N.03
Maggio/Giugno 2015

Still Alice

Regia e sceneggiatura: Richard Glatzer, Wash Westmoreland
Soggetto: Lisa Genova
Fotografia: Denis Lenoir
Musiche: Ilan Eshkeri
Scenografia: Tommaso Ortino
Interpreti: Julianne Moore (dottoressa AliceHowland), Kristen Stewart (Lydia), Kate Bosworth (Anna), Alec Baldwin (John), Hunter Parrish (Tom)
Distribuzione: Good Films
Durata: 99’
Origine: USA, 2014

Il film è l’adattamento cinematografico del romanzo Perdersi (2007), della neuroscienziata Lisa Genova, pubblicato in Italia da Piemme. È stato presentato in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival l’8 settembre 2014 ed ha partecipato in concorso al Festival internazionale del film di Roma (17 ottobre 2014).

La vicenda – Alice Howland è una famosa professoressa di linguistica che insegna alla Columbia University e che tiene brillanti conferenze in tutto il Paese. Alice è sposata con John, un medico apprezzato, e ha tre figli: Anna, laureata in legge, sposata con Charlie e desiderosa di avere figli (per cui si sottopone all’inseminazione artificiale), Tom, che sta per laurearsi in medicina, e Lydia, la più ribelle, che non ha voluto andare al college e vuole tentare la carriera di attrice teatrale. A soli cinquant’anni Alice si accorge di essere affetta da una precoce e rara forma di Alzheimer, che la porta gradualmente e rapidamente a perdere la memoria e la stessa capacità di parlare. Tutto il mondo le crolla addosso e anche i familiari poco alla volta si distaccano da lei. Ma sarà proprio Lydia che la accompagnerà con amore verso il suo nuovo stato, dando così dignità ad una vita che, nonostante tutto, è pur sempre una vita umana che dev’essere rispettata ed amata.

Il racconto – a struttura del film è lineare con l’inserimento di alcuni flashback che si riferiscono ad alcuni momenti della vita della protagonista: sono soprattutto ricordi di famiglia, momenti lieti e significativi, che poco alla volta vanno scomparendo dalla sua memoria e ai quali la donna cerca di aggrapparsi con tutte le sue forze.
All’interno dei vari blocchi narrativi vanno delineandosi due grossi filoni strutturali. Il primo, che è il più evidente ed è alla base di tutta la narrazione, si riferisce alle varie tappe che caratterizzano il sorgere e lo sviluppo della terribile malattia; il secondo, meno appariscente ma decisivo ai fini della tematica, mette in risalto i vari atteggiamenti e le diverse reazioni delle persone, a partire dai membri della famiglia, nei confronti della protagonista nel suo cammino verso un “perdersi” drammatico e inarrestabile.

L’introduzione del film mostra la festa di compleanno di Alice. La donna compie cinquant’anni ed è circondata dai familiari. Particolare importante: manca Lydia, che vive a Los Angeles, impegnata nella recitazione in una serie televisiva, di cui si parla con non troppo entusiasmo (come si vedrà, viene un po’ considerata “la pecora nera” della famiglia per il suo rifiuto di andare al college). È un momento di grande gioia e di felicità e John fa un brindisi: «Alla più bella e alla più intelligente delle donne che abbia mai conosciuto in tutta la mia vita». C’è soltanto un piccolo particolare a cui nessuno sembra fare caso: quando si parla del rapporto tra le due sorelle (Anna e Lydia), Alice fraintende, pensando a sua sorella (morta con la madre in un incidente d’auto). 

