N.04
Luglio/Agosto 1996

La risposta della Chiesa italiana ai giovani in ricerca

A livello di affermazioni, di convinzione e di preoccupazione educativa la caratterizzazione vocazionale della pastorale giovanile è un fatto acquisito.

 

 

La pastorale giovanile italiana sceglie di caratterizzarsi come vocazionale

È punto di non ritorno nei documenti e nel linguaggio degli operatori, è continuamente richiamata nei messaggi del Santo Padre per le Giornate Mondiali della Gioventù. Sono stati fatti a livello nazionale e regionale dei convegni appositi, lo stesso messaggio per la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni del 1995 ha messo a tema i due elementi: pastorale giovanile e vocazionale. Le affermazioni, i principi, le intenzioni hanno una buona consistenza e sono riferimenti per chiunque si voglia applicare con obbedienza ecclesiale all’educazione dei giovani.

Un altro fatto sta a dimostrare questa caratterizzazione, a partire questa volta dall’esperienza e non dai principi o dai desideri degli operatori pastorali. Sta diventando impraticabile un gruppo formativo giovanile generico: lentamente scompare dalle comunità cristiane il classico gruppo di giovani, definiti solo come giovani, che si incontrano in una zona pressoché franca della propria giovinezza ad aspettare di assumere qualche volto più definito. Oggi il giovane generico non esiste più in parrocchia: o è animatore e ha cammini formativi come animatore o è fidanzato e allora imposta tutta la catechesi per un buon periodo sulla vocazione al matrimonio o è obiettore e quindi sviluppa tutta una ridefinizione della sua scelta di cristiano entro l’esperienza del servizio, o è impegnato nella cultura e di conseguenza si trova con chi vuol riflettere sul significato delle cose e non solo sul come operare… Esistono insomma attenzioni particolari che la comunità cristiana affronta con maggior attenzione specifica. Già questi due elementi danno l’idea di che cosa la Chiesa ha in serbo per le insistenti domande di compagnia, di senso, di coraggio che i giovani le fanno pervenire.

 

 

Le proposte del Convegno di Palermo

A Palermo, e in seguito a Roma all’Ergife in febbraio, quando ci si è ritrovati per concludere il discorso lasciato incompleto, l’ambito giovani ha evidenziato ulteriormente questa scelta. Si dice infatti in una delle proposizioni votate: “La formazione deve offrire un respiro vocazionale, che aiuti a vivere in modo maturo il tempo delle scelte della vita, nella consapevolezza della varietà delle vocazioni e della ricchezza di ciascuna di esse. A questo scopo è necessario proporre itinerari personalizzati che permettano ai giovani di scoprire il significato della propria esistenza facendo esperienza dell’amore di Dio, così che le scelte che è aiutato a fare maturino come risposta consapevole alla chiamata di Chi li ha amati per primo. Gli organismi diocesani di pastorale giovanile lavorino in particolare sinergia con quelli di pastorale vocazionale, per progettare itinerari formativi ispirati alla responsabilità e ad un maturo senso di Chiesa”. Al di là di queste affermazioni esplicite è importante cogliere anche lo stile di risposta alla ricerca vocazionale.

 

 

Una formazione non scolastica, ma che si misura sulla vita di carità

Spesso la domanda dei giovani di essere aiutati a decidersi nella propria vita viene frustrata da una formazione troppo razionale, troppo costruita nell’astrazione delle discussioni di gruppo. È una sfida da vincere oggi nella pastorale giovanile. Non è sufficiente essere tutti d’accordo che occorre formazione: oggi bisogna dare un volto più vitale e perciò più vocazionale alla formazione. Non si può pensare che a fare riunioni anche settimanali, pure con obiettivi chiari, si faccia automaticamente formazione, se la vita è sempre lontana, se la carità è solo un tema che interessa al momento dell’applicazione, se le relazioni quotidiane non vengono smontate e rimontate in una vita di donazione.

Provo a mettere assieme, anche senza collegarle, alcune qualità della formazione, come emergono dal documento conclusivo dei vescovi. Dopo aver con precisione riportato al centro di ogni preoccupazione formativa la persona viva di Gesù, della formazione si dice: “cura la dimensione intellettuale, è fatta di esperienza vitale, allena ad essere operativi e contemplativi, si misura sulle esigenze della cultura, offre ragioni di vita e modi di vita, sviluppa passione per il vero e il bene, aiuta a scelte coscienti e responsabili, offre momenti di riflessione, favorisce l’incontro con testimoni autentici, è costituita da esperienze vive di celebrazione, preghiera, carità e servizio ai poveri, sa inscrivere iniziative straordinarie nella progettualità…”.

 

 

Una comunione fatta di raccordo globale con il mondo adulto, di Chiesa casa accogliente

La comunità cristiana infatti:

– Si decide per un progetto in cui la genialità dei giovani è opportunità di grazia.

Momento di grazia, ebbe a dire il Santo Padre, non è solo o soprattutto occasione favorevole, opportunità, felice coincidenza, ma luogo e momento della comunicazione di Dio. Progettare è sognare una figura di giovane credente e offrire gambe per realizzarla.

 

– Offre amore disinteressato e esigente, senza discriminazioni e strumentalizzazioni.

