Father and son

(Soshite chichi ni naru – Tale padre, tale figlio)

Regia: Kore-eda Hirokazu
Interpreti: Masaharu Fukuyama (Ryota Nonomiya), Machiko Ono (Midori Nonomiya), Yoko Maki (Yukari Saiki), Lily Franky (Yudai Saiki), Shogen Hwang, Jun Fubuki, Jun Kunimura, Kirin Kiki, Isao Natsuyagi, Legumi Morisaki
Produzione: Fuji Television Network, Amuse Inc., Gaga Corporation
Distribuzione: Bim
Durata: 120’
Origine: Giappone, 2013

Premio della Giuria a Cannes 2013 e menzione speciale della Giuria Ecumenica.

Il regista – Nato il 6 giugno 1962 a Nerima, Tokyo, Hirokazu esordisce in campo cinematografico con il film Maboroshi, in cui emerge un elemento che diventerà una costante della sua poetica: il rapporto tra il grandioso scenario della natura e il mondo affettivo e sentimentale dell’uomo. La notorietà internazionale arriverà per lui con il film Wonderful Life (distribuito con il titolo After Life), cui faranno seguito Distance e Nobody Knows. Dopo aver realizzato alcune opere più commerciali, come Hana e Air Doll, il regista giapponese ritorna al suo genere “autoriale” con quest’opera, in cui affronta il delicato e complesso rapporto che lega genitori e figli con un linguaggio coinvolgente e sincero, anche se, soprattutto agli occhi del mondo occidentale, un po’ ingenuo e didascalico.

La vicenda – La famiglia Nonomiya è costituita da Ryota, un architetto che lavora in un prestigioso studio della città, da sua moglie Midori e dal loro figlioletto di circa sei anni Keita. Ryota è tutto preso dal lavoro e trascura la famiglia; Midori si dedica all’educazione di Keita, ma in un modo che viene considerato troppo tenero e accondiscendente dal marito, che vorrebbe che il figlio diventasse come lui, ambizioso ed efficiente in tutto. Un giorno arriva unatelefonata dall’ospedale dove Keita è stato partorito e i due coniugi vengono a sapere che al momento della nascita il loro bambino è stato scambiato con quello di un’altra coppia, i Saiki, gente molto diversa da loro, sia sul piano sociale sia su quello familiare (il padre, Yukari, vende materiale elettrico; la madre, Yudai, lavora in una specie di ristorante; i tre bambini, tra cui Ryusei, il vero figlio dei Nonomiya, vengono allevati con grande calore e affetto). Le due coppie si incontrano ripetutamente per cercare di trovare una soluzione a questo dramma familiare. Ryota, che non nasconde il suo disprezzo per i Saiki, tenta innanzitutto di prendersi cura di entrambi i bambini. Di fronte all’opposizione dell’altra coppia, si decide di incominciare a scambiare i due bambini gradualmente solo durante i fine settimana. Infine Ryota, che è convinto che quello che conta veramente è il legame di sangue, decide che i due bambini debbano essere scambiati definitivamente. Ma dovrà rendersi conto che il legame affettivo e la vita in comune sono più forti e importanti del legame biologico.

 Il racconto – La struttura del film è lineare e scandisce la vicenda in quattro grosse parti che corrispondono a quattro periodi dell’anno.
Una didascalia con il nome del mese specifica l’inizio di tali periodi. Si può osservare che protagonisti del film possono essere considerati tutti i membri delle due famiglie che entrano in relazione; tuttavia la famiglia Nonomiya è decisamente la più importante dal punto di vista strutturale. Inoltre il personaggio di Ryota è il più importante di tutti, in quanto è lui che cerca di imporre una soluzione al problema ed è quello che, nel corso del film, ha una maggiore evoluzione interiore. 

