abbastanza per poter dire che ora ci basta. Corretta e ad ampio raggio l’attenzione pastorale. C’è chiarezza per poter dire che ci basta. Originale, ordinata, completa la dimensione della pedagogia delle vocazioni. Abbastanza – anche in questo caso – per dire che ci basta.

Ci basta quanto ci dona il Congresso per non dover continuare ad attendere nel proporre come cuore stesso della nuova evangelizzazione ed anima della pastorale della Chiesa nel terzo millennio la dimensione vocazionale. E già: la dimensione vocazionale. Ma che cos’è in realtà?

È soltanto un’attenzione dovuta? È solo una spina nel fianco della pastorale ordinaria? È solamente una rivendicazione di chi sente che la Chiesa non fa abbastanza per le vocazioni consacrate? È forse anche questo. Ma principalmente è una chiave di lettura. È il modo che la pastorale ha per dare a Dio ciò che è di Dio. E all’uomo ciò che è dell’uomo.

Si può anche tranquillamente partire dai risultati che non tornano per vedere dov’è l’errore. Se un giovane o una ragazza non è messo nella condizione di dire di sì al Signore che chiama e di rinnovare quel sì ogni giorno, nella fedeltà e nella gioia: ecco, allora la dimensione vocazionale è stata sicuramente assente nella pastorale ordinaria. Non è stata abbastanza preoccupazione delle nostre famiglie, delle nostre comunità cristiane e della testimonianza dei chiamati…

Ma si può anche fare il percorso inverso: una pastorale ordinaria che dimentica di avere in sé come anima profonda e costitutiva la dimensione vocazionale sicuramente non è il luogo della maturazione di una vocazione: così tale obiettivo – raggiunto o non raggiunto – finisce per fare l’esame di coscienza alla pastorale ordinaria…

Ecco: tutto questo è stato pienamente recepito dal Congresso ed ora deve diventare ancora di più patrimonio delle nostre chiese. In Italia ci sentiamo profondamente segnati, incoraggiati e sostenuti dal Congresso. Questo numero della rivista vuol dare un segnale sull’importanza che il documento conclusivo avverrà sempre di più per tutti noi.

Lo riportiamo integralmente nell’ultima parte del numero e attraverso studi puntuali e orientamenti precisi speriamo di veicolarne i contenuti da ritenere più importanti. Il cuore di ciascuno di noi farà camminare le gambe del rinnovamento pastorale che tutti attendiamo ma che in realtà a tutti è dovuto di contribuire alla sua realizzazione.