“Lascio tutto… Eccomi”
È noto il “progetto di catechesi vocazionale”, verso il 2000, scandito nella Chiesa Italiana dai temi delle Giornate Mondiali di Preghiera per le Vocazioni. I temi di catechesi annuali, nel decennio in corso, hanno offerto e continuano ad offrire una lettura vocazionale degli Orientamenti della Chiesa Italiana per gli anni ‘90 “Evangelizzazione e testimonianza della carità”. E ciò focalizzando annualmente la catechesi su un “valore vocazionale”: nel primo quinquennio “narrando” la vocazione come “iniziativa dell’amore di Dio”, nel secondo “la risposta dell’uomo all’Amore di Dio”. Dall’anno scorso, per un cammino di comunione con la Chiesa universale, tali temi e “valori vocazionali” si sono sintonizzati con l’itinerario di preparazione al “Grande Giubileo” del 2000, tracciato e proposto dal Santo Padre nella Lettera Apostolica “Tertio Millennio Adveniente”.Propongo, per una visualizzazione e sintesi, il progetto globale dei temi della Chiesa Italiana per le “Giornate di Preghiera per le Vocazioni” nel presente quinquennio verso il 2000[1].
“Lascio tutto…”: l’amore vero è totale
C’è un interrogativo che i giovani dovrebbero farsi risuonare nel cuore: “Giovani di tutto il mondo, cosa cercate?” È una domanda che Giovanni Paolo II pone ai giovani per la Giornata Mondiale della Gioventù 1997, mutuandola dal Vangelo di San Giovanni, e che vuole far risuonare per i quattro angoli della terra, sondando i desideri dei giovani, stimolando la loro ricerca di felicità, invitandoli comunque a fermarsi e pensare.
A quel punto di domanda, il tema della Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni di quest’anno, proposto dalla Chiesa Italiana, vuole dare non solo una risposta, ma una fattiva esecuzione: “Lascio tutto… Eccomi!” È una risoluzione che presume non solo un giovane in ricerca, ma anche la contemplazione di quel “grande Amore” che il Centro Nazionale Vocazioni ha cercato di raccontare per la prima parte di questi anni ‘90, e la scommessa di fede che sta all’inizio di ogni disponibilità, e che dava il titolo alla Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni dell’anno scorso (“Ho creduto all’Amore… Eccomi”).
Diciamolo pure francamente, senza troppi giri di parole: l’invito a lasciare tutto, che pure è un passo obbligato per chi si mette alla sequela di Gesù ed interpella il cristiano in quanto tale, non sempre occupa il posto e lo spazio che gli competono nella nostra pastorale ordinaria. Omelie, catechesi, insegnamento di religione, direzione spirituale, itinerari sacramentali abitualmente evitano – all’insegna di un malinteso “buon senso” – di trattare questa inderogabile esigenza che pure Cristo pone nel cuore di ogni discepolo. Facilmente si sottolinea la vita piena e gioiosa che scaturisce dal proprio Battesimo, dimenticando la via della croce e dell’abbandono per la quale il cristiano è chiamato a realizzarsi. “Lasciare tutto” viene visto spesso, troppo spesso, come un argomento per esercizi spirituali, a consolazione di chi ha già scelto, magari con tanto di professione solenne dei propri voti.
Il tema di catechesi di quest’anno si propone invece come strumento al servizio della pastorale ordinaria, perché in essa risuoni l’appello di Cristo ad una presa di posizione decisa nei suoi confronti. E conseguentemente ad uno stile di vita che, liberandosi dal fardello ingombrante e spesso soffocante delle cose e dei progetti semplicemente umani, dia la stura alla vera libertà dello Spirito.
Il primo passo che la catechesi è chiamata a fare, annunciando il “valore vocazionale” che sottolinea come “l’amore vero è totale”, è di sviluppare i significati che l’espressione “lasciare tutto” assume sul piano educativo – quindi a livello di motivazioni, atteggiamento esistenziale, scelte di vita – alfine di superare un impatto negativo che il “lasciare tutto” evangelico può a prima vista evocare.
