La comunità monastica si è stabilita sull’Isola San Giulio (Orta – Novara) l’11 ottobre 1973, chiamata da mons. Aldo del Monte, allora vescovo di Novara. Il gruppetto iniziale di sei sorelle, guidato dalle Madre Anna Maria Cànopi, proveniva dall’Abbazia dei Santi Pietro e Paolo di Viboldone, nella Bassa Milanese e il loro compito era quello di ridare un volto religioso e contemplativo all’Isola nel territorio evangelizzato da san Giulio che vi costruì una basilica, e che fino alla metà del secolo scorso fu anche sede di un Seminario diocesano con la costruzione di un grande edificio che fa ora parte del monastero. L’isola, essendo ormai disabitata, non offriva alcun agio, né mezzi di sussistenza. Mancava tutto, non solo il telefono, ma anche, fino al 1975, l’acqua potabile. Un po’ alla volta, si formò però una rete di “amici del monastero” che facevano a gara per aiutare in vari modi.
In fedeltà all’ideale monastico benedettino, il posto prioritario nell’orario fu subito dato all’Opus Dei, alla preghiera corale, nonostante le urgenze materiali che pure premevano. Chi veniva a contatto con la piccola comunità rimaneva avvinto proprio dalla forza di attrazione della Parola e della preghiera liturgica; perciò, mentre nuovi membri si aggiungevano alla comunità, si allargava anche la cerchia delle persone che frequentavano assiduamente le celebrazioni del monastero. Molti, desiderando rendere più stabile il loro legame, entrarono a far parte della famiglia degli oblati che vivono nel mondo la spiritualità benedettina, il cui numero supera ormai il centinaio.
Come per ogni comunità benedettina il lavoro occupa un posto importante e si svolge tutto entro le mura del monastero permettendo così alle monache di rimanere raccolte nella meditazione della Parola e nella preghiera. Vi sono attività artigianali: restauro tessuti antichi, ricamo e confezione di paramenti liturgici, tessitura a mano, iconografia, pittura di pergamene e di ceri, corone e artigianato vario. Si svolgono anche lavori culturali, tra cui traduzioni di libri, collaborazione a riviste di spiritualità, mentre una piccola stamperia permette di raccogliere in agili fascicoli lectio e ritiri spirituali.
Sotto lo sguardo stupito della Madre e delle sorelle il germoglio diventò un albero; dall’albero si poterono trapiantare nuovi germogli dando vita al Priorato «Regina Pacis» a Saint-Oyen nel 2002, di cui è stata riconosciuta l’autonomia il 12 ottobre 2018, nel quindicesimo anniversario dell’arrivo in Valle d’Aosta delle monache, e il Priorato «SS. Annunziata» a Fossano nel 2007. E si inviarono anche aiuti ai monasteri di Ferrara e di Piacenza che stavano esaurendosi per le pochissime anziane rimaste.
La Madre Anna Maria guidò la comunità con sapienza, discrezione e lungimiranza e al di là di ogni progetto si trovò a svolgere un vasto apostolato con la lectio divina tenuta durante la Liturgia, gli scritti, i colloqui, le lettere… tutte le categorie di persone trovavano sempre in lei una madre con il cuore in ascolto: e dall’ascolto silenzioso nasceva la parola di guida, luce e conforto. Così fu fino a quando le sue forze che ormai declinavano la indussero a lasciare l’esercizio attivo dell’abbaziato e visse gli ultimi mesi in un’intensa preghiera al cuore della comunità che con l’elezione e la benedizione abbaziale di un’altra sorella entrava in una nuova fase della propria esistenza, mentre Lei avanzava verso l’incontro definitivo con il suo Signore. Il passaggio avvenne nella luminosa festa del Transito di San Benedetto, da lei amata fin dall’infanzia. Le sue esequie si sono svolte nel giorno dell’Annunciazione: sigillo del Signore su una vita che fu tutta un sì, umile e generoso. Ora, pur nella continuità, inizia una nuova tappa della storia della comunità costituita attualmente da 65 sorelle, ma non viene meno la certezza che la Madre Anna Maria non abbandonerà le sue figlie e, così come ha promesso, continuerà a vegliare su di loro.