N.05
Settembre /Ottobre 2009

Mi ha voluta corpo e anima… adesso danzo per lui!

Camminare verso la libertà

Vorrei cominciare con una frase di San Paolo che si trova nella Prima Lettera ai Corinzi (v. 19): «Dovete sapere che voi stessi siete il tempio dello Spirito Santo. Dio ve lo ha dato, ed egli è in voi. Voi quindi non appartenete più a voi stessi».

No, non ne ero consapevole quando all’età di 20 anni strumen­talizzai il mio corpo per attirare su di me l’attenzione di molti. Fino a quel momento vivevo un forte disagio famigliare e la mia affettività era segnata dalla solitudine di carezze e di educazione al senso della vita e di come viverla. Avevo un forte bisogno di sentirmi amata!

In preda a questo vuoto interiore incominciai ad utilizzare il mio corpo come mezzo di seduzione e di piacere. La mia bellezza fisica, il mio sapermi muovere a ritmo di musica erano armi a doppio taglio: potevo accaparrare qualche sguardo e avere l’attrattiva di quell’istante, di quella notte… tempi troppo brevi per la conoscenza dell’altro.

Non sapevo cosa voleva significare la mia esistenza e tutto anda­va bene purché stessi lontana da casa, dalla famiglia ormai sfasciata da tempo, da tutto quello che mi poteva far sentire il sapore di nor­male, quotidiano, noioso… lontano da me stessa, lontana dagli altri ridotti ormai ad esseri posseduti, da Dio che mi risultava indifferen­te. Il mio motto era: cogli l’attimo e vivilo! Non importava lo scotto da pagare di un corpo, il mio, ormai venduto per un amore sempre sognato, rincorso, rubato.

Ma l’amore non si possiede, non si ruba, può essere sognato: quanto l’ho sognato, nascosta negli scorci di alcune strade del mio quartiere a piangere il dolore della mia solitudine, di notte, stordita di luci, musica, balli, alcool… triste, sporca e vuota.

Proprio dove tutto nella notte mi affascinava, proprio in quella Notte di una Vigilia di Natale, una Luce dolce e umile entrava nel giardino del mio cuore, proprio nel fiore della mia giovinezza.

Io però ero vecchia dentro, ricca dei soldi che guadagnavo come cubista dei club notturni, dal mio lavoro di ballerina di Tv, teatro, concerti.

Ma quel calore che vibrava in tutto il mio essere quando en­travo la domenica in chiesa per partecipare alla Santa Messa era imprevedibile e incalcolabile. Era un Fuoco che lentamente bruciava quello che velava la verità del mio corpo, del quale invece andavo scoprendo l’unicità, la santità e la bontà; era Acqua viva e pura che solcava il mio viso di lacrime di guarigione; era una Spada che en­trava per tagliare le menzogne che tenevano in schiavitù il mio cor­po; era Gesù Cristo, che come Medico cambiava il mio cuore di pietra in un cuore di carne.

Come potevo continuare la mia danza del basso ventre, come potevo continuare ad esibire il mio corpo senza allontanarmi da Dio? Lui era il mio Tesoro, il resto perdeva di splendore e lo spetta­colo, con tutte le sue grandi luci, non mi diceva più niente.

Grazie all’intervento di un sacerdote capivo che non dovevo buttare via l’arte, ma che potevo metterla al servizio del Creatore. All’inizio mi colpiva tanto la castità, ma non la vita religiosa. Mi ero innamorata di Gesù e potevo seguirlo in modo radicale anche in una famiglia, purché lui ne rimanesse il centro. Ma ci stavo un po’ stretta, il mio essere era attratto dal donare tutto a Dio come sacri­ficio vivente di lode, di gioia e di gloria a lui.

Il cammino è stato duro e sofferente. Lasciai tutto, anche l’inse­gnamento nelle scuole di danza. Volevo capire che cosa fare. An­davo dicendo a Dio che quando lui avrebbe voluto, se lo avesse voluto, avrei danzato ancora, ma per lui!

Lo Spirito Santo venne in mio aiuto per illuminare il mio cuo­re attraverso la conoscenza di suorine simpatiche, allegre, giovani, umane. Entrai dalle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth e da quel giorno non faccio altro che danzare.

Ora che sono “sua”, danzo la gioia di sentirmi figlia di un Padre che ha ricolmato il mio cuore di Amore dolce. Vivo il mio corpo con riverenza e purezza con la consapevolezza di essere dono d’Amore per i fratelli e le sorelle.

Ora posso Amare perché mi lascio Amare, se pur con fatica in alcuni momenti. Danzo quel Signore che mi ha ridonato la mia vera identità e quando danzo mi sento così libera e così ricolma di gioia intima da toccare il cielo, non con un dito, ma con tutto il corpo.

Danzo lo stupore dell’Amicizia; danzo il miracolo di vivere in­sieme in comunità; danzo la libertà di essere quella che sono dove sono, nel mondo; danzo insieme con coloro che il corpo non sanno dove l’hanno riposto, senza rendersi conto di essere il loro corpo.

Danzo la Parola tra giovani desiderosi di autenticità; danzo la Via, la Verità e la Vita.