Giovani: quale accompagnamento vocazionale?
Ci sono parole quasi magiche, e mai usurate, che ritornano costantemente nella pastorale vocazionale di quest’ultimo decennio. Quale educatore alla fede non ha familiari espressioni come queste: “annuncio”, “proposta” “accompagnamento” vocazionale, o non si è mai confrontato con questi o simili orientamenti: “L’itinerario di una vocazione e la sua graduale maturazione passano ordinariamente attraverso questi momenti: l’annuncio, la proposta, l’accompagnamento vocazionale”[1].
Con obiettività devo riconoscere che la pastorale delle vocazioni nella chiesa italiana in questi anni ha fatto molta strada ed ha elaborato un ricco patrimonio di contenuti, itinerari ed esperienze. Quello che stiamo vivendo è tuttavia un momento delicato: uno di quei cosiddetti momenti di passaggio che richiede fede e lucidità pastorale.
Uno degli snodi destinato a dare qualità e verità all’educazione alla fede dei giovani – visto il tema dell’accompagnamento vocazionale affrontato nelle pagine che seguono – è sicuramente quello di un corretto rapporto tra pastorale giovanile e pastorale vocazionale. Negli ultimi due incontri nazionali dei Direttori dei Centri Diocesani Vocazioni, in sintonia e stimolati dagli Orientamenti CEI per gli anni ‘90 “Evangelizzazione e testimonianza della carità”, è stato approfondito tale rapporto affrontando le seguenti tematiche: “La costitutiva risonanza vocazionale nell’educazione dei giovani alla fede” e “Il Vangelo della Carità chiama i giovani”[2].
Anche il S. Padre – oltre caratterizzare vocazionalmente ogni suo gesto e ogni sua parola rivolta ai giovani – ha dedicato il Suo Messaggio per la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni dello scorso anno a tale tema, allo scopo di invitare “tutti a riflettere sullo stretto legame che salda la pastorale giovanile alla pastorale vocazionale” [3].
È dunque opportuno stabilire una connessione sempre più viva tra pastorale giovanile e pastorale vocazionale, ai fini di un vero e proprio accompagnamento vocazionale delle giovani generazioni. Ciò comporta da parte di tutti il superamento delle affermazioni di principio – riassumibili nella scelta maturata nella chiesa italiana di caratterizzare vocazionalmente la pastorale giovanile – per verificare alla prova dei fatti – negli itinerari di fede proposti ai ragazzi, adolescenti, giovani – la bontà, le difficoltà e, perché no, i risultati di tale proposta educativa.
Complementarietà tra pastorale giovanile e pastorale vocazionale significa anzitutto completezza di un progetto educativo alla fede, ove la proposta vocazionale non può essere generica o destinata a restare implicita o affidata alla buona volontà dell’uno o dell’altro educatore.
Pur nella loro autonomia – specifici e diversificati sono, infatti, i progetti educativi, gli educatori e gli itinerari proposti – complementari sono le finalità della pastorale giovanile e della pastorale vocazionale: il “vieni e seguimi” evangelico comporta l’apertura del giovane credente sia all’incontro e all’accoglienza nella propria vita del Cristo – sollecitato dalla pastorale giovanile – e la disponibilità a mettersi alla Sua sequela, che comporta uno specifico accompagnamento vocazionale.
Complementari sono la proposta di fede e la proposta vocazionale in riferimento all’età o situazione di vita della persona: dalla specifica situazione evangelica “mentre riassettavano le reti” – quale specifica attenzione della pastorale giovanile alla crescita umana e spirituale del giovane – al “lasciato tutto lo seguirono”; quale specifica attenzione e servizio di discernimento offerto dalla pastorale vocazionale.