La comunità cristiana deve trovare la forza e la determinazione di mettersi al servizio della cultura della vita per tutti i giovani, e non solo per chi frequenta, in termini gratuiti, senza sperare ingrossamento delle proprie fila e senza condizionare il proprio interessamento per loro alla appartenenza al proprio mondo. Il diritto all’educazione, a sentirsi proporre con passione ragioni di vita, è un diritto sacrosanto come il diritto alla vita, all’istruzione, al lavoro. La comunità cristiana si spende per i giovani perché per tutti ci siano spazi di crescita in dignità e responsabilità. Spesso il nostro interesse per i giovani deve poter portare a messa qualcuno di più, farlo entrare nei nostri gruppi, portarlo a diventare uno dei nostri. Diventa più importante la conquista che il bene personale. Siamo solo noi che cogliamo l’equazione tra il loro bene e l’appartenenza ai nostri gruppi o mondi. Loro spesso lo vedono come un contributo da pagare, un intervento lontano dall’essere disinteressato. Per questo la comunità cristiana si apre a tutte le possibili collaborazioni col territorio, a tutte le stimolazioni e i richiami necessari per rendere la società propositiva di valori per il mondo giovanile, fino a dare vita a una sorta di costituente educativa, per stabilire le basi di un’educazione diffusa.

 

– È casa accogliente, in cui, in un dialogo con gli adulti si diventa protagonisti della propria formazione e evangelizzazione.

La presenza e necessità dell’adulto nella pastorale giovanile è un dato acquisito. L’adulto porta con sé la concretezza di una risposta alla chiamata di Dio e diventa termine di confronto, sostegno, guida spirituale per aiutare i giovani a fare le proprie scelte.

 

– Mette a disposizione alcuni strumenti indispensabili.

Oratori o strutture educative, associazioni e movimenti come luoghi privilegiati di crescita e di irradiamento missionario.

 

 

Una missione che rompe le barriere vicini-lontani

Sono al riguardo sufficientemente eloquenti le proposizioni votate.

I giovani siano educati e aiutati ad essere i primi testimoni e annunciatori del Vangelo a tutti gli altri giovani, appartenenti al proprio mondo di amici, ma anche oltre ogni confine di nazione, lingua, razza, religione, rinnovando così lo slancio missionario delle generazioni di giovani che li hanno preceduti e che hanno lasciato la propria terra e sicurezza per testimoniare Cristo nel mondo intero.

Si vada verso i giovani nei modi e nei linguaggi propri del mondo giovanile: sport, musica, spettacolo, dove essi possono essere coinvolti e manifestare i loro talenti. Pastori ed educatori incontrino i giovani là dove essi sono, negli ambienti di vita e di incontro sul lavoro, nella scuola e all’università, nelle caserme e nel servizio di volontariato, sulla strada… valorizzando i carismi e le esperienze proprie delle associazioni e dei movimenti nella pastorale di ambiente.

La scuola sia considerata un luogo privilegiato di impegno culturale e formativo. In questo senso sia qualificata e potenziata la proposta dell’insegnamento della religione cattolica; siano sostenute le aggregazioni laicali ed ecclesiali di studenti e di docenti e genitori che operano all’interno delle scuole promuovendo anche opportuni spazi e iniziative di collaborazione con la pastorale giovanile.

Le comunità cristiane promuovano il valore educativo della scelta dell’obiezione di coscienza e del servizio civile come vie particolarmente significative di missionarietà e di testimonianza; qualifichino il loro impegno di presenza e di servizio nel mondo militare per assicurare in esso una convinta educazione alla pace e alla solidarietà.

 

 

Una forte spiritualità cristiana

È significativa l’esperienza di fede che trova la sua sintesi nella dimensione vocazionale, per cui diventa necessario coltivare la vocazione educando alla responsabilità, aiutare ciascuno perché sia in grado di stabilire un dialogo personale con Cristo, proporre tutte le scelte di vita che costituiscono la ricchezza della Chiesa nei doni dello Spirito, andando oltre l’attivismo e il protagonismo che non accoglie la Parola.

La prospettiva della spiritualità è quella dell’Incarnazione, una spiritualità laicale che accoglie totalmente la vita del giovane, che sa che il giovane che lavora si fa santo solo se assume il suo lavoro come luogo per vivere, crescere e credere. Per questo occorrono itinerari di formazione che non puntano sull’eccezionale, ma sulla quotidianità, centrati sulla Parola di Dio e su una forte esperienza di comunione che ha centro in Gesù, esigente (sempre tutto il Vangelo anche se in una gradualità educativa), totalizzante. Per questo occorre preparare figure di educatori che sanno far crescere la spiritualità del giovane: motivati, testimoni credibili e punti di riferimento, riqualificati, maturi.

Il luogo della sintesi educativa in cui la spiritualità diventa vita è la persona, che si apre al prossimo, aiutata da guide spirituali che permettano al giovane di ricentrarsi su Gesù Cristo in un cammino serio e esigente di conversione (Parola, sacramenti preghiera), in un maggior impegno sull’essenziale, rispondendo così al desiderio giovanile di un’interiorizzazione di vita cristiana concreta.

L’uomo evangelico è colui che avendo scoperto quanto è grande l’amore di Dio si sente responsabile di fronte al fratello. Ogni giovane deve crescere nell’amore a Cristo, alla Chiesa, per promuovere la vita integrale per tutti e avere passione per tutti gli uomini. È Cristo che fa appassionare alla vita di tutti.

Nel Documento finale viene esplicitato anche un riferimento alle vocazioni di speciale consacrazione, come naturali strade con cui i giovani si devono confrontare nella quotidianità della ricerca. È un altro invito a perfezionare un cammino di collaborazione tra pastorale giovanile e vocazionale. Esistono quindi indubbiamente tutte le condizioni perché questa prospettiva sia progettuale e non occasionale.