Voci autentiche di libertà e di responsabilità
«I vostri figli non sono i vostri figli. Essi non vengono da voi, ma attraverso di voi.
E non vi appartengono benché viviate insieme. Voi siete gli archi da cui i vostri figli, le vostre frecce vive, sono scoccati lontano.
L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero infinito, e con la forza vi tende, affinché le sue frecce vadano rapide e lontane».
(Da Il Profeta di K. Gibran Kahlil)
Credo che le intense e profonde parole che il poeta libanese Gibran rivolge ai genitori, nel loro rapporto con i figli e con le scelte dei figli, siano un modo particolarmente significativo per introdurre questo numero di «Vocazioni» che riporta integralmente gli Atti del XXVI Seminario di formazione alla direzione spirituale, che si è tenuto a Loreto dal 26 al 29 aprile 2011: Voce di Dio e voci dei genitori nell’accompagnamento spirituale.
Questo appuntamento post-pasquale ha sempre rappresentato un momento significativo nel cammino del CNV ed ogni anno si arricchisce di una perla nuova nell’attenzione alle problematiche che costellano il cammino della pastorale vocazionale oggi.
È stato un Seminario che per collocazione logistica e tematica si è dimostrato di una straordinaria attualità: lo abbiamo vissuto a Loreto, a due passi dalla Santa Casa, vicino a quel luogo santo dove la Tradizione ci ricorda i trent’anni di vita quotidiana trascorsi da Gesù, insieme a Maria e a Giuseppe, «mentre egli cresceva in età, sapienza e grazia».
La casa di Nazareth!
Essa ci ricorda il luogo di vita e di crescita semplice di Gesù, ma a quel piccolo paese della Galilea la gente del tempo guardava con un certo sospetto e insieme con malcelata noncuranza: Nazareth…
«Cosa mai può venire di buono da Nazareth? Non è costui il figlio di Giuseppe il carpentiere e di Maria?».
Quasi a dire: non può essere un personaggio importante questo Gesù; uno che non ha nobile discendenza e pedigree importante, che ha vissuto per trent’anni una vita di assoluta quotidianità, sottomesso a Maria e Giuseppe, come Luca si premura di annotare.
Eppure, sempre più mi convinco che la Pastorale Vocazionale, e con essa la riscoperta del ministero della consolazione nell’accompagnamento e nella direzione spirituale, non fanno parte della logica delle cose straordinarie e dei grandi eventi; per essere efficaci, debbono camminare lungo i sentieri della quotidianità, della ferialità, della non straordinarietà.
Solo così essa può diventare quel “cammino accanto” che è in grado di incidere in maniera pacata e dolce nel riportare i nostri giovani «dolcemente dentro a se stessi» – come diceva con acuta introspezione
- de Saint Exupèry – e insieme di giungere a momenti di scelte significative, sorretti da due semplici parole che Gesù ripete incessantemente nel Vangelo. Esse non rappresentano una formula magica alla Harry Potter, ma piuttosto la certezza che la nostra vita, abbandonata in Lui, è capace di osare e di “volare alto”, prendendo i rischi di lasciare la sicurezza del ramo e del nido, solcando le traiettorie infinite dei cieli azzurri.
Le due parole a cui dobbiamo tenere rivolti gli occhi e il cuore sono: «Non temere!».
Ed è sempre a Nazareth che Gesù rimanda i suoi discepoli, dopo la Risurrezione, nei racconti delle apparizioni e nel mandato delle donne, quasi a tornare alle origini della sua esperienza e a quella umiltà che è il vero humus fecondo e semplice che la contraddistingue.
Ascoltando e rileggendo ora i vari interventi che hanno scandito il nostro Seminario, abbiamo cercato di creare un focus particolare e mirato sul senso straordinario che le voci dei genitori possono avere – o potrebbero avere! –, se troppo spesso non abdicassero al compito loro affidato, in nome di altre agenzie educatrici, soprattutto quelle mediatiche sempre così invasive e straripanti.
Vorremmo continuare a far tesoro di quegli input, anche alla luce degli Orientamenti Pastorali Educare alla vita buona del Vangelo, per dare vita ad una “sacra alleanza” con i genitori; per aiutarli a riscoprire la loro esperienza vocazionale di coppia e insieme per divenire, senza remore, senza timori e senza ulteriori tentennamenti, il grembo fecondo della educazione alle scelte dei loro figli.
Essi sono gli Arcieri che vedono il bersaglio sul sentiero infinito e scoccano le frecce delle vite dei propri figli affinché vadano rapide e lontane, ma soprattutto libere…
Libere dai condizionamenti delle aspettative sempre in agguato.
Libere dalle paure che un eccessivo iperprotezionismo può creare.
Libere di “volare alte” e non zavorrate dal peso di troppe ansie o troppi “fai da te”.
Com’è affettuosa la memoria che Paolo rende in maniera vivida per Timoteo, ricordando la bellezza della sua famiglia: lì regnava una fede schietta, segnata certamente dal coraggio della parresìa, che trovò nella nonna Lòide e nella mamma Eunìce delle testimoni luminose, a cui spesso si appella Papa Benedetto XVI.
È un richiamo incisivo e forte per superare l’amnesia delle nostre radici di vita, per recuperare le trame della nostra storia relazionale, così importante e decisiva per ogni futura scelta di vita, «da custodire come un bene prezioso che ci è stato affidato».
Vorrei ancora affidarmi ad un’altra splendida perla di saggezza che ritroviamo in Gibran:
«Ho conosciuto il mare, meditando su una goccia di rugiada».
Che il nostro cammino sia costellato di tante piccole e preziose gocce di rugiada, che si depongono con i riflessi e le sfaccettature di un diamante prezioso, sullo splendido giardino di rose a cui ci rimanda il quadro di Paul Klee riportato nella cover e insieme ci immergono nell’infinito mare della vita e di Dio.