Dio visita improvvisamente
Una lettera dello Ps. Dionigi
Incontriamo di nuovo (cf. Vocazioni n. 04 Luglio/Agosto 2022) il misterioso personaggio del V secolo, che si nasconde sotto il nome di Dionigi e che Paolo incontrò nell’Areopago. Stavolta si tratta di un breve biglietto inviato a un certo monaco Gaio che, probabilmente, chiedeva come interpretare l’avverbio improvvisamente nel testo del profeta Malachia improvvisamente il Signore, che voi cercate, entrerà nel suo tempio…
Dionigi lo interpreta in prospettiva cristologica, come riferito all’incarnazione del Verbo in Gesù Cristo. Significa, dice Dionigi, che arriva in modo inaspettato, passando da una condizione di inconoscibilità (oscurità) a quella di essere conosciuto, visto (viene alla luce). È un inaspettato relativo, nel senso che era stato annunciato dai profeti; ma il tempo e il modo, così come tutta la sua vicenda fino alla morte di croce, non era quello che ci si aspettava. Però, dice sempre il nostro autore, anche se visibile (si è fatto uomo, era davanti agli occhi di chi lo ha incontrato) mantiene sempre la condizione di nascosto, perché pur fattosi uomo resta anche pienamente Dio. Qui si sente un sapore siriaco, dove il Nascosto è il modo per eccellenza per indicare la divinità inattingibile di Dio. È un monito a non “impossessarsi” di Dio, a non pensare di poterlo definire o controllare.
C’è un’ulteriore considerazione: l’avverbio improvvisamente (come meglio a mio avviso andrebbe letto il termine che la traduzione della CEI rende con “sùbito”) ci indica uno dei modi più comuni di agire da parte di Dio. È uno stile che sembra turbare il nostro quieto andare: stavo vivendo questo, quando, improvvisamente… Può essere una notizia meravigliosa ma anche terribile: una malattia, un lutto, una sorpresa, un mutamento improvviso… L’improvvisamente ci sorprende, ci coglie da dietro un angolo. Spesso il termine ha una valenza che si carica di “ansia”, perché forse viviamo in una falsa prospettiva: ossia, come se la vita dovesse essere una linea media, senza grandi scossoni e, ogni cosa che accade, bella o brutta, è un picco, un turbamento, una perturbazione della supposta normalità. Dimentichiamo, invece, che la vita è tutto quanto ci accade. Il segreto è sapere che è sempre nelle mani di Dio. E che il lato “nascosto” dell’improvvisamente, inteso sia come imprevedibile, sia come incomprensibile (specie per le cose che ci fanno soffrire), in realtà, è una epifania del divino che ci chiede di affidarci e di abbandonarci al suo abbraccio.
«Improvvisamente (cf. Mal 3,1) significa ciò che contro la nostra aspettativa e da una condizione di oscurità in cui è rimasto fino a quel momento viene portato alla luce. Applicandolo all’amore di Cristo per gli uomini, la Sacra Scrittura, credo io, ha voluto indicare che il Sovrasostanziale fattosi uomo è venuto dal suo mistero al nostro cospetto. Però egli rimane occulto anche dopo la sua manifestazione o, per parlare più divinamente, nella sua stessa manifestazione siffatto mistero di Gesù rimane nascosto e non può essere spiegato in se stesso da nessuna ragione e da nessuna intelligenza ma anche quando se ne parla, rimane ineffabile, e quando si pensa rimane ignoto».
(Dionigi Areopagita, Lettera III. Al monaco Gaio, in Tutte le opere, a cura di E. Bellini-P. Scazzoso, Bompiani, Milano 2009, 631).