N.05
Settembre/Ottobre 2019

Di cosa aver paura se è Cristo che ti chiama?

Un testo di Massimo di Torino

 

Il testo che propongo questa volta è di un padre latino non molto conosciuto oltre la diocesi di Torino. Mi riferisco a s. Massimo, probabilmente il primo vescovo di Torino. Non si sa molto di lui, anzi, a voler essere onesti quasi nulla. Le fonti sono confuse perfino sul periodo, a causa di un altro vescovo di Torino con lo stesso nome. Per quanto interessa a noi, possiamo dire che si trova a cavallo tra il IV e il V secolo. Il testo che presento è tratto da un sermone in cui Massimo commenta l’episodio di Mt 14, 22-36.

Non si tratta di qualcosa originalissimo, forse. Ma l’immagine di Pietro che, sulla parola di Gesù e sulla fede in Lui, guardando a Lui e non ai “pericoli”, riesce a camminare sopra quei pericoli, è un insegnamento perenne. Quando ci assalgono i dubbi, le prove, i tentennamenti, la sfiducia sul potercela fare… quanto più resterò a fissare quei “problemi”, tanto più andrò a fondo; se lo sguardo resterà su Gesù, ci potrò camminare sopra, insieme a lui. Soprattutto quando si intraprende il cammino vocazionale alla sequela di Gesù, o lo si è già intrapreso, e si alzano le tempeste… questo testo è un simbolo potente.

 

“Pietro dunque trae dalle tentazioni profitto, dalle lacrime gioia, crescita dalle sue cadute. Così in mare, mentre temerario s’avvia sulle onde, barcolla nel cammino ma si rafforza nell’affetto, corre pericolo nel corpo ma non viene meno alla devozione, affonda con i piedi ma Cristo lo sostiene con la sua destra. Lo sosteneva la fede mentre l’onda lo minacciava; e mentre i procellosi flutti lo turbavano, l’amore del Salvatore lo confermava. Pietro, infatti, camminò i mare più con l’amore che con i piedi. Poiché non vedeva dove potesse porre le piante dei piedi ma vedeva bene dove posare i passi della carità. Infatti, mentre sta sulla nave, vede il Signore, e, tratto dall’amore per lui, scende in mare; non bada alle acque che fluttuano, alle onde che corrono, e mentre guarda il Cristo non guarda gli elementi. Crede che la fede può trovare un appoggio solido anche tra le onde. Sia pure squassato dai flutti il mare, le acque sbattute dai venti, ma non è turbata la via che conduce Pietro al Signore. Cammina dunque Pietro sulle acque, e la labile onda non cede sotto i suoi piedi.
Leggiamo nell’Antico Testamento che i figli di Israele han camminato a piedi asciutti attraverso il mare Rosso e che l’acqua divenne in qualche modo solida. Ma qui c’è di meglio. Qui il miracolo è maggiore, perché al passare di Pietro l’onda non muta le sue proprietà[1], ma neanche cede, non diventa solida, ma neanche fugge! Miracolo maggiore direi, dove la stessa onda che fluttua sorregge anche, ove lo stesso gorgo che s’inabissa sostiene; là, per far passare il popolo di Israele, la natura sospese il suo corso, qui Pietro è portato sull’acqua senza che il fluido elemento muti le proprie leggi”.

(Testo tratto dal Sermo LXXVII, 2, in S. Massimo di Torino, Sermoni, Alba (CN), 1975, 181-2)

 

[1] Come dire: non avviene un “miracolo metastatico”, ossia qualcosa che cambia la realtà difficile; la forza è che la “onda” e il “vento” restano quello che sono: ciò che in quel momento mi mette in pericolo; ma con Cristo posso affrontare ciò che viene, non sfuggirlo.

 

 

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