Sotto la tutela del tuo nome
Dall'omelia sull'Annunciazione di Germano di Costantinopoli
Germano (+733) divenne patriarca di Costantinopoli nel 715, sotto l’imperatore Anatolio II. Dovette fronteggiare la questione del monotelismo (un’eresia che riconoscendo in Cristo soltanto una volontà – quella divina – in pratica rimetteva di nuovo in discussione la piena umanità di Cristo) e si trovò dentro la tempesta dell’iconoclasmo, prendendo posizione decisa a favore delle immagini. Durante la persecuzione scatenata dall’imperatore Leone III Isaurico, Germano dovette dimettersi nel 730 e si rifugiò presso una proprietà di famiglia, dove morì intorno al 733, secondo la tradizione ultranovantenne. Condannato da morto in un sinodo iconoclasta nel 754 venne definitivamente riabilitato nel settimo concilio ecumenico di Nicea II, nel 787.
Grande cantore di Maria, il testo che presentiamo ha degli echi che ricordano – e a volte sembrano proprio le sue – le parole di San Bernardo di Chiaravalle o di Dante stesso. Un’anima innamorata di Maria, certamente si accorderà con grande facilità alle parole di Germano. E’ la Madre alla quale ci affidiamo, nel bisogno, nella paura, nella necessità, con quella dolce sicurezza di essere ascoltati: per la felice esperienza fatta altre volte, dice Germano. E l’accumulo di definizioni nella seconda parte del testo, altro non è che l’anima del fedele che parla dall’abbondanza del cuore, della certezza filiale che una mamma ascolterà sempre il grido del figlio. Notiamo la conclusione che crea un legame speciale con lo Spirito.
Il tuo aiuto è efficace, o Madre di Dio,
per conseguire la salvezza,
e non ha bisogno di raccomandazioni di altri presso Dio.
Tu, infatti, sei la vera madre della vera vita,
tu il lievito per il rinnovamento dell’uomo,
tu la liberazione dal disonore di Eva.
Nessuno ottiene grazia
se non per te che fosti degna di ospitare
Iddio stesso nel tuo seno.
E per questo, a ragione, ogni persona addolorata
ricorre a te e l’infermo a te si stringe.
Tu allontani da noi lo sdegno e l’ira,
le tribolazioni e le tentazioni del demonio
e distorni le giuste minacce e la sentenza
di meritata condanna,
per l’amore grande che porti
al popolo che dal tuo figlio prende nome.
Per questo il popolo cristiano, conoscendo il suo misero stato,
con fiducia affida a te le sue preghiere
e ti chiede di presentarle a Dio.
Egli spera, anzi è certo, di piegarti
e di ottenere quanto chiede, o tutta santa,
per la felice esperienza fatta altre volte
e per la moltitudine dei tuoi benefici elargiti a noi
e, pregandoti continuamente,
di costringerti ad ascoltarci con benevolenza.
Per cui, chi non ti chiamerà beata?
Appena, infatti, un cristiano è preso dal timore
e inciampa nel sasso, immediatamente
invoca la tutela del tuo nome.
Noi siamo presi da ammirazione per te,
speranza immutabile, protezione inconcussa,
sicuro rifugio, avvocata sempre vigile,
perenne salvezza, soccorso sempre pronto,
protezione completa, muro inespugnabile,
tesoro di delizie, giardino irreprensibile,
rocca sicura, trincea da ogni parte fortificata,
torre di aiuto potente,
porto per chi è travolto dalla tempesta,
tranquillità per chi ha l’animo turbato,
scampo dei peccatori, rifugio dei disperati,
richiamo degli esuli, ritorno per gli espulsi,
riconciliazione tra i nemici, condanna dei dannati,
benedizione ai maledetti, rugiada dell’anima sconvolta,
vigore e vita della pianta abbattuta e invecchiata.
Per te, infatti, dice la Scrittura,
le nostre ossa germoglieranno come l’erba;
tu che sei la madre del pastore e dell’agnello
e la mediatrice manifesta di tutti i beni.
(Testo tratto da Lodi alla Madonna nel primo millennio delle Chiese d’Oriente e d’Occidente, Edizioni Paoline, Roma 1981, 3a, 111-2)
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