“Lasciare tutto” significa dunque e innanzi tutto: Ricercare, scoprire, trovare, far proprio il “Tutto” Dio, la “motivazione delle motivazioni” di ogni scelta vocazionale: “Scoperto un tesoro di grande valore… va’, vende tutto…” (Mt 13,44).
Obbedire alla Parola, come disponibilità totale del credente a lasciarsi guidare nei sentieri della vita: “Sulla tua Parola…” (Lc 5,5). Entrare in una visione di verità della vita, secondo la proposta del Vangelo, l’unica Parola capace di svelare il senso della vita: “Tu solo hai parole di vita eterna…”(Lc 10,12). Fidarsi di Dio, creando uno spazio di libertà all’azione di Dio: “Abbandonato ogni cosa, lo seguirono..” (Lc 5,11).
Permettere a Dio di contare sull’uomo, sulla persona unica e irrepetibile: “Abbi fiducia…, ti chiama” (Mc 10,49). Lasciare a “Qualcun altro” la decisione sulla vita; sulla propria vita – come “materia prima” nelle mani di Dio creatore e redentore – rendendosi disponibili al piano di Dio: “Ecco la serva del Signore…”(Lc 1,38). Entrare in un orizzonte di fede – ove ci si sente “liberi” e si trova la forza per fare scelte di fede vocazionali – consapevoli che “in principio”, prima di ogni essere, prima di ogni esistenza personale c’è l’amore oblativo di Dio: “In principio era il Verbo” (Gv 1,11).
Avere tempo per Dio (la preghiera), per i fratelli (il servizio)… “Amerai il Signore Dio tuo, con tutto il cuore e con tutta la tua anima e con tutta la tua mente… Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mc 12,30). “Lasciare tutto” è, in definitiva, un proclamare il primato di Dio sulla nostra vita, il primato dell’iniziativa di Dio sull’attività umana: è la sola condizione per ogni autentica scelta vocazionale!
“…Eccomi” : Un cammino vocazionale
La vita, specificamente l’esistenza cristiana, non può non essere pensata come percorso, come cammino. Dire “cammino” è dire fedeltà del cristiano alla propria vocazione: “C’è un progetto di Dio nella vita di ciascuno: che non dura una stagione; non è in balia delle emozioni. La verità dell’amore è la fedeltà che dura tutta la vita. Ma questa va educata, motivata”[2].
Il cristiano ha nel battesimo un “nome nuovo”, uno “spirito nuovo”, ma questa identità – la nostra vocazione sbocciata nel battesimo – va dunque nutrita, curata. L’“Eccomi” del credente, il “Sì” vocazionale, non è di un momento ma passa e matura attraverso le scelte quotidiane. Tali scelte, come i “passi” di un cammino, il credente li vive nella comunità cristiana. Non è casuale che in questi anni, particolarmente in riferimento alla formazione dei giovani, si è insistito sulla necessità di proporre loro degli “itinerari di fede”. È in merito profetica, sia sul piano pedagogico sia sul piano dei contenuti, questa intuizione dei Vescovi Italiani: “Fare la proposta vocazionale ai giovani oggi, significa proporre loro un itinerario spirituale” (P.P.V., n. 47).
L’“Eccomi”, come accoglienza e discernimento vocazionale, è quindi il risultato di un lungo e paziente cammino spirituale nella comunità cristiana. La vita della comunità cristiana – oltre offrire il servizio del cammino personalizzato nella direzione spirituale, che è complementare ed essenziale ad un cammino di fede comunitario – si qualifica o deve qualificarsi sempre più per gli itinerari di fede a servizio della maturazione della vocazione battesimale – intesa come fedeltà alla fede – e della vocazione specifica e personale del credente allo stato matrimoniale o verginale in una vocazione di speciale consacrazione.
Colgo l’occasione della celebrazione della prossima Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni per risottolineare l’importanza dei seguenti “itinerari vocazionali”, tra gli altri più sperimentati e fruttuosi nella comunità cristiana, veri e propri “luoghi” offerti da sempre per un cammino di fede e maturazione vocazionale del credente, ai nostri giorni da riaccogliere e percorrere come vere e proprie vie della nuova evangelizzazione.
