Il tesoro della Croce di Cristo
Il testo che presentiamo non è di un autore “esotico” come al solito, ma è di uno dei Padri più famosi: Giovanni Crisostomo (☩ 407). Dopo un periodo di vita ascetica, Giovanni torna ad Antiochia e viene ordinato prete. La sua fama di predicatore (Crisostomo, cioè “bocca d’oro”) giunge a Costantinopoli, dove l’imperatore Arcadio lo scelse per l’importante sede episcopale della capitale. Con uno stratagemma, lo fanno arrivare a Costantinopoli (se avesse saputo il vero motivo non ci sarebbe andato) e lo ordinano vescovo della capitale. Qui, la sua predicazione efficacissima in favore della giustizia e dei poveri, le sue riforme del clero e della Chiesa gli attirano l’ostilità dei potenti e di quella parte della Chiesa che voleva continuare a vivere come prima. Dopo un primo esilio, dal quale venne subito richiamato, Giovanni venne destituito e condannato a un secondo e definitivo allontanamento da Costantinopoli, durante il quale morì nel 407.
Nel testo che presentiamo, forse non molto conosciuto in Occidente, troviamo la prospettiva orientale sulla Croce: segno di salvezza, di santificazione e di protezione contro il male. Le immagini che scorrono hanno una forza simbolica unica, alla quale dobbiamo solo esporci per poter riceverne la luce e la forza.
Nessuno, dunque, si vergogni dei segni sacri e venerabili della nostra salvezza, della Croce che è la somma e il vertice dei nostri beni, per la quale noi viviamo e siamo ciò che siamo […]. La Croce è infatti il segno della nostra salvezza e della comune libertà del genere umano, è il segno della misericordia del Signore che per amor nostro si è lasciato condurre come pecora al macello […]. Questo segno, sia ai tempi dei nostri padri come oggi, apre le porte che erano chiuse, neutralizza l’effetto mortale dei veleni, annulla il potere letale della cicuta, cura i morsi dei serpenti velenosi. Infatti, se questa Croce ha dischiuso le porte dell’oltretomba, ha disteso nuovamente le volte del cielo, ha rinnovato l’ingresso del paradiso, ha distrutto il dominio del diavolo, c’è da stupirsi se essa ha anche vinto la forza dei veleni, delle belve e di altri simili mortali pericoli? […] Imprimi, dunque, questo segno nel tuo cuore e abbraccia questa Croce, cui dobbiamo la salvezza delle nostre anime. La Croce, infatti, che ha salvato e convertito tutto il mondo, ha bandito l’errore, ha ristabilito la verità, ha fatto della terra cielo, e degli uomini angeli.
Se lo imprimerai in questo modo sulla tua fronte, nessuno dei demoni impuri potrà restare accanto a te, in quanto vedrà l’arma con cui è stato ferito, la spada da cui ha ricevuto il colpo mortale. Se la sola vista del luogo dove avviene l’esecuzione dei criminali fa fremere d’orrore; immagina che cosa proveranno il diavolo e i suoi demoni vedendo l’arma con cui Cristo sgominò completamente il loro potere e tagliò la testa del dragone […]. Grazie a lei i demoni hanno cessato di essere temibili e sono divenuti disprezzabili; la morte non è più morte, ma sonno.
Nessuno, dunque, si vergogni dei simboli venerabili della nostra salvezza: della Croce, che è il culmine dei nostri beni, per la quale viviamo e siamo ciò che siamo. Portiamola, invece, come un trofeo, da tutte le parti! Tutte le cose, tra di noi, arrivano al loro compimento (si realizzano) per mezzo della Croce. Quando dobbiamo rigenerarci, la Croce si fa presente, quando ci alimentiamo con il mistico cibo, quando siamo consacrati ministri dell’altare, quando si compiono altri misteri, là sempre è presente questo simbolo di vittoria.
Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di san Matteo, 54,4-5. Nostra traduzione del testo greco riportato in Obras de San Juan Crisóstomo. Homilías sobre el Evangelio de San Mateo (46-90). Texto griego, versión española y notas de D. Ruiz Bueno, (BAC,146), Madrid: BAC, 1956, 148.
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