N.03
Maggio/Giugno 2021

Per fare del mondo una famiglia 

Il Mozambico è in basso a destra sulla cartina del continente africano. Chemba è un villaggio di capanne sparse sulla riva destra del grande fiume Zambesi, a circa 200 km dalla sua foce. La città più vicina, Beira, che è anche sede della nostra diocesi, si trova a 500 km. Nonostante siamo in mezzo alla savana, in questi primi mesi dell’anno, tutto si colora delle infinite gradazioni del verde: siamo, infatti, nel pieno della stagione delle piogge. La gente, che vive di agricoltura e pastorizia, ha il sorriso sulla bocca perché, sebbene le piogge siano arrivate in ritardo, sono abbondanti e il raccolto dovrebbe essere buono. 

Se Dio è qui da sempre, il Vangelo è stato aperto per la prima volta 74 anni fa, quando, nel 1947, venne creata la parrocchia. Noi missionari Saveriani siamo arrivati nel 1998. Nel 1992 era terminata una guerra civile tremenda che in 16 anni fece un milione di morti in un paese che, all’epoca, aveva circa venti milioni di abitanti. 

Qui, a Chemba, siamo in tre: due congolesi e un italiano. Il più vecchio ha 41 anni, il più giovane 35. Durante la settimana, due di noi sono impegnati nella nostra scuola comunitaria dove studiano circa 800 ragazzi e ragazze provenienti da famiglie umili. In un paese nel quale il tasso di analfabetismo nelle zone rurali è ancora oggi del 50,7%, la scuola prende per mano i poveri e fa loro alzare la testa. 

Nei fine settimana, a partire da fine marzo, quando terminerà la stagione delle piogge, si partirà ogni venerdì all’alba e si tornerà la domenica per incontrare le 70 comunità che compongono la vasta parrocchia. La più distante si trova a 120 km di strada sterrata. Siamo accolti come ospiti, ascoltiamo la vita delle persone, dormiamo per terra in capanna, mangiamo quello che offre la gente, danziamo e preghiamo. Raccontiamo il Vangelo di Gesù e sperimentiamo come questo dia senso alla vita degli altri e alla nostra. 

In molte comunità riusciamo ad arrivare due sole volte all’anno. Sono le uniche due volte in cui la comunità celebra l’Eucaristia. Chiamate “comunità ministeriali di base”, sono comunità nel senso pieno della parola: ciascuno ha il suo “ministero”, vale a dire il suo servizio: celebrante, ministro dell’Eucaristia, lettore, catechista, carità, liturgia, giustizia e pace, speranza e vita (che accompagna il momento della nascita e della morte). Noi lavoriamo in gran parte alla formazione e all’accompagnamento dei vari ministeri. Ciascuno fa la sua piccola parte e lo Spirito Santo fa il resto. Per questo, le comunità sanno stare in piedi da sole. 

In questo angolo di Africa in mezzo alla savana, viviamo pienamente il carisma del primo annuncio del Vangelo di Gesù, così come ce lo ha lasciato san Guido Maria Conforti. Nato nel 1865, in una frazione della campagna parmigiana, fin da ragazzo Guido guardava lontano e gli piaceva sognare: contemplava la pianura tra il Po e l’Appennino e sognava la Cina. Il suo desiderio era, infatti, continuare là dove non era riuscito ad arrivare san Francesco Saverio, il grande missionario gesuita di origine spagnola, morto proprio alle porte della Cina, nel 1552. Fin da giovane seminarista, Guido ci prova in tutti i modi, manifestando il suo desiderio missionario ad alcune congregazioni religiose, ma senza ricevere risposta. Poi, da giovane prete, il sogno comincia a prendere forma: il 3 dicembre 1895 fonda, a Parma, i Missionari Saveriani e, quattro anni dopo, invia in Cina i primi due missionari. 

Nel 1902, Conforti è ordinato vescovo. Lo sarà prima a Ravenna e, dal 1907, a Parma, fino al 1931, anno della sua morte. “Pastore dei due greggi”, così viene ricordato: pastore della sua diocesi e, al tempo stesso, pastore della congregazione missionaria da lui fondata. Un pastore con la mente e il cuore aperti al mondo, che immagina profeticamente come una sola famiglia: «Fare del mondo una sola famiglia» sono, infatti, le parole che lascia a chi vuole seguire il suo cammino. 

Un cammino che si arricchisce lungo le strade della storia e del mondo, con i passi di chi ha deciso di percorrerlo. In questo senso, ci scaldano il cuore le parole delle nostre Costituzioni Saveriane – riscritte nel 1984 alla luce del Concilio Vaticano II – che ci pongono «a totale servizio del Regno di Dio nella Chiesa […]. Per il nostro carisma specifico siamo inviati a popolazioni e gruppi umani non cristiani, fuori del nostro ambiente, cultura e Chiesa d’origine. Fedeli alle preferenze di Cristo, ci rivolgiamo in particolare tra i non cristiani, ai destinatari privilegiati del Regno: i poveri, i deboli, gli emarginati dalla società, le vittime dell’oppressione e dell’ingiustizia»1. 

Il sogno di un giovane che 150 anni fa contemplava la pianura e sognava la Cina, ci vede ora presenti in ventidue paesi di Africa, Asia, America e Europa. In un tempo in cui tanti vogliono costruire muri e mettere da parte i più poveri, facciamo del nostro meglio, a partire dal Vangelo di Gesù, per fare del mondo una sola famiglia. Noi, dalle rive del grande fiume Zambesi, proviamo a fare la nostra parte.