N.04
Luglio/Agosto 2015

Mia Madre

Regia: Nanni Moretti
Soggetto: Chiara Valerio, Valia Santella, Nanni Moretti
Sceneggiatura: Nanni Moretti, Francesco Piccolo, Valia Santella
Interpreti: Margherita Buy, John Turturro, Giulia Lazzarini, Nanni Moretti, Stefano Abbati, Beatrice Mancini, Enrico Ianniello, Anna Bellato, Toni Laudadio, Pietro Ragusa, Tatiana Lepore, Lorenzo Gioielli
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 106’
Origine: Italia, 2015

Il tema della morte era già stato affrontato da Nanni Moretti ne La stanza del figlio (Palma d’Oro a Cannes nel 2000), ma in quel film l’autore faceva una riflessione sull’esistenza umana – segnata inevitabilmente dal dolore – dall’esterno, come considerazione di tipo filosofico; mentre in quest’ultima opera si capisce, già dal titolo, che l’elemento autobiografico è di primaria importanza. Mentre girava Habemus Papam, infatti, Moretti ha perso la madre e ha vissuto sulla propria pelle la sofferenza provocata dal distacco da una persona cara. Tuttavia il discorso del regista cerca di raggiungere un certo livello di universalità, grazie anche alla “mediazione” di una protagonista femminile che permette di evitare il discorso in prima persona.

La vicenda – Margherita è una regista di successo. Sta girando un film sulla crisi economica italiana che le procura un sacco di problemi, anche per l’ingombrante presenza di un attore italo-americano eccentrico e bizzoso. La donna sta vivendo un periodo particolarmente difficile. Oltre alle difficoltà che incontra sul piano professionale, deve barcamenarsi all’interno di una situazione familiare piuttosto complicata: è separata dal marito, Federico; ha una figlia adolescente, Livia, che frequenta malvolentieri il liceo classico; è in crisi con Vittorio, il suo amante. Ma soprattutto deve affrontare il problema della grave malattia della madre, Ada, e confrontarsi con il fratello Giovanni che si prende cura di lei con grande dedizione. Margherita è in piena crisi e il suo mondo interiore è affollato da incubi, ricordi, rimorsi che rendono la sua vita confusa e solitaria. Poco alla volta, però, prende coscienza dei propri errori e della propria inautenticità soprattutto sul piano dei rapporti personali. E trova nella madre, che sta morendo, un modello da imitare, una figura  luminosa che le può fornire una vera e propria lezione di vita.

Il racconto – La struttura del film è molto complessa e non sempre rigorosa dal punto di vista tematico: non tutto il materiale narrativo è in funzione tematica e che, talvolta, sembra rispondere più ad esigenze di tipo spettacolare. Si possono individuare tre grossi filoni strutturali: il primo è quello relativo al film in fieri, con tutti i problemi connessi; il secondo è quello della vita familiare ed affettiva, con il rapporto con la madre in primo piano; il terzo è costituito dai ricordi e dagli incubi che esprimono lo stato confusionale della protagonista, i suoi rimorsi, le sue paure, le incertezze. Dato che i tre filoni sono strettamente intrecciati e sono tutti in funzione della protagonista, è forse meglio procedere non analizzandoli separatamente, ma seguendo – secondo l’ordine cronologico – l’evoluzione di quest’ultima che “passa” attraverso tutti e tre. 