Complementari sono gli itinerari di fede: dal “se vuoi…” iniziale dell’incontro di Cristo con il discepolo – che comporta la gradualità della proposta della pastorale giovanile – all’“eccomi” che contrassegna di definitività e totalità le vocazioni bibliche, modello e punto d’arrivo della proposta vocazionale. Sul piano educativo – in un cammino di fede personale e comunitario del giovane credente – non si tratta certamente da parte degli educatori di vantare primogeniture, accaparramenti di monopoli e tanto meno di tracciare come dei “confini” educativi: sin qui arriva la pastorale giovanile e da qui in avanti s’inserisce la pastorale vocazionale…
Si tratta semmai d’individuare e qualificare i “luoghi educativi” reali ove, come afferma Giovanni Paolo II, “quest’impegno della Chiesa per i giovani, con le dovute attenzioni d’ordine pedagogico e metodologico, non può prescindere in alcun modo dal considerare come dovere primario la proposta e l’accompagnamento delle varie vocazioni. Né può prescindere da un’attenzione costante e specifica per le vocazioni al ministero ordinato e alla vita di speciale consacrazione, bisognose per loro natura di una cura particolare” [4].
Il primo ed essenziale “luogo educativo” ove si concretizza quest’impegno della chiesa, quindi la complementarietà tra pastorale giovanile e vocazionale, è anzitutto una “coscienza educativa” matura e sensibile alla dimensione vocazionale d’ogni educatore alla fede: soprattutto coloro che sono impegnati tra i ragazzi, gli adolescenti e i giovani non possono non avere la consapevolezza che una proposta di fede alle giovani generazioni, che non sia vocazionale, è monca e incompleta. “È compito degli educatori, nell’adempimento dei rispettivi ruoli, accompagnare la maturazione delle diverse vocazioni, avendo particolare riguardo per quelle al sacerdozio e alla vita consacrata”[5]. Come dire che l’educatore alla fede impegnato a condurre il giovane ad incontrare Cristo nella Parola, Sacramenti, Testimonianza della Carità deve sentirsi naturalmente impegnato ad accompagnare il giovane fin dalla sua fanciullezza, attraverso la delicata fase dell’adolescenza, nella maturazione e discernimento della vocazione personale.
Altro “luogo educativo” – ove la complementarietà tra pastorale giovanile e vocazionale non è più un affermazione di principio ma un vero e proprio laboratorio vitale – è la sinergia dei diversi educatori presenti nella comunità cristiana (genitori, catechisti, sacerdoti, insegnanti, animatori di gruppi giovanili, animatori vocazionali, ecc…), consapevoli che insieme, ciascuno con il proprio dono e secondo il proprio ruolo, sono chiamati a dare uno specifico contributo e “tocco” educativo all’educazione alla fede e maturazione vocazionale della persona, accompagnandola insieme e gradualmente dal primo annuncio e incontro con Cristo nella fanciullezza, sino all’orientamento e discernimento vocazionale nell’età giovanile.
Il S. Padre – richiamando la Sua Esortazione Apostolica, la “Pastores dabo Vobis” – in proposito afferma: “affido a tutti i responsabili e agli operatori della pastorale giovanile e di quella vocazionale il compito affascinante e insieme esigente dell’animazione vocazionale. È necessario fare in modo che si diffonda e si radichi la convinzione che tutti i membri della Chiesa, nessuno escluso, hanno la grazia e la responsabilità della cura delle vocazioni” [6].
Altro “luogo educativo” ove si visibilizza ulteriormente nella comunità cristiana la complementarietà tra pastorale giovanile e vocazionale, è la proposta – al fanciullo, adolescente, giovane – di un itinerario di fede in chiave vocazionale. La consapevolezza che un itinerario di per sé presuppone un punto di partenza e un punto d’arrivo, oltre che dei graduali passi intermedi, deve condurre alla valorizzazione del Sacramento del battesimo, come sacramento fontale della vocazione cristiana alla santità: quasi un “pollone vocazionale” da cui scaturiscono, prendono vita e maturano le vocazioni cristiane specifiche e personali, come paziente cammino della persona nella vita della comunità ecclesiale.
