N.04
Luglio/Agosto 2020

Come canali

Compassione. La avvertiamo dirompente in noi dinanzi al dolore, alla povertà, alla solitudine, all’esclusione; suscita lacrime che riempiono lo sguardo, la percezione di un cuore che si allarga, la frenesia delle mani che si tendono per raggiungere, l’ansia di rincorrere il tempo per arrivare a tutti.

Compassione. La riconosciamo nelle pagine del Vangelo; vissuta da Gesù dinanzi ad ogni limite di umanità e, in lui, si trasforma – sempre – in risposta. Se non sua, di qualcuno che diventa il suo prolungamento. È sua la compassione per le folle, perse e smarrite, affamate e vagabonde, perché senza un pastore. E per un’umanità pronta, come lo è il grano maturo delle messi, perché bisognosa di essere accolta e “raccolta”. E per questo servono operai, che solo il Padre può mandare.

Compassione. La ritroviamo nel beato Giacomo Alberione che, avvolto dal desiderio apostolico di arrivare a tutti, non sa più cosa ideare perché il bene si diffonda dato che «immensi sono i bisogni dell’umanità, della Chiesa e delle anime». E allora entusiasma con questa stessa passione un gruppo di giovani donne che saranno le prime Suore Apostoline[1], «chiamate per chiamare» perché, come diceva lui, «lavorar per una vocazione vuol dire lavorar per tutte le anime alle quali farà del bene quella determinata vocazione che abbiamo aiutato. Il bene allora si allarga. Nell’apostolato vostro non fate solamente un’opera buona ma piantate degli alberi che faranno tanti frutti. E, alle volte, si vedono queste piante cariche di frutti, così da rompersi i rami. Ecco, alle volte una vocazione che abbiamo curata produce poi tanti frutti e poi ogni frutto produce altri frutti, cioè ogni frutto diviene un seme di nuovo, che produrrà altre piante ed altri frutti».

Compassione. Per le Suore Apostoline è la sorgente di un dono di sé che si traduce nel regalare ogni attimo, ogni propria risorsa personale, ogni pensiero, ogni desiderio e ogni movimento del cuore; nello “sprecare” la vita per far incrociare gli appelli della nostra umanità – che fanno risuonare quelli di Dio – con la ricerca radicata nella profondità di ognuno del senso della propria esistenza, nella duplice accezione di significato e direzione.

E allora: è compassione per il giovane confuso che cerca orientamento per la vita. Per quello perso e smarrito davanti al suo futuro che sembra non contenere promesse. Per quello che rivela in mille modi la paura di rischiare. E per quello che intravede all’orizzonte la strada e muove i primi passi per abitarla.

Si esprime con il far rimbalzare ai giovani la domanda: la vita è dono di Dio, come vuoi usarla?, non solo direttamente, ma sollecitando e sostenendo tutte le figure educative, insieme alle quali dar vita a un contesto che renda possibili cammini, discernimenti e risposte, frutto di una matura “coscienza vocazionale”.

È prendere su di sé l’onere di portare ogni giorno davanti al Signore ogni persona che sta rispondendo alla sua vocazione, perché divenga sale della terra e luce del mondo. È farsi carico di chi ha bisogno di sostegno nel suo quotidiano donarsi. E di chi arriva a non farcela più, e si sente schiacciato dal peso delle proprie scelte, che non si sentono più vive dentro di sé.

È lasciarsi ferire il cuore dalle risposte tiepide, che mancano il bersaglio non solo verso Dio, ma anche verso se stessi e, spesso, verso gli altri. E portano anche a farsi e a fare male.

Ma è anche – e prima di tutto – colorare le ore di ogni giorno con la lode e il ringraziamento al Dio che chiama: tutti, sempre, su strade antiche e su strade nuove. Con lo sguardo rivolto costantemente verso Colui che ha avuto e costantemente ha compassione di noi e ci trasmette il suo stile, la sua profondità e le sue parole, come l’unico Maestro a cui appartiene la “chiave della vita” di ogni persona.

E se tutto questo è espresso ogni giorno nella preghiera che apre la giornata (cf. Padre nostro vocazionale[2]), molto più è il leitmotiv che scandisce l’essere prima che il fare, l’accogliere insieme all’ascoltare, l’incontrare insieme all’annunciare (con tutti i mezzi possibili!).

In un brano, molto suggestivo, il beato Giacomo Alberione descrive con un’immagine l’identità, la missione e il cammino di gratuità, semplicità e santità a cui è chiamata ogni Apostolina: «Voi siete come i canali, il canale porta l’acqua. La vocazione, ecco, parte da Dio, passa come canale attraverso di voi che siete diventate i canali della voce di Dio e fate arrivare l’acqua benedetta, l’acqua di grazia, l’acqua che poi in pratica è la vocazione. Quindi che la volontà di Dio venga presentata purissima, come la volontà di Dio, non tubo sporco. Quindi la vostra santità deve essere speciale. In quel tubo ci possono essere delle pietruzze che impediscono il passaggio. E allora, ecco, stimare al massimo la chiamata di Dio, prontezza nel rispondere alla voce di Dio, in semplicità, docilità, obbedienza».

 

 

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[1] Le Suore Apostoline appartengono all’Istituto Regina degli Apostoli per le vocazioni (www.apostoline.it), uno degli Istituti della Famiglia Paolina.

[2] Il “Padre nostro vocazionale” o “Preghiera di offerta per le vocazioni” è la preghiera scritta dal beato Giacomo Alberione che comprende tutti i punti per cui maggiormente le Suore Apostoline sono chiamate a pregare e operare.