Prima parte – Il film inizia con una manifestazione di lavoratori che si scontrano con la polizia e che danno l’assalto ai cancelli di una fabbrica. Si capisce subito che si tratta di una scena del film che Margherita sta girando. La regista interviene per fermare l’azione e manifesta la sua insoddisfazione: si lamenta perché in certi momenti l’inquadratura era un po’ vuota («Con tutte le comparse che abbiamo!»), rimprovera l’operatore alla seconda macchina perché filmava gli scontri troppo da vicino cercando l’effetto spettacolare («A te piacciono le botte, a me no»). Poi decide di far ripetere la scena. Margherita si reca in una rosticceria per comperare del cibo da portare a sua madre, in ospedale. Durante la visita viene messo in rilievo l’atteggiamento affettuoso, ma anche distaccato, della protagonista nei confronti della donna. È significativo che lei si limiti a guardare sua madre, mentre nel letto di fronte un’altra figlia spalma con cura la crema sul braccio della sua, accarezzandola.
Così come è importante notare la differenza tra l’atteggiamento premuroso di Giovanni, che ha cucinato personalmente il cibo per la madre, e quello più sbrigativo di Margherita, che si è limitata a comperare qualcosa all’ultimo momento.
Poi assistiamo alla rottura del rapporto con Vittorio, l’amante, che è anche un attore del film. Anche qui si può notare una certa freddezza da parte della protagonista. Di fronte alle proteste dell’uomo che dice: «Potevi almeno aspettare che finisse il film», Margherita risponde: «È proprio per questo che c’è bisogno di una situazione più chiara. Dobbiamo stare tranquilli». Poi, di fronte alla richiesta di cenare ancora insieme, Margherita, con una certa crudeltà, osserva: «Vittorio, non hai un minimo di dignità». Parte un lungo sogno molto significativo. Margherita si trova davanti al cinema Capranichetta dove una lunga fila di persone è in  attesa di vedere Il cielo sopra Berlino. Tra queste c’è anche la madre. Poi incontra Giovanni che l’ammonisce: «Margherita, fai qualcosa di nuovo, di diverso. Dai, rompi almeno un tuo schema, uno su duecento. Non riesci ogni tanto a lasciarti andare, essere un po’ leggera?». Margherita vede anche se stessa da giovane mentre lascia il suo ragazzo. Le parole di quest’ultimo sono molto importanti in quanto rappresentano un’accusa nei confronti della donna che verranno, più o meno, ripetute verso la fine da Vittorio: «Le persone che ti vogliono bene ad un certo punto ti vengono a noia; non te ne importa più niente e le cancelli dalla tua vita. Ti difendi sempre, Margherita, vedi solo le cose brutte. Mi fai sentire ridicolo solo perché voglio stare con te. Perché mi tratti così?». Anche a lui Margherita risponde: «Giorgio, noi due ci siamo già lasciati. Dai, basta. Non hai un minimo di…». Dopo il risveglio Margherita vaga per la casa, pensierosa.
Ancora sul set. Margherita è nervosa e, quando viene a sapere che ci sono dei problemi per andare a prendere Barry (l’attore italo-americano che ha una parte importante nel film) all’aeroporto, sbotta: «Siete degli incapaci. Siete trenta persone, trenta incapaci. Ci vado io». Poi spiega ad un’attrice, che fa la parte di un’operaia, la sua concezione artistica (che verrà ripetuta anche in seguito): l’attore non deve scomparire davanti al personaggio, ma deve stargli accanto in modo che si possa vedere sia il personaggio, sia l’attore che l’interpreta.
Margherita va all’aeroporto a prendere Barry. Non ci soffermeremo molto sul comportamento di quest’ultimo, un attore vanesio che scherza in continuazione e che però non riesce a ricordare una battuta, mandando regolarmente in bestia la regista. Ai fini tematici, infatti, tale figura è importante solo in quanto mette in evidenza le difficoltà che Margherita incontra sul lavoro, con l’ansia e talvolta la disperazione che ne conseguono. Per il resto tale figura sembra avere più una funzione spettacolare e pesa decisamente troppo nell’economia del film, il cui significato, come già detto, nasce dall’evoluzione della protagonista, una donna in crisi che deve dividersi tra lavoro, famiglia e problemi personali.
Un momento molto importante è dato dal responso che la dottoressa dà ai due fratelli a proposito della madre. La situazione della donna è grave; il cuore è piuttosto malconcio: «Questa strada purtroppo va in una sola direzione e ho paura che non ci sia alcun modo di tornare indietro». Margherita fa fatica ad accettare la realtà e cerca di aggrapparsi a certi ragionamenti. Ma Giovanni, molto pacatamente e con affetto, le spiega quello che sta accadendo: «Margherita, mamma sta morendo».
Margherita incomincia a pensare alla madre in modo nuovo.
Si rende conto che il desiderio più grande di Ada è quello di averla lì, accanto a lei. Mentre mette una sua vestaglia nella lavatrice, non può non pensare a quella volta in cui l’aveva trattata male, quando era uscita in macchina con la patente scaduta e lei aveva reagito con violenza. Poi ha un incubo in cui vede la madre morta. Quando si risveglia da tale incubo s’accorge di avere la casa allagata e, disperatamente, cerca di raccogliere l’acqua. Poi la vediamo andare ad abitare nella casa della madre. 

