N.03
Maggio/Giugno 2023

Poni il capo sulle ginocchia del Signore! 

Una lettera di Giovanni di Dalyatha

Abbiamo già incontrato questo mistico siro-orientale della fine del VII secolo, Giovanni di Dalyatha (Vocazioni, 2/2019). 

Questa volta presentiamo una sua brevissima lettera a un monaco, nella quale troviamo due aspetti meravigliosi che emergono in chi ha una autentica vita interiore contemplativa. Il primo (§1) dice una verità che spesso dimentichiamo. L’esperienza di Dio che comunichiamo viene percepita profondamente solo da chi ne ha una simile, o meglio, da chi ha una esperienza vera di Dio. Ciò che “attraverso lo specchio delle parole viene visto solamente dai puri” non va interpretato in senso “moralistico”, bensì significa che io posso “comprendere” l’esperienza di Dio, che un altro mi comunica, solo se a mia volta ho esperienza di Dio. E Giovanni sa che una tale esperienza è frutto di una grazia: che Lui si dia in visione al tuo cuore, ora e per sempre…

La seconda è uno degli auguri più delicati che si possano fare a un amico perché possa vivere la stessa esperienza di intimità profondissima con Dio. È il perché fondamentale di ogni proposta vocazionale: dedica tutta la tua vita a Dio. Ancora prima di tutte le strade di servizio al Regno alle quali si possa venire chiamati, alla sorgente deve esserci l’intimità con Dio, reale e autentica, senza la quale la nostra vita religiosa apostolica diviene un servizio sociale come tanti e la vita contemplativa una mediocre anticipazione di una casa di riposo, comodo rifugio alla complessità della vita. Seguiamo il consiglio di Giovanni di Dalyatha! Viviamo solo di Lui per poter essere tutto a tutti (1Cor 9,22).

 

  1. Cosa ti scriverò, servo e lavoratore, che mi sei più caro di tutto? Quanto è mio non può esser scritto, [quel] che attraverso lo specchio delle parole viene visto solamente dai puri: che Lui si dia in visione al tuo cuore ora e per sempre, allora diverrai folle nel suo AMORE e sarai infiammato per la sua bellezza!
  2. Oh affaticato ed esausto (Mt 11,28) nel servizio del suo Signore, d’ora innanzi poni il tuo capo sulle ginocchia del tuo Signore e lasciati riposare, chinati sul suo grembo (Gv 13,25) e respira lo Spirito della vita, affinché la Vita sia mescolata con la tua essenza, appoggiati su di Lui, poiché Lui in realtà è la tua tavola, e ad essa nutriti di suo Padre*. Purifica il tuo specchio e così in esso ti si mostrerà l’indivisa singola luce in modo trinitario. Poni questo sul tuo cuore (Ct 8,6) e percepirai che Lui, il tuo Dio è vivente in te.

(*Il traduttore e curatore di questa lettera in una nota cita a questo riguardo un breve testo di Evagrio Pontico al quale Giovanni si riferisce evidentemente: “La tavola di Cristo è Dio Padre e la tavola dei suoi fratelli per misericordia è Lui presso il Padre”, cit. n. 33, 165)

 

(Tratto da Giovanni di Dalyatha, Lettera XXVIII, in R. P. Pugliese ofm cap., L’infinito giardino interiore. La mistica di Giovanni di Dalyatha e di Gregorio di Nissa, (Editoria di Facoltà, 3), Roma, Pontificio Istituto Orientale- Valore Italiano, 2020, 165)