N.01
Gennaio/Febbraio 2021

I Cantori con cartiglio

 

 

Il canto alla comunione della prima domenica di Avvento è un versetto del salmo 84: Il Signore sarà buono con noi e la terra darà i suoi frutti. Il manoscritto è nella British Library e il capolettera presenta i cantori con in evidenza il testo che viene cantato, sottolineando e marcando il codice musicale, la notazione musicale. 

Il “canto” della Parola di Dio, dunque, che pone in evidenza i significati del testo, interpretandoli.  

Gli archivi e le biblioteche di tutta la civiltà cristiana sia occidentale sia orientale, sono colmi di testi che documentano la ricchezza di testimonianze del canto nella Liturgia e attestano quanta attenzione, quanto tempo, quante risorse venissero impegnate per tutto questo. 

Da dove proviene tale prassi di culto e di liturgia che non trova pari in nessuna altra espressione cultuale di nessuna altra religione della storia? La risposta ci conduce, in un cammino a ritroso, a Babilonia. Un numero di una rivista dedicata alla divulgazione scientifica degli studi biblici, in copertina recava un titolo a caratteri cubitali: la Bibbia è nata a Babilonia. Potremmo aggiungere che anche la grande storia di canto come espressione di adorazione e di culto, nasce a Babilonia. Il motivo è legato alla distruzione del Tempio di Gerusalemme, avvenuta nel 586, ed alla concomitante deportazione del popolo di Israele. Non esiste più l’altare dei sacrifici, sul quale si immolavano gli animali come segno di riconoscenza e di omaggio a Dio, creatore ed elargitore dei frutti della terra e del gregge, come il salmo ricorda: “…sarà buono con noi e la terra darà i suoi frutti”. Qui scatta la novità: l’offerta dei frutti della terra e del gregge lascia il posto all’offerta della parola cantata: dal sacrificium sanguinis al sacrificium laudis. L’esperienza dell’esilio fa maturare in Israele un atteggiamento adorante che si innalza dai riti legati all’agricoltura ed alla pastorizia, collocando il culto nell’espressione sublime e raffinata della Liturgia. Come spesso accade nella storia umana, sarà questa esperienza così particolare e contingente a spingere, verso altri traguardi, l’impiego delle risorse dell’arte e della musica, per trasformare quello che sarebbe rimasto solo un rito, in quella che sarebbe diventata l’espressione dell’arte e della musica tra le più alte e complesse di tutti i tempi, il culto. Questa esperienza, da Israele  alla Chiesa, avrebbe spalancato le porte a tutte le manifestazioni di arte a servizio della Liturgia. Questa immagine dalla British Library, ce lo racconta. 

 

 

 

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