“Novembre”
– L’incipit del film è dato da un colloquio che la famiglia Nonomiya ha con le autorità scolastiche per l’ammissione di Keita a scuola. Naturalmente si tratta di una scuola privata, che viene preferito da parte di Ryota a quella pubblica, perché più prestigiosa e quindi più ricca di prospettive per il futuro. È significativo che la presentazione che Ryota fa del figlio sia espressa, in modo critico, in termini di somiglianza: «L’indole tranquilla e la dolcezza dei suoi modi sono sicuramente di mia moglie. Ma i suoi pregi sono anche i suoi difetti. A volte si dimostra fin troppo remissivo. Ad esempio, un insuccesso non sembra scuoterlo; e devo dire che come padre questa cosa un po’ mi lascia perplesso». Keita, interrogato, parla del padre che lo ha portato al campeggio e che è bravissimo a far volare gli aquiloni. Si verrà a sapere che ciò non è vero, ma evidentemente esprime un desiderio che il bambino porta dentro di sé.
– Viene poi presentato Ryota sul piano professionale. Lavora ad un grande progetto e riceve le congratulazioni da parte del suo capo: «Grazie alla tua efficienza il tuo capo può dedicare più tempo alla sua famiglia». È importante notare che, già fin d’ora, viene rimarcato il rapporto tra impegno sul lavoro e legami familiari ed affettivi.
– Si passa poi a descrivere la vita in famiglia, non priva di tensioni dovute a un diverso modo di intendere l’educazione. Ryota, appena tornato dal lavoro, vuole sapere se il figlio si è esercitato al pianoforte e critica la moglie che si dimostra troppo tenera nei suoi confronti. Lei cerca di tranquillizzarlo: «Ce la stiamo mettendo tutta: vuole essere come il suo papà». Ma lui ribadisce: «Oggi come oggi essere gentili è una debolezza… non è che possiamo viziarlo entrambi». Poi, quasi scusandosi, dice che, una volta finito il progetto, avrà un po’ più di tempo per la famiglia. Ma Midori afferma che sono sei anni che ripete quella frase.
– Ricevuta la telefonata dall’ospedale, i due coniugi vanno a parlare con i medici e vengono a sapere che probabilmente Keita non è il loro vero figlio. Tuttavia è necessario l’esame del DNA per esserne sicuri. Nell’attesa i genitori manifestano il loro affetto nei confronti di quel figlio che forse temono di perdere: a letto, in un momento di grande tenerezza, esclamano ripetutamente: «Sempre insieme».
– L’esame del DNA rivela «l’assenza di corrispondenza biologica» tra il bambino e i suoi “genitori”. La reazione di Ryota è rabbiosa: dà un pugno al vetro del finestrino e pronuncia una frase che lascia allibita Midori e che esprime la vera preoccupazione dell’uomo: «Si spiega tutto ora». In altre parole, ora Ryota capisce perché quel bambino non gli somiglia in termini di ambizione e di determinazione ed è questo il motivo principale del suo rammarico.
– Naturalmente Ryota non esita a rimproverare la moglie per aver voluto partorire in un ospedale di provincia, senza tener conto che la donna l’aveva fatto per avere l’aiuto della madre, e creando in lei dei sensi di colpa: «Sono una madre; come ho fatto a non rendermene conto?».
– C’è poi l’incontro con i coniugi Saiki e con l’avvocato dell’ospedale che invita tutti a prendere una decisione velocemente: «È in gioco il futuro dei vostri figli… sarebbe bene prima dell’inizio della scuola».
Inizia qui un filone tematico che continuerà per quasi tutta la durata del film: la contrapposizione tra la semplicità dei coniugi Saiki (che hanno allevato tre bambini, che sono di umile condizione, che pensano anche di trarre un vantaggio economico da quella vicenda; ma che vivono con i loro figli in un rapporto di partecipazione e di profondo affetto) e l’altezzosità e lo sdegno di Ryota che disprezza il mestiere di Yukari («È un commerciante»), ma che desidera solo che il figlio faccia carriera nella vita, come ha fatto lui, incurante dell’aspetto relazionale e affettivo.
– È significativo che la prima cosa che Ryota fa è quella di tranquillizzare il suo principale: «La cosa non influirà minimamente sul mio lavoro». E poi sembra fare propria l’idea che il suo capo gli suggerisce: «Ma scusa, perché non li cresci tu tutti e due? È una soluzione».
– Nel successivo incontro tra le due famiglie in un centro commerciale, l’autore sottolinea i diversi comportamenti dei vari membri: i bambini giocano tra di loro con la massima naturalezza; le due madri si scambiano opinioni e consigli; Ryota sta sulle sue e in seguito rimprovera la moglie per aver dato troppa confidenza a Yudai: «Ma chi si crede di essere quella? Non legare troppo con loro. Un domani potremmo anche trovarceli contro in tribunale».
– Più tardi Ryota si incontra con il suo avvocato e gli esprime l’intenzione di prendersi in custodia tutti e due i bambini. Gli parla dei legami di sangue e, nonostante l’avvocato gli dica che si tratta di un concetto antiquato, l’uomo esprime la propria convinzione che sia proprio il sangue a stabilire il rapporto padre-figlio. È molto significativa la risposta dell’avvocato: «Sei proprio rimasto indietro.
Devi avere un problema con la figura paterna». Ryota vorrebbe addirittura sottrarre Ryusei ai suoi “genitori” per via legale: «Lei è una nevrastenica e lui è una nullità. Sarei disposto a pagare una somma considerevole se fossero disposti ad accettare l’affidamento». Ma l’avvocato, molto saggiamente, lo consiglia piuttosto di unirsi a loro nella battaglia con l’ospedale. 