Prima parte
Alice si trova a Los Angeles per tenere un’importante conferenza sulla “parola nell’acquisizione del linguaggio”. Nel bel mezzo del discorso la donna improvvisamente si blocca, dimentica una parola, e ci mette un po’ di tempo per riprendersi, anche se, brillantemente, se la cava attribuendo la cosa ad un bicchiere di champagne che aveva bevuto.
Alice è un po’ preoccupata, ma non più di tanto. Ne approfitta per andare a trovare Lydia, con la quale nasce subito un piccolo diverbio.
Alice invita la figlia a riconsiderare le sue scelte: «Hai tante capacità: potresti fare molto di più nella tua vita». Lydia ribadisce la sua decisione di tentare la strada della recitazione («Io così sono felice») e accusa la madre di voler fare le sue scelte. Per non litigare Alice desiste e viene a sapere che John finanzia la compagnia teatrale della figlia.
Ritornata a casa, Alice va a fare jogging nel campus universitario.
Improvvisamente tutto intorno a lei diventa sfocato. Le immagini, con una panoramica avvolgente, mettono in risalto lo smarrimento della donna che non capisce più dove si trova e viene assalita dall’angoscia. Quando si riprende e torna a casa dal marito, Alice non fa cenno di quanto le è capitato e si limita a rimproverare John di non averle detto che finanziava il gruppo teatrale di Lydia. Lui dice di avergliene parlato: probabilmente si tratta di qualcosa che la donna ha dimenticato.
Alice si reca da un neurologo e gli spiega quanto le sta capitando; il suo terrore è di avere un tumore al cervello. Il medico, dopo averle fatto varie domande e aver messo alla prova la sua memoria, le ordina una risonanza magnetica: «Capiremo come stanno le cose là dentro». Poi le suggerisce di fare esercizio fisico per migliorare la circolazione del sangue e di curare l’idratazione che è fondamentale per la memoria.
A Natale la famiglia si riunisce per festeggiare. C’è anche Lydia e c’è la fidanzata di Tom, Jenny. Alice dimostra di essere imbarazzata in cucina e poi si presenta a Jenny, cosa che aveva già fatto in precedenza e di cui evidentemente si era dimentica. Tutti brindano al Natale.
Il neurologo esclude ogni tipo di malattia cerebro-vascolare, ma avanza un’ipotesi: «Quello che mi preoccupa sono i test per la memoria che le ho fatto fare. Ha degli sporadici peggioramenti delle prestazioni che sono assolutamente sproporzionati alla sua età. E ci sono evidenze di un declino nel livello delle sue funzioni mentali».
Poi le consiglia di fare una PET: «Voglio vedere se i risultati sono compatibili con il morbo di Alzheimer. Sarebbe insolito per una persona giovane come lei, ma in effetti presenta molti sintomi».
Finalmente Alice, che finora ha cercato di gestire la cosa da sola, si decide a rivelarla a John. Durante una notte caratterizzata dall’insonnia, la donna sveglia il marito: «Ho scoperto che c’è qualcosa che non va in me… la sensazione è che il mio cervello stia morendo, e che tutto quello per cui ho lavorato per tutta la vita se ne stia andando». John è molto comprensivo ed affettuoso. La consola e l’abbraccia e il mattino seguente cerca di rassicurarla: «È troppo presto per arrivare a delle conclusioni. Comunque vada, io sono qui». 

Seconda parte
Alice e John si recano insieme dal neurologo, che avanza un’ipotesi inquietante: «Cerchiamo di verificare se ci sono mutazioni del gene. Questo sarebbe un indicatore di un morbo di Alzheimer ereditario che in effetti è una forma piuttosto rara». John comincia a manifestare segni di nervosismo e di preoccupazione. A questo punto è necessario avvisare i figli, perché la cosa potrebbe riguardare anche loro. Anna si mette a piangere; Lydia dice che aveva notato un paio di cose che l’avevano insospettita. Sta a loro, adesso, decidere se fare l’esame. Più tardi si verrà a sapere che Anna è risultata positiva. Tom, invece, è negativo e Lydia non ha voluto sapere. Anna, che deve fare l’inseminazione, si preoccupa di fare controllare gli embrioni, in modo da essere sicura che il bambino sarà sano.
Gli effetti della terribile malattia superano ben presto l’ambito familiare e investono inevitabilmente quello professionale. Alice, di fronte alle critiche che incominciano ad arrivare sul suo insegnamento da parte degli studenti, è costretta, inizialmente, ad ammettere di fronte al preside della Facoltà di essere vittima di «una blanda menomazione cognitiva»; ma poi deve confessare tutto con grande sofferenza: «Mi dispiace talmente tanto!». Naturalmente ciò le costerà la sospensione dall’insegnamento rendendo la sua vita ancora più drammatica. Alice deve subire un’altra umiliazione quando, dopo essersi attardata in giro per la città per fare jogging e per andare nella sua solita gelateria, viene rimproverata dal marito per aver rovinato una serata già programmata. La donna tenta di giustificarsi («Ho l’Alzheimer»). Poi crolla psicologicamente: «Vorrei avere il cancro… non proverei tutta questa vergogna».
Oltre a mettersi continuamene alla prova ponendosi delle domande con il suo cellulare, la protagonista incomincia a pensare anche al suo futuro. Prima va a visitare una clinica dove vengono ospitate persone con il suo stesso male (prevalentemente donne, ma anche qualche uomo). Poi prende una decisione radicale: si lascia un videomessaggio nel suo computer con le indicazioni da seguire quando non sarà più in grado di rispondere a certe domande.
Secondo lei la decisione più logica è quella di farla finita inghiottendo un intero flacone di pillole appositamente preparato. Poi mette il messaggio in una “cartella” con il nome (che, come si vedrà, è molto significativo) «Butterfly» (= farfalla). Si vede anche che la donna si è messa al polso un braccialetto con la scritta: «Deficit di memoria». 