La sintesi del cammino spirituale o itinerario di fede vocazionale, con sottolineature che ciascun educatore alla fede e ogni comunità cristiana può riconoscere come “passi” o “passaggi” educativi da non dare per scontati, ci è offerta dal Piano Pastorale per le Vocazioni, che desidero ancorare a quanto recentemente proposto dai nostri Vescovi nella “Nota pastorale dopo Palermo”: “la formazione sia attuata mediante ‘itinerari’ differenziati per età e per situazioni esistenziali, impegnativi ed esigenti, ma rispettosi della gradualità. Gli itinerari… presentino la vita come vocazione comune all’amore, che si concretizza nelle vocazioni specifiche al matrimonio, alla vita consacrata, al ministero sacerdotale, alla missione ad gentes, le quali a loro volta assumono una fisionomia propria nel cammino personale di ognuno”[7].
Il Piano Pastorale per le Vocazioni così descrive tale itinerario vocazionale. “Un dato è ormai patrimonio acquisito nella pastorale delle vocazioni: una scelta vocazionale non matura soltanto attraverso esperienze episodiche di fede, ma attraverso un paziente cammino spirituale. L’itinerario di una vocazione e la sua graduale maturazione passano ordinariamente attraverso questi momenti: l’annuncio, la proposta, l’accompagnamento vocazionale.
L’annuncio
Il punto di partenza della pedagogia vocazionale si trova ordinariamente in comunità cristiane sensibilizzate mediante la parola di Dio, i Sacramenti, la preghiera, l’impegno apostolico. La comunità cristiana, luogo e segno fedele della salvezza di Dio, è dunque, in linea ordinaria, il punto di partenza, il terreno propizio per un cammino vocazionale.
La proposta
Il passo successivo è costituito dalla proposta diretta, dall’appello personale. Fare proposta vocazionale ai giovani d’oggi significa dunque indicare un cammino spirituale, ovvero un cammino di fede in chiave vocazionale. Un cammino spirituale abbia la lucidità di annunciare Gesù Cristo in pienezza e di far fare un’autentica esperienza di Chiesa, tenendo fede al dinamismo profondamente unitario offerto dalla Parola – Sacramenti – Carità, che costituiscono in sintonia la struttura dell’esperienza cristiana, quindi di una crescita vocazionale armonica. Il rapporto personale, inserito in un itinerario di fede, suggerirà infatti ai responsabili il momento opportuno per l’appello, per una proposta d’ulteriore e specifico cammino vocazionale.
L’accompagnamento
La fase d’accompagnamento sostiene il giovane dal momento in cui percepisce la chiamata a quello della decisione vocazionale: ciò può avvenire nell’ambito della sua comunità d’origine o nel dialogo individuale fiducioso e spontaneo, specialmente con persone consacrate. L’accompagnamento individuale personalizzato in una sapiente opera di discernimento e direzione spirituale – e l’accompagnamento di gruppo, condivisione di un graduale cammino di fede comunitario – sono quindi oggi complementari e decisivi per una scelta vocazionale matura”[8].
Si tratta di una sintesi che non necessita di particolari commenti, tanto è lucida e ricca di senso pastorale negli orientamenti proposti: ogni educatore, oltre che una chiave di lettura delle pagine che seguono, potrà trovarsi quasi una “scheda” per dare qualità e verificare il proprio servizio d’accompagnamento vocazionale dei giovani che ci sono affidati nelle nostre comunità cristiane.
Note
[1] CEI, Vocazioni nella Chiesa Italiana, Piano Pastorale per le Vocazioni, Roma 1985, n. 45.
[2] Cfr. CNV, Il Vangelo della Carità chiama i giovani, ed. Ancora, Milano 1996 (in via di pubblicazione).
[3] GIOVANNI PAOLO II, Messaggio per la XXXII Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, 7 Maggio 1995, n. 1.
[4] GIOVANNI PAOLO II, Idem, n. 3.
[5] GIOVANNI PAOLO II, Idem, n. 4.
[6] GIOVANNI PAOLO II, Idem, n. 5.
[7] CEI, III Convegno Ecclesiale (Palermo 20-25 Novembre 1995), Il Vangelo della Carità per una nuova società in Italia, Testi fondamentali del Convegno e Nota pastorale dei Vescovi n. 40, p. 250, Roma 1996.
[8] CEI, Piano Pastorale per le Vocazioni, Vocazioni nella Chiesa Italiana, Roma 1985, n. 46, 47, 48.