Seconda parte – L’allagamento è chiaramente un pretesto narrativo che ha un risvolto tematico molto importante. Il fatto che Margherita vada a vivere nella casa di Ada diventa occasione per riscoprire la figura materna. È significativo che quando la protagonista entra nell’appartamento si sentano le note musicali che avevano accompagnato i titoli di testa. Inoltre Margherita si sofferma a guardare la scrivania, i libri, gli oggetti che si trovano in quella casa, segno di una vita dedicata all’insegnamento e alla cultura. E quando il rappresentante di una compagnia di energia elettrica le chiede una bolletta, Margherita si mette a cercarla dappertutto, anche nei cassetti della cucina, sempre più affannosamente e angosciosamente, rendendosi conto di non sapere nulla circa la vita della madre. E infatti, poco dopo, la vediamo sul set che gira a vuoto, come smarrita, seguita dalla troupe che aspetta invano le indicazioni da parte sua.
Il ritorno di Livia (che era stata con il padre in vacanza a sciare) è un’altra occasione per intensificare le relazioni. Con la figlia, ma anche con la madre, visto che Livia è molto affezionata alla nonna.
Durante una visita in ospedale Ada si lamenta: «Più invecchi e più pensano che tu sia scema. Invece capisci di più, perché pensi». Livia risponde con alcune parole che diventano una vera e propria chiave di lettura di tutto il film: «Lezioni di vita». E poco dopo, Margherita e Livia, che vivono entrambe a casa di Ada, scoprono dei dépliant di ristoranti etnici che probabilmente Ada frequentava: è un’altra occasione per conoscere meglio quella donna piena di sorprese e di risorse.
Nella lunga sequenza della conferenza stampa succede un po’ di tutto. Margherita incomincia a rispondere alle domande dei giornalisti che le chiedono se il suo film riuscirà a parlare alla coscienza del Paese. Poi si estrania ed emerge il suo mondo interiore fatto di dubbi, di ricordi, di confusione. La sua voce interiore si sovrappone alle domande che le vengono fatte: «Sì, certo, il compito del cinema. Ma perché continuo a ripetere le stesse cose da anni. Tutti pensano che io sia capace di capire quello che succede, di interpretare la realtà. Ma io non capisco più niente». I ricordi si accavallano: la madre che si rifiuta di andare in ospedale; i libri ben in ordine nella libreria di Ada; quel viaggio progettato con Vittorio. Fino a quell’implorazione molto significativa: «Mamma, mamma, aiutami!».
Quando si reca in ospedale e trova il letto della madre vuoto, si agita, la cerca disperatamente. Poi viene a sapere che ha avuto una crisi respiratoria e che è stata ricoverata in terapia intensiva. Qui trova Giovanni che le spiega che le hanno dovuto praticare una tracheotomia per farla respirare meglio. Ed ecco il ricordo di quando lei, da giovane, andava nel letto della madre e si coricava accanto a lei.
A casa della madre, i due fratelli scoprono altre cose che si riferiscono al loro passato (le toppe che Ada metteva in corrispondenza dei gomiti) e Giovanni rivela alla sorella di essersi messo in aspettativa. Anche lui è stanco, confuso, e non ce la fa a lavorare.
Il pensiero della madre diventa sempre più intenso. Durante una scena che sta dirigendo, Margherita, letteralmente si blocca e, con aria smarrita, chiede a Barry: «Lucrezio, Tacito: che ne sarà dopo di tutti quei libri? Ce n’è un’intera parete a casa di mia mamma.
Che fine faranno tutti quegli anni di studio, di lavoro. Tutte quelle ore, ogni giorno, ogni giorno. Io vado da lei, vado a trovarla, ma non so mai cosa fare, non so come aiutarla. Non riesco neanche a distrarla. Io sono solo un peso per lei».
La crisi di Margherita sul piano professionale raggiunge il suo apice quando, dopo un’ennesima scena andata male, la regista sbotta contro tutti, anche contro Barry, che non riesce a ricordarsi le battute e col quale nasce un feroce litigio: «Non ti ricordi una battuta, una sola battuta. Ci hai fatto perdere un sacco di tempo. Non ti sopporta più nessuno. Hai rotto le scatole a tutti».
Nel frattempo Margherita viene a sapere dalla madre che Livia è stata innamorata e che, pertanto, ha avuto un periodo di crisi. Per la prima volta vediamo Margherita che dorme in ospedale, accanto alla madre (naturalmente facendo i soliti incubi). Poi assistiamo alle dimissioni di Giovanni dal lavoro: l’uomo, che è confuso, non ce la fa più a lavorare e preferisce dedicare tutto il proprio tempo alla madre.
Margherita vaga per la città, di sera, per cercare una piazza adatta per girare una scena. Decide di telefonare a Vittorio per avere un po’ di compagnia. Ma questo incontro diventa determinante per l’evoluzione della protagonista. «Hai ripensato a noi due?», chiede l’uomo. Margherita risponde: «Vittorio, sto girando un film. Cosa vuoi da me? Tra noi purtroppo non è andata, basta!». Ed ecco che Vittorio le lancia un atto d’accusa, molto simile a quello che, nel ricordo, Giorgio aveva fatto alla protagonista da giovane: «A te non importa niente che tua figlia sia stata male. A te importa soltanto del fatto che lei non te l’aveva detto e che tu non te ne sia accorta… Tu credi di essere tanto attenta, ma pensi solo a te stessa. Tu non ti accorgi di niente. Non ti accorgi che le persone ti evitano? Ti prendono a piccole dosi perché non sono serene a stare con te. Non ti va mai bene niente, Margherita. Anche sul lavoro ti rovini sempre tutto e rovini tutto anche agli altri». E, di fronte alla donna che si giustifica: «Purtroppo questo è stato sempre il mio modo di lavorare», Vittorio la inchioda: «No, questo è il tuo modo di vivere, Margherita. Tu vivi così. E obblighi chi ti vuole bene a vivere così».