Terza parte – È giunta l’estate ed Alice si trova con il marito su un’isola per trascorrere le vacanze. È un momento di serenità e di pace in riva al mare (sottolineato anche da una canzone extradiegetica). I due rievocano i momenti più significativi della loro vita: le cose tristi (come la morte della madre e della sorella di Alice), ma anche i bei momenti trascorsi insieme in pienezza di vita. Alice, che ora è libera all’Università, chiede al marito di prendersi un anno sabbatico:
«Questo potrebbe essere l’ultimo anno in cui sono me stessa». Ma John dice di non poterselo permettere. Poi, inaspettatamente, un altro episodio spiacevole: Alice si perde in casa, non riesce a trovare il bagno e si fa la pipì addosso. John dimostra comprensione e affetto.
Quando John parte per un congresso, arriva Lydia a fare compagnia alla madre. Durante una conversazione con la figlia, emerge l’importanza di quella collana, che Alice ha ricevuto in dono dalla madre, con appesa l’immagine di una farfalla. Alice racconta: «In seconda elementare la maestra mi disse che le farfalle non vivono a lungo. Vivono un mese o giù di lì. Rimasi sconvolta. Quando tornai a casa lo dissi a mia madre. Mi rispose: “Sì, però, sai, hanno una vita bella, anzi hanno una vita molto, molto bella”. E questo mi fa pensare alla vita di mia madre e a quella di mia sorella e, in una certa qual misura, anche alla mia». Poi Alice ritorna sul vecchio argomento, cercando di convincere Lydia a farsi una posizione: «Io credo in te. Ma, vedi, la vita è dura; la vita è più dura di quanto tu non creda. Ecco, vorrei che tu trovassi qualche sicurezza prima che me ne vada». Ma Lydia sembra essere sorda all’invito della madre: «Non puoi farti forte di questa tua situazione per obbligarmi».
Il rapporto con Lydia, nonostante la divergenza delle opinioni, diventa sempre più intenso e profondo. Dopo averla rimproverata per aver letto il suo diario, Lydia si scusa con la madre e si interessa alla sua situazione, con sincerità e partecipazione. Ma le cose continuano a peggiorare. Dopo aver assistito ad una rappresentazione teatrale di Lydia, Alice si complimenta con lei, senza riconoscere che è sua figlia.
C’è poi il momento, particolarmente significativo, in cui Alice tiene un discorso per l’Associazione malati di Alzheimer. Vale la pena riportare alcuni passaggi di tale discorso perché entrano direttamente nella tematica del film. Alice parte presentandosi: «Sono una persona che convive con un esordio precoce dell’Alzheimer.
E in quanto tale mi trovo ad apprendere l’arte del perdere ogni giorno. Perdo l’orientamento, perdo degli oggetti, perdo il sonno».
Poi continua: «Tutto quello che ho accumulato nella vita, tutto quello per cui ho lavorato con tanto impegno, ora, inesorabilmente, mi viene strappato via. Come potete immaginare, o anche come sapete, questo è atroce. Ma c’è ancora di peggio. Chi ci può più prendere sul serio quando siamo così distanti da quello che eravamo? Il nostro strano comportamento e il nostro parlare incespicante cambia la percezione che gli altri hanno di noi e la nostra percezione di noi stessi. Noi diventiamo ridicoli, incapaci. Ma non è questo che noi siamo. Questa è la nostra malattia». Poi conclude: «Me la prendo con me stessa perché non riesco a ricordare le cose, ma ho ancora dei momenti nella giornata di pura allegria, di gioia. E, vi prego, non pensate che io stia solo soffrendo. Se pure sto soffrendo, io mi sto battendo. Sto lottando per restare parte della vita, per restare in contatto con quello che ero una volta. Così, “Vivi il momento”, è quello che mi dico». In altre parole Alice sta dicendo che, nonostante tutto, lei è ancora se stessa, è ancora Alice, come dice il titolo del film.
