N.05
Settembre/Ottobre 2021

Il pensiero complesso

La comunicazione è dappertutto.

Una frase che ammicca, dipinta su un muro in rovina, recita: “affoghiamo tra le informazioni, ma moriamo della fame di saggezza”. 

Uno dei principali luoghi comuni sulla comunicazione (digitale) nel contemporaneo riguarda la sua presunta incompatibilità strutturale, quasi ontologica, con il pensiero complesso e la conoscenza. Pensando in particolare ad alcune delle annotazioni e delle considerazioni che siamo andati sviluppando su queste pagine nei mesi passati, si potrebbe scambiare questo luogo comune per una loro sintesi e una conclusione. 

La comunicazione – on line e off line – ha senz’altro bisogno di semplificare, sintetizzare, schematizzare e abbreviare, ha bisogno di affermazione più che d’interrogazione, senza dubbio essa si muove sempre più in un tempo compresso e forsennato. Il pensiero complesso – che al contrario sprofonda nella infinita sovrabbondanza di senso delle cose, che su di esse pone senza sosta domande e che si giova di un tempo lungo, sospeso o rallentato –  resta così quasi inevitabilmente tagliato fuori. Se è vero dunque che un uso troppo assiduo, intenso e inconsapevole dei luoghi – virtuali -, degli strumenti e dei prodotti della comunicazione comporta il rischio di una contrazione dell’abitudine all’analisi, all’argomentazione e più in generale alla riflessione, d’altra parte però ci sono elementi che – nella cornice di una frequentazione critica e consapevole dei contesti e dei flussi della comunicazione – potrebbero alimentare e ampliare la conoscenza del singolo individuo. 

La prima e forse più eclatante opportunità la fornisce quella che – non senza qualche grossolana ingenuità – è stata nominata “agorà virtuale”: nell’assistere da spettatori al grande gioco sociale della comunicazione, ci si trova a incontrare appartenenti alle “tribù urbane” più disparate, persone dalle idee, dalle abitudini, dalle tradizioni lontane e differenti rispetto a quelle delle cerchie d’elezione, e a confrontarsi con i loro punti di vista, le loro convinzioni, i loro codici di rappresentazione e narrazione del mondo tradotti per la “scena comunicativa”. La pioggia torrenziale di dati, informazioni, pezzi di racconto e molti altri prodotti della comunicazione distoglie e disturba rispetto allo studio, alla ricerca ordinata, all’osservazione intensiva; eppure la comunicazione offre, a chi le sappia cogliere, opportunità almeno in parte riferibili all’alimento e alla pratica del pensiero complesso. 

Se osservato dalla distanza, l’incontro e il confronto con l’altro, ad esempio, per quanto ridotto alla dimensione più immediata e superficiale della comunicazione, può essere sfruttato come esercizio di verifica e ridimensionamento del proprio punto di vista. Un’occasione per guardare a se stessi e al posto che si occupa da una prospettiva eccentrica, differente, esorbitante, per sottoporre le proprie convinzioni a una salutare sempre nuova e diversa interrogazione, per riconsiderare in un contesto più ampio l’effettiva consistenza e rilevanza delle proprie istanze. 

Dai flussi della comunicazione può venire un concreto invito ad allargare i propri orizzonti: senza un’adeguata preparazione, il rischio dell’illusione di una sorta di ubiquità percettiva e di un’onnipotenza cognitiva è dietro l’angolo, ma una “inquadratura” più ampia e composita sul proprio contesto locale può contribuire a una superiore lucidità nella costruzione di un’analisi e di una sintesi. E questo soprattutto se si pensa alla persona come soggetto organico coinvolto e partecipe contemporaneamente nella dimensione sociale, culturale, politica, morale e spirituale della comunità alla quale appartiene. 

Nella nuova età d’oro degli archivi che stiamo vivendo poi, l’enorme massa di dati e informazioni alla base dei processi di comunicazione possono essere guardati come grandi accumuli di materiali culturali ai quali attingere per costruire, selezionando e combinando, metariflessioni, metanarrazioni, metarappresentazione dell’ambiente in cui ci si muove. 

La comunicazione è infine una scacchiera sulla quale solo quelli capaci di costruire tattica e strategia possono sperare non solo di vincere, ma di agire distringendo e  comprendendo la tela di mosse che si tesse loro intorno. Prendere parte da attori critici offre la possibilità, in fondo, di studiare una sconfinata manifestazione delle pulsioni, dei difetti, delle spinte e delle aspirazioni che agitano e scuotono dal profondo tutti gli esseri umani, anche se in modi e forme differenti. Prendendo in prestito le lenti dello psicologo, dell’antropologo, del sociologo per puntarle sulle dinamiche alla base dei processi della comunicazione significa accrescere la propria conoscenza su di sé e sui propri consimili. 

La comunicazione è infine una rete di pratiche e processi. di giochi e discorsi, di flussi e correnti rispetto ai quali è sempre più difficile porre un rifiuto, rinunciando a un posto all’interno del campo di gioco, e sempre più necessario e inevitabile trovare strade auspicabili per una partecipazione quanto più possibile libera, consapevole, autonoma, attiva.

 

 

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