N.05
Settembre /Ottobre 2009

Preghiera per le vocazioni in una comunità parrocchiale

L’esperienza non ha nulla di straordinario. Non è nata a ta­volino, si è sviluppata lungo il cammino con attenzione alle domande e alle esigenze della comunità.

Don Dino mi ha chiamata a guidare l’ora di adorazione che si svolgeva nella sua parrocchia.

Io venivo, e vengo tuttora, da un’esperienza di molti anni con i gruppi giovanili.

Siccome non sapevo bene come muovermi con il gruppetto di adulti che tre anni fa frequentava l’adorazione, non ho fatto al­tro che mettermi accanto a loro, ripercorrendo, almeno per i primi mesi, lo schema che loro utilizzavano per la loro preghiera. Facevo fatica a passare dallo stile giovanile a quello adulto.

La prima domanda che mi sono fatta: riusciranno davvero a pre­gare, questi adulti, con tutte queste parole bellissime, che corrono il rischio di passare come l’acqua sopra la pietra, senza lasciare traccia?

La seconda domanda, oltre a queste persone adulte ed anziane non sarebbe bello che intervenissero dei giovani? Ma con quale sti­le, con quale modalità, per non disturbare la suscettibilità di coloro che, con tanta buona volontà, già avevano iniziato a pregare per le vocazioni?

Ne parlammo con don Dino che non fece fatica ad accogliere le novità.

La prima è stata quella di un breve commento alla Parola di Dio accompagnandola con alcuni segni che venissero a confermare quanto la Parola poteva suggerire.

Il discorso dei segni trovò qualche resistenza, rimase allora lo spa­zio per fare una lectio più strutturata, soprattutto più approfondita.

Uno stile di preghiera semplicissimo:

un canto guida e poi l’accoglienza che introduceva al tema dell’adorazione, attraverso una presentazione visualizzata;

un canto meditativo per accompagnare l’esposizione del Santis­simo;

il salmo introduttivo alla Parola;

la lectio con un taglio antropologico-spirituale con questi obietti­vi: suscitare il desiderio di Dio, entrare in profondità dentro la Parola per coglierne il significato profondo. “Dio è nelle tue radici geneti­che, la verità della tua vita, la risposta alle tue domande si senso…”.

È lo stesso Gesù che incontravamo nella preghiera silenziosa e nella Parola che ci veniva spezzata come pane.

Cambiammo i canti, chiamammo alcuni giovani perché ani­massero, don Dino invitò le catechiste e i genitori dei cresimandi a partecipare, funzionò la reazione a catena tra i giovani e i meno giovani, non solo della parrocchia, ma anche di alcune chiese vicine e in poco tempo lo spazio della piccola cappella non fu più in grado di contenere le persone, tanto che si rese necessario aprire il salone vicino.

Mosé, Geremia, Pietro… ci accompagnavano, anno dopo anno, nel nostro cammino di riflessione e di preghiera, figure che culmi­nano con una tematica più generale, in cui si fanno emergere “le domande di Dio all’uomo”.

La Bibbia spesso presenta Dio come Colui che interpella, che stimola alla libertà e alla scelta, chiamando alla responsabilità. Un Dio che non solo fa domande, ma ascolta le risposte. Adamo dove sei? Dov’è Abele tuo fratello? Come ti chiami? Che cercate? Come potrei abbandonarti?

Le figure bibliche citate già si prestano – direttamente ed indi­rettamente – ad entrare nel tema vocazionale. Le domande che Dio pone all’uomo, oltre a farlo sentire interessante agli occhi di Dio, hanno valore proprio perché invitano, in maniera sempre più ap­profondità, alla ricerca, all’attesa, al cammino, alla sosta, al deside­rio di Colui che interpella.

Dopo la Parola alcuni attimi di silenzio e di interiorizzazione.

Un silenzio, almeno all’inizio un po’ movimentato, fogli e per­sone che si muovevano e aspettavano l’incalzare con altre parole.

Terza tappa del cammino: decidemmo di introdurre un minimo di metodo per aiutare la gente a pregare e a fare silenzio, perché troppe volte diamo per scontato che le persone sappiano pregare.

PAROLA

PENSIERO

SENTIMENTO

SPINTA

PAROLA: fai emergere la parola chiave. Quella che questa sera è risuonata di più dentro il tuo cuore.

PENSIERO: quale pensiero è nato in te, nel momento in cui sen­tivi risuonare questa Parola.