Quando John riceve un nuovo incarico e deve trasferirsi in Minnesota, Alice lo implora: «Non vuoi stare un anno a casa con me a vedere cosa succede?». Ma il marito decide di seguire la propria carriera. Alice riconosce sempre meno le persone, ma in lei continuano ad affiorare dei ricordi; ricordi che «sono importanti per essere se stessa».
Nel frattempo Anna dà alla luce due gemelli ed Alice ha l’occasione di ricordare e di riprovare la gioia di tenere tra le braccia una giovane vita. Le cose peggiorano sempre più e la protagonista trova sul computer quel videomessaggio che conteneva le parole: «La tua vita non è stata una tragedia. Hai avuto una vita notevolissima; uno splendido matrimonio e tre magnifici figli…». Cerca di mettere in atto il piano che aveva preparato, ma l’arrivo della badante glielo impedisce.
John sta per partire per la sua nuova avventura professionale, ma arriva Lydia, a cui le cose non sono andate bene, per prendere il suo posto. L’uomo si rende conto della propria scelta egoistica, e, con commozione, dice alla figlia: «Sei un “uomo” migliore di me».
Lydia si limita a rispondere: «Papà, ci sto io con lei».
È molto significativo che all’inizio, accanto ad Alice che festeggiava il proprio compleanno, ci fossero tutti i membri della famiglia ad eccezione di Lydia; mentre alla fine, quando le cose volgono al peggio, ci sia solo Lydia, questa ragazza ribelle e anticonformista che però compie un gesto d’amore che gli altri non sono capaci di fare.
Ora Lydia è accanto alla madre e le legge il brano di un testo in cui si parla di anime che salgono verso il cielo: «Salivano fluttuando come paracadutisti al contrario». E conclude: «Perché niente è perso per sempre». Poi guarda la madre negli occhi e le chiede: «Quello che ti ho appena letto ti è piaciuto? Sai di cosa parlava?». Alice, fissando la figlia, è solo capace di dire la parola «amore». E Lydia conclude: «Sì, mamma. È vero, parlava di amore». L’ultima immagine è un flashback, il ricordo di un momento bello della vita di questa donna. Ricordo che è segno che Alice è ancora viva. Che è ancora Alice (come viene sottolineato dal titolo del film che appare subito dopo).

Significazione – Nasce dall’incontro dei due filoni strutturali cui si è accennato: quello della malattia e quello degli atteggiamenti delle persone. Ciò che succede ad Alice è una cosa terribile ed è segno della sua fragilità. Ma fa parte della sua vita, una vita che è stata «notevolissima», una vita ricca e felice. Una vita che continua nella misura in cui la donna è ancora in grado di ricordare (in altre parole Alice non è un vegetale, ma è ancora se stessa, seppur in modo diverso a causa della malattia) e nella misura in cui viene riconosciuta tale da parte di chi le sta accanto con amore. Ed inoltre è una vita che non andrà persa per sempre.

 Idea centrale – Il personaggio di Alice è chiaramente universalizzabile e diventa emblematico della vita delle persone: la vita umana è caratterizzata dalla fragilità, ma possiede un valore inestimabile, in quanto è una vita ricca e dignitosa. Nonostante le malattie e le menomazioni, nonostante le apparenze, resta pur sempre una vita umana, una vita destinata a non “perdersi” definitivamente. Va pertanto considerata, rispettata ed amata.