N.01
Gennaio/Febbraio 2021

Una ecologia della comunicazione

CONNESSIONE O DISTRAZIONE

 

La comunicazione non è solo una delle attività umane più praticate e diffuse al mondo nel nostro presente. È una delle articolazioni dell’economia in più rapido e ipertrofico sviluppo, un orizzonte culturale sempre più pervasivo, il più brulicante teatro della vita sociale, fino al punto da diventare ormai una dimensione psicologica ed emotiva nell’esperienza quotidiana di miliardi di persone. Una dimensione nella quale si gioca non solo il diritto all’informazione e alla conoscenza, ma finanche la solidità della vita democratica delle nazioni, della loro politica, dei processi che ne sorvegliano la correttezza e l’integrità. Una dimensione che rischia sempre più spesso e sempre più intensamente di rinnegare i propri scopi originari per trasformarsi da pratica di connessione con l’altro, a strumento di distrazione di massa.  

 

CRESCITA PERVASIVA

 

Ovviamente non è sempre stato così. Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in poi i mezzi di comunicazione, fin lì strumenti di trasferimento d’informazione e offerta d’intrattenimento, cominciano una rapida e inesorabile ascesa, un ampliamento della loro sfera d’azione e d’incidenza, una moltiplicazione e uno sviluppo dei dispositivi e delle platee che corrono paralleli al raffinarsi tanto delle tecnologie quanto dei discorsi e delle esperienze di fruizione da essi offerti.  

Già negli anni Sessanta Guy Debord teorizzava e analizzava la “società dello spettacolo”, formula che in estrema sintesi vedeva i mezzi della produzione capitalistica esondare e invadere la sfera pubblica e quella privata, mutando la condizione d’esistenza dell’individuo in un mondo in cui perfino le immagini diventavano merce, la rappresentazione si sostituiva al rappresentato e il discrimine tra il vero e il falso veniva messo radicalmente in crisi.  

Il nostro presente è il risultato del compiersi definitivo di quel processo così lucidamente e profeticamente annunciato, ed è con ogni probabilità il punto in cui una nuova grande cesura, una nuova epocale trasformazione segna una nuova mutazione della condizione dei singoli e dei gruppi.  

La rete internet ha deciso un repentino scatto in avanti delle possibilità per la comunicazione di crescere in pervasività, rapidità e diffusione. Tanto che nel giro di vent’anni la rete è divenuta un immenso universo che contiene, collega e regola molta parte del mondo analogico. E come, quasi alla fine dell’era della prima epopea televisiva, si parlava di “videosfera” per indicare e descrivere il nuovo mondo dominato dall’immagine elettronica, oggi, nell’era della comunicazione, il world wide web basta a definire l’orizzonte nel quale ci muoviamo come una rete che, ormai con poche soluzioni di continuità, avvolge il pianeta costituendone una sorta di superfetazione virtuale.  

 

GLOBALIZZAZIONE

 

Ernst Haeckel, alla fine del diciannovesimo secolo, è tra i primi a individuare e definire il termine “ecologia” illustrando la scienza ecologica come l’insieme di discipline e conoscenze che si occupano di studiare le relazioni tra gli organismi e il loro ambiente fisico. Immaginando la sfera della comunicazione come un vero e proprio habitat nel quale la persona vive e agisce oggi, può essere utile pensare anche a una ecologia della comunicazione, che illumini e analizzi i modi in cui questo nuovo contesto informa e modifica l’esistenza delle persone e le dinamiche del loro mettersi in relazione l’una con l’altra. 

 

 

Che cos’è oggi la comunicazione? Quasi che dal Secondo Dopoguerra in poi i fili si fossero intrecciati e gli strati moltiplicati, il processo del comunicare nel tempo presente sembra aver subito una “globalizzazione” simile a quella che ha investito il nostro pianeta: pubblico e privato, segreto e manifesto, particolare e universale, locale e globale, alto e basso, sacro e profano, formale e informale si trovano confusi e mescolati in un unico flusso che copre quasi costantemente (o perlomeno rischia di farlo) l’esperienza diretta, il pensiero critico, premendo per riempiere ogni interstizio di stasi e di silenzio. Un flusso che scorre incessantemente come la timeline di una pagina social, come il palinsesto dei mercati azionari, come la pagina degli aggiornamenti di un’agenzia di stampa, in un eterno presente che schiaccia e oblitera il passato e il futuro e che sospinge con sé desideri, aspettative, paure e ossessioni impossibili eppure reali.  

 

INCONTRO E SCAMBIO

 

Nonostante questo, esistono opportunità inedite offerte oggi dalla comunicazione: i modi e tempi facilitati dell’interazione possono essere sfruttati per accorciare distanze sociali, geografiche, economiche e culturali; una quantità infinitamente maggiore di informazioni si rende immediatamente disponibile potenzialmente per chiunque; grandi imprese, organizzazioni transnazionali, azioni  comunitarie congiunte diventano alla portata anche senza disporre di grandi risorse. Così cambia il modo di pensare e di mettere in atto l’incontro e lo scambio con l’altro, cambia la percezione e l’impiego del tempo, ma cambiano anche i riferimenti meno appariscenti che per decenni e forse per secoli hanno costruito la scena implicita del nostro sentire, del nostro apprendere, del nostro agire e del nostro costruire relazioni. Ragionare su un’ecologia della comunicazione significa prima di tutto iniziare a distinguere i lineamenti di tutti questi diversi aspetti all’interno di un quadro complessivo che di per sé tende a presentarsi come congerie di frammenti indifferenti ed equivalenti l’uno all’altro.  

 

 

 

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