SENTIMENTO: abbi il coraggio di chiamare per nome quello che provi. Non sempre la Parola ti dà pace, a volte scombussola la tua vita, ti destabilizza, perché forse stai camminando su una strada che non è quella della verità. Oppure la Parola può suscitare in te sen­timenti di pace e di gioia.

LA SPINTA: in quale direzione ti invita questa Parola? Mettiti in ascolto dello Spirito che prega in te e rimani, nel silenzio e nella preghiera, attento ai suoi inviti, per camminare verso la verità della tua vita.

A poco a poco avvertimmo che il clima stava cambiando, il si­lenzio si faceva pregnante di Parola. Sulla scheda venivano aggiunti alcuni spunti che la Parola aveva suggerito, per aiutare coloro che per la prima volta partecipavano all’adorazione.

In alcune occasioni, nella Parrocchia di Santa Margherita, si crea­no ancora i momenti di ascolto. Più volte, proprio in questi momen­ti, tornano i contenuti delle lectio, ripercorsi attraverso queste brevi annotazioni.

I frutti? Sono nel cuore di ciascuno.

Vorremmo qui riportare le testimonianze di due ragazze che hanno condiviso questa esperienza.

 

Testimonianza di Anna

«L’adorazione mensile è un’occasione per fermare il tempo che corre tra mille impegni. È uno spazio per riflettere su di me e sulla mia vita.

Il confronto con la Parola, mettermi in ascolto del Padre, mi aiuta a ritrovare lo slancio, a rafforzare la speranza, ad alzare lo sguardo per vedere al di là delle cose: è come una sosta che mi consente ogni volta di ripartire.

Mi capita spesso di portare con me le fatiche… (purtroppo in questi anni più spesso le fatiche dei “grazie”…), ma poi torno a casa con la gratitudine ritrovata: vado all’adorazione come “donna della croce” e ritorno a casa “donna della risurrezione”. Non lo dico con presunzione, ma con la gioia che ogni volta recupero attraverso questa esperienza.

Meditare la Parola, che è viva, attraverso la domanda di fondo: cosa dice a me? Ovvero, cosa di Geremia, di Mosè, di Marta, di Pie­tro, di Zaccheo… c’è in me? Suscita altre domande, crea un dialogo diretto con Gesù e con Dio Padre.

Il metodo mi aiuta a mobilitare i sentimenti e mi conduce oltre il pensiero: per impregnare di Dio la concretezza della mia vita.

Interiormente sento rafforzarsi la presenza dello Spirito, che preghiamo e che prega in noi. È come avere una nuova pagina bianca da riempire e torno a casa con il desiderio, la spinta per riprendere a scrivere le mie giornate con fiducia, con pazienza, con la pace nel cuore per vivere in pienezza la mia vocazione di moglie e di madre».

 

Testimonianza di Chiara

«Mi convince il biglietto da visita di questi incontri: la Parola.

È lo stesso che ci accompagnerà per tutto l’anno con tonalità di­verse, tra sassi sparsi qua e là, colline e vette da conquistare.

Il cardine di queste adorazioni si propone con le vesti di Mosè, un uomo come noi, con i suoi limiti, con la sua voglia di tirarsi in­dietro: «Perché, Signore, scegli proprio me? Prendi uno migliore… Non lo vedi che non sono capace?».

Quante volte ho pensato e penso in questi termini! Quante volte mi sono tirata indietro, senza mettermi in gioco… tante!

Ahi, ahi… scopro che anche lui, Mosé, l’uomo di Dio, scelto per salvare un intero popolo, non è meno timoroso di me. Qualcosa non mi torna o forse non l’ho mai capita. Il cammino suo, come il mio, è impregnato di tanti “faraoni”, di un cielo che, nei momenti più difficili, si mostra apparentemente silenzioso.

Le cose grandi nella vita avvengono quando supero le paure dei miei limiti, lasciandomi andare tra le braccia di Colui che sto adorando, vince solo chi ha coraggio!

Mosè, meditazione dopo meditazione, mi parla e mi mostra la sua e la mia debolezza…

La Parola mi mette davanti ad uno specchio… vattene! Un colpo netto e deciso. Devo farlo. Via da un’esistenza piatta e insignifican­te, via quando tutti restano non per scelta ma per comodità. Verso dove?

Signore parla… voglio ascoltarti!».