N.05
Settembre/Ottobre 2021

Felice del mio presente

Diversamente in cammino/17

Questo numero la rivista Vocazioni si interroga su una affermazione contenuta nell’Enciclica Laudato Sì che sostiene che al giorno d’oggi la gente sembri non credere più alla possibilità di un futuro felice.

 

Come persona autistica, ritengo che l’affermazione sia vera ed anche molto sorprendente perché io, nonostante i tanti limiti imposti dal mio autismo, non solo sono certo che avrò un futuro felice ma senza scomodare il futuro sono già felice del mio presente. Come fanno a non vedere un futuro felice persone non autistiche che hanno molte meno limitazioni di me?

 

La risposta, è ovvio, è in ciò che si intende o peggio si pretende per essere felici.

 

Io, pur essendo autistico, sono felice perché la notte scorsa ho dormito in un letto caldo e confortevole e poi perché oggi ho mangiato cose semplici ma buone e per di più con l’affettuosa compagnia di mio padre e mio fratello. Ma non è finita qui, perché sempre oggi ho fatto una bella passeggiata rilassante con il mio amico Luca e finito di scrivere questo articolo credo farò una bella doccia e vivrò il piacere del grande relax che solo una bella doccia a fine giornata può dare.

 

Ci sono persone che purtroppo non hanno casa, famiglia, né cibo o acqua a sufficienza. Loro sì che credo siano infelici.

 

Ma allora perché tante persone che invece i beni necessari li hanno ed anche gli affetti sono in uno stato così devastato da essere non solo a secco di gioia per l’oggi ma anche di speranza per il domani?

 

Io credo perché vivano contromano.

 

Desiderare è vita ma più si è capaci di desiderare più diviene necessario sviluppare la libertà da tali desideri, pronti a lasciare andare i desideri che non si possono realizzare per generarne dentro di sé di nuovi. Facendo ciò, perseguire una santa essenzialità del ridurre sempre di più ciò che si considera necessario per vivere felici.

 

Invece tante persone costruiscono tombe sontuose per i propri desideri negati e passano la vita abbracciati alla lapide ed a piangere.

 

Rimango sempre sorpreso, e capita spesso, quando la gente mi chiede se ho un sogno per il mio futuro. Ma siamo matti? Un sogno è una torbida, sinistra, inquietante pretesa emotiva verso il proprio futuro. È cattiva educazione.

 

Io nella vita non voglio sogni, pretese che sono assicurazioni di infelicità ma una missione che sia dono di me al mondo senza nulla pretendere per me, solida promessa di senso e quindi di realizzazione.

 

Invece nel mondo è così estesa la fabbrica dell’infelicità che viene il sospetto che l’handicap più grave non lo portiamo noi autistici.

 

 

 

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