“Gennaio”
– Siamo giunti al quarto incontro tra le due famiglie. L’avvocato dell’ospedale li sollecita a prendere una decisione: «I bambini si adattano in fretta alle novità». Ma i genitori, non sentendosi ancora pronti, decidono di incominciare lo scambio dei bambini in modo graduale, iniziando dai fine settimana.
– Ryota cerca di spiegare a Keita il motivo di questo cambiamento e gli parla di una “missione”: «È una missione per farti crescere e diventare forte. Devi dormire a casa di Ryusei: fa tutto parte dell’educazione. Tutto per farti crescere forte e farti diventare grande».
– Keita viene portato a casa dei Saiki che vivono in periferia.
Naturalmente Ryota ha un atteggiamento critico: «Non è possibile. Guarda che razza di posto».
A questo punto è importante sottolineare un filone semiologico che si accosta a quello tematico sopra accennato. Le immagini che si riferiscono alla vita dei Nonomiya riprendono ambienti lussuosi ma asettici, con una figurazione che sottolinea l’aspetto geometrico, razionale, funzionale. L’illuminazione è fredda e i colori sono scuri e spenti. Quelle invece che si riferiscono alla vita dei Saiki mostrano ambienti popolari, disordinati e un po’ sporchi, ma con colori più vivi che indicano il calore umano e la condivisione.
Inoltre, durante i viaggi che i Nonomiya fanno dalla città alla periferia e viceversa, le immagini mostrano enormi tralicci e un’infinità di cavi elettrici, segno di modernità. Non si sentono i rumori, ma soltanto alcune note musicali piuttosto malinconiche e tristi.
– Da questo momento l’autore fa largo uso del montaggio parallelo per mostrare i due bambini che si trovano ad affrontare situazioni e rapporti del tutto nuovi. È facile capire che Keita si trova a suo agio in quella nuova famiglia allegra, dove regnano la partecipazione e la condivisione, dove si fa il bagno tutti insieme con la massima naturalezza, dove i bambini aiutano il padre ad aggiustare ogni genere di cosa. È importante notare che in questa famiglia c’è spazio anche per i valori religiosi e spirituali: solo dalla nonna materna Keita aveva potuto suonare quella campanella che si trova davanti all’altare dove si venerano gli antenati chiedendo la loro benedizione. Ryusei, invece, riceve subito delle osservazioni e delle critiche sul suo modo di usare le bacchette per mangiare; inoltre si sente solo senza i fratellini, si annoia e desidera ritornare nella sua casa.
– Dopo questa prima esperienza i bambini ritornano nelle loro case di origine. Ryota, come al solito, è critico. È anche indignato perché i Saiki non hanno chiesto scusa per il fatto che Keita sia caduto al parco e si sia ferito ad una mano. E ci resta male quando Keita, cui si è rotto un robot giocattolo, domanda: «Quand’è che posso tornare ancora a casa di Ryusei? Il suo papà è bravissimo. È capace di aggiustare tutto tutto». 

“Aprile”
– Altro incontro. I due padri si confrontano. Yukari rimprovera Ryota per il suo comportamento nei confronti di Keita: «Prendi questi sei mesi; ho passato più tempo io con Keita che tu in sei anni». Ryota risponde: «Non credo che sia solo questione di tempo ». Ma Yukari molto giustamente osserva: «Ma che dici? Per i bambini è solo questione di tempo».
– Ad un certo punto Ryota si decide ed avanza la sua proposta di occuparsi lui di tutti e due i bambini. Naturalmente la cosa provoca indignazione nell’altra coppia e, di fronte alla proposta di Ryota di offrire loro una grossa somma di denaro, Yukari reagisce: «Certe cose le puoi comprare, e