Terza parte – È un duro colpo per la protagonista. Ma è anche l’inizio di una presa di coscienza che avrà effetti positivi. Dopo tale incontro, infatti, le cose sembrano migliorare. Margherita incomincia ad avere un atteggiamento più attento e rispettoso nei confronti delle persone. Anche sul set le cose vanno meglio e Barry si confida e si riconcilia con lei («Non riconosco nessuno. Anche mio padre era così: è una malattia»).
Di fronte alla dottoressa che annuncia ai due fratelli che le cose stanno volgendo al peggio e chiede loro se intendono “prepararla”, Margherita reagisce con forza («Lasciamola vivere, no?»). Giovanni si abbatte («Non riesco a dire nient’altro. Non capisco più niente»), ma Margherita ha una bella idea: «Portiamola a casa, Giovanni. Se deve succedere, se deve morire, è meglio che sia a casa sua, no?»).
Il ritorno di Ada a casa diventa occasione per vivere con lei un rapporto più intimo ed affettuoso. Margherita guarda con tenerezza quella donna che ogni tanto straparla, ma che si presta a dare lezioni di latino a Livia. I due fratelli si prendono cura di lei (la poltrona reclinabile, la bombola d’ossigeno, l’infermiera, ecc.). Nel frattempo Margherita riceve conferma dal fratello che le accuse di Vittorio erano vere. Quando Ada sta per morire i due fratelli sono lì, accanto a lei, le tengono il braccio e l’assistono fino alla fine.
Poi, con grande serenità, scelgono i vestiti da metterle e vegliano i suo corpo. È un momento di grande unione familiare (anche Livia e suo padre partecipano). 

Epilogo – Durante la veglia funebre ci sono le testimonianze particolarmente importanti di due ex allievi di Ada. Un uomo afferma: «Ada è sempre stata un riferimento per me. Parlavamo di tutto: del lavoro, dei figli, di politica. È sempre stata così: disponibile ad ascoltarti. Faceva domande su tutto. Ti faceva sentire importante. No, per lei eri importante». E una donna, dopo aver ricordato una gita scolastica durante la quale Ada si era messa a ballare semplicemente e serenamente in mezzo ai suoi ragazzi, continua: «Non essere gelosa, Margherita, ma per molti di noi Ada è stata e resta ancora una mamma. Ci ha insegnato la vita ancora più delle altre materie. E ci è rimasta dentro». Margherita è commossa e comprende fino in fondo la “grandezza” della madre. Nell’ultima sequenza Margherita guarda con ammirazione e tocca quei libri tutti ben in ordine sulla scrivania. Sposta leggermente la sedia. Poi ha una visione. In ospedale lei chiede alla madre: «A che stai pensando?»; Ada risponde: «A domani». L’ultima immagine rappresenta la protagonista in primo piano, con gli occhi lucidi e l’espressione intensa e serena.

Significazione – Trascurando quei nuclei narrativi che hanno una funzione prevalentemente spettacolare (si veda, per es., il ballo di Barry in occasione dei festeggiamenti per il suo compleanno), si può dire che la significazione del film nasce dall’evoluzione della protagonista. Inizialmente Margherita è tutta presa dal film che sta realizzando; è dura con Vittorio e piuttosto fredda con la madre. Poi, andando ad abitare nella casa di Ada, poco alla volta, si avvicina sempre di più alla madre, grazie anche alle premure di Giovanni e all’attaccamento alla nonna da parte di Livia. Ha un momento di disperazione, ma la “rivelazione” di Vittorio le fa prendere coscienza dei propri difetti e la costringe a ripensare il proprio atteggiamento nei confronti delle persone. Quando la madre muore, grazie anche alle testimonianze di due ex allievi, capisce la lezione di vita che la madre è stata in grado di dare a tutti e sembra volerne fare tesoro.

Idea centrale – L’idea centrale è di tipo tematico, pur con alcune concessioni spettacolari che ne inficiano, almeno in parte, l’unità. Potrebbe essere espressa così: la figura esemplare di una madre (o di un genitore) che ha vissuto una vita ricca di virtù e aperta agli altri diventa una lezione di vita per i figli, soprattutto quando la loro esistenza è segnata dall’egoismo e dall’inautenticità. Se si tiene conto dell’epilogo, con le testimonianze dei due ex alunni, il discorso può essere ulteriormente universalizzato. Si potrebbe pertanto parlare di una persona esemplare (non solo di un genitore) e di lezione di vita per tutti (e non solo per i figli).