– La “Lectio divina”
La “Lectio divina”, di cui la Chiesa gode per una lunga e ininterrotta tradizione, offre di fatto lo spirito, il contenuto e il metodo agli itinerari vocazionali che oggi vanno anche sotto il nome di “Scuola della parola” e “Scuola di preghiera”. La “Lectio divina”, come noto, consta di quattro momenti (lectio, meditatio, oratio, actio), che disegnano una sorta di percorso della “Parola”.
La prima tappa è la lettura del testo in un ascolto serio del suo messaggio, alla luce di questa prima domanda : “che cosa vuol dire la Parola di Dio nel suo tempo e nel suo contesto?” . Poi c’è la seconda tappa del percorso o meditazione e accoglienza del messaggio del testo: “che cosa dice a me la Parola in questo momento e stato della mia vita?”. La terza tappa è la preghiera ovvero un atteggiamento orante: “che cosa dico al Signore a partire dal testo?”. Ed infine l’impegno della vita, l’azione[3].
Il S. Padre, nel Suo Messaggio di quest’anno per la celebrazione della XXXIV Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, propone esplicitamente la “Lectio divina” quale luogo ecclesiale “ove il credente, fatto discepolo, può gustare ‘la buona Parola di Dio’ e rispondere all’invito di una vita di speciale sequela evangelica”: “…la catechesi, opportunamente impartita, mentre fa maturare la fede e la rende cosciente ed operosa, induce a leggere i segni della chiamata divina nell’esperienza quotidiana. Di grande utilità risulta, inoltre, la ‘Lectio divina’, occasione privilegiata di incontro con Dio nell’ascolto della sua Parola. Praticata in molte comunità religiose, essa può essere opportunamente proposta a tutti coloro che desiderano sintonizzare la propria vita col progetto di Dio. L’ascolto della Rivelazione divina, la meditazione silenziosa, la preghiera di contemplazione e la sua traduzione in esperienza di vita costituiscono il terreno nel quale fiorisce e si sviluppa un’autentica cultura vocazionale”[4].
– Gli “Esercizi Spirituali”
C’è una pedagogia vocazionale che solca tutta la Bibbia: dalle grandi chiamate dei profeti nell’Antico Testamento alla chiamata dei Dodici. La pastorale vocazionale da sempre s’ispira allo stile vocazionale di Dio. Un comportamento di Gesù, sia appena prima della chiamata dei Dodici sia come proposta agli stessi apostoli, è inconfondibile e riassumibile in questo passo biblico: “Si recò sul monte a pregare” (Lc 6,12).
La proposta degli esercizi spirituali, mai trascurata o sottovalutata dalla pastorale vocazionale, mi sembra in continuità proprio con il gesto di Gesù sopra richiamato e così ulteriormente focalizzato: “Salì sul monte, chiamò presso di sé quelli che volle, ed essi si avvicinarono a Lui. Egli ne stabilì dodici affinché stessero con lui” (Mc 3,13). Il luogo: il “monte” ovvero un luogo appartato; la finalità: “a pregare” e per null’altro; un rapporto esclusivo: “presso di sé”, essenzialmente l’incontro con la Parola e l’Eucaristia; i destinatari: “quelli che volle”, perché ogni chiamata viene da Dio; “si avvicinarono a Lui” la disponibilità ad incontrare “Lui”: sono questi, a ben pensare, gli elementi che caratterizzeranno da sempre il “momento forte” degli esercizi spirituali.
La proposta degli esercizi spirituali ha nella chiesa una lunga tradizione: come itinerario vocazionale sono o dovrebbero essere un elemento qualificante dell’ordinario cammino di fede del battezzato nella comunità cristiana. Gli esercizi spirituali vocazionali ai giovani e alle ragazze, “pensosi vocazionalmente” è infine la proposta di giornate dense di riflessione, di preghiera comune e personale nella contemplazione tutta orientata alla comprensione della volontà del Padre e finalizzata in definitiva a interrogarsi profondamente non tanto sul “che cosa fare nella vita”, ma sul “chi amare per tutta la vita”.
– La “Settimana vocazionale parrocchiale”
È un appuntamento per tutta la comunità cristiana: un invito a tutti i membri della comunità parrocchiale ad una sosta – nell’ordinario cammino di fede scandito sui tempi liturgici – per la preghiera, la riflessione e condivisione della testimonianza vocazionale. La “Settimana vocazionale”, opportunamente sintonizzata sul tema dell’annuale Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, come punto di arrivo e di partenza per una comunità parrocchiale del fervido lavoro della pastorale ordinaria di annuncio del “Vangelo della vocazione”, da cui nessuna comunità parrocchiale può prescindere o dare per scontato.
La pastorale ordinaria – mediatrice dei doni di Dio al Suo popolo (Parola, Sacramenti, Carità), doni costitutivi della vita della Chiesa – è il luogo ordinario di salvezza ed anche luogo ordinario dell’annuncio e maturazione vocazionale dei credenti. Non è fuori luogo ricordarci come “nella pastorale ordinaria di una comunità parrocchiale, la dimensione vocazionale non è dunque un ‘qualcosa in più da fare’ ma l’anima stessa di tutto il servizio di evangelizzazione che essa esprime” (P.P.V., 26) e che “la dimensione vocazionale è connaturale ed essenziale alla pastorale della Chiesa” (PdV, 34).
Perché dunque una “Settimana vocazionale parrocchiale”? Non perché l’annuncio e la proposta vocazionale, che impegna sempre e in ogni suo gesto la comunità cristiana, sia ridotta nello stretto spazio di una settimana nell’economia generale dell’anno liturgico, ma proprio perché l’impegno connaturale e proprio della pastorale ordinaria da vivere e proporre in chiave vocazionale, trovi quasi un “tempo forte” perché tutta la comunità cristiana si rigeneri e si rimotivi attraverso uno specifico annuncio del “Vangelo della vocazione e delle vocazioni” e sia occasione privilegiata di annuncio e testimonianza vocazionale a tutte le componenti della comunità ecclesiale.
Se la Settimana vocazionale parrocchiale è concretamente scandita attraverso un preciso itinerario di preghiera, catechesi e testimonianza vocazionale[5] proposto alla comunità parrocchiale nel suo insieme – e in essa a tutte le sue “categorie vocazionali” (fanciulli, adolescenti, giovani, famiglie, consacrati, catechisti, animatori…) – non devono però essere perse di vista le sue specifiche finalità: risvegliare in tutti la coscienza di essere dei chiamati, perché la vocazione non è un optional che abbellisce la vita dei più fortunati o un virus che colpisce i più indifesi o i più deboli, ma un dono che il Signore fa a tutti; aiutare ogni battezzato a conoscere e stimare tutte le vocazioni; ridestare nella comunità l’impegno di pregare, perché la chiamata di Dio trovi, soprattutto nei giovani, disponibilità e generosa risposta; aiutare a riscoprire il compito che tutta la comunità ha, ciascuno nella fedeltà alla vocazione ricevuta, di dare voce a Colui che chiama, perché “le varie componenti e i diversi membri della Chiesa impegnati nella pastorale vocazionale renderanno tanto più efficace la loro opera quanto più stimoleranno la comunità ecclesiale come tale, a cominciare dalla parrocchia, a sentire che il problema delle vocazioni non può minimamente essere delegato ad alcuni ‘incaricati’…, perché, essendo un problema vitale che si colloca nel cuore stesso della Chiesa, deve stare al centro dell’amore di ogni cristiano verso la Chiesa” (PdV, 41).
Note
[1] Cfr. I. Castellani, Ho creduto all’Amore… Eccomi, in ‘Vocazioni’ n. 1/1996, p. 3 ss.
[2] E. Masseroni, Ecco, lo faccio nuove tutte le cose (Ap. 21,5), Lettera pastorale 199697, Vercelli, p.21.
[3] Cfr. C. M. Martini, Quando pregate dite… (Lc 11,2), Scuola della Parola giovani 199596, ed. In dialogo, Milano 1996, p. 9; cfr. E. Masseroni, idem, p. 29.
[4] Giovanni Paolo II, Messaggio per la XXXIV Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, 20 Aprile 1997.
[5] Cfr. Settimana Vocazionale Parrocchiale, Sussidi del Centro Nazionale Vocazioni, Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni 1997.