Operosità
«L’amore dev’essere messo più nei fatti che nelle parole». Non serve scomodare il pensiero di Ignazio di Loyola per riconoscersi in questa sua espressione dal sapore tutto evangelico – «non chi dice, Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7,21) – e decisamente vocazionale.
La volontà del Signore – amare – si fa. Nel senso transitivo (prof? Giusto?) del termine: si va compiendo, è in via di realizzazione, si sta costruendo, cresce, matura. Non da sola, però, non senza di noi, senza l’apporto di ciascuno perché egli stesso non ci ha voluto nel mondo e nella storia come spettatori ma come protagonisti, cooperatori della sua opera, perché possiamo dirla anche nostra.
«Verso una città dove abitare» (Sal 106,7). Lo sguardo teso in avanti, verso il futuro, deve rimanere vigile, attento a non cadere nella tentazione di credere che la Gerusalemme nuova – le vocazioni compiute di tutti noi – sia altrove, al di là del tempo e della storia, fuori dalle nostre strade e dalle nostre piazze, in un altro luogo rispetto alle case che abitiamo. Invece è proprio al tessuto delle relazioni quotidiane, agli spazi feriali, agli ambienti di vita apparentemente banali che dobbiamo guardare per vedere attraverso di essi, dentro la realtà spesso contraddittoria, talvolta dolorosa o carica di speranza, la promessa di futuro che lo Spirito già ha seminato e che giace dentro la terra in attesa di qualcuno/a che se ne prende cura perché possa crescere e dare vita.
Ogni istante è occasione per il farsi dell’amore, per il realizzarsi dell’opera di Dio, l’opera più importante della vita stessa, la nostra vocazione personale e comune per la quale preghiamo ogni giorno il Padre, spesso inconsapevolmente, di rendere la terra sempre più simile al Cielo (Mt 6,10). La vocazione è responsabilità, capacità di rispondere a questo desiderio di Dio e acconsentire al movimento che orienta il pellegrinaggio della storia delle donne e degli uomini verso il suo compimento e schivare ogni direzione contraria, rifiutando tutto quello che paradiso non è.
La vocazione di ciascuno di noi è prendersi cura della nostra città terrena perché somigli sempre di più alla Città del Cielo. «È [assumere] uno stile di vita che implica la capacità di vivere insieme e di comunione [perché] occorre sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri» (Francesco, Laudato si’, 228). Intuire e discernere la vocazione particolare è riconoscere nell’appello di luoghi e di volti concreti, realtà particolari, spazi, ambienti, persone la voce del Signore che invita a spendere la propria vita per amore, per rendere bello il luogo da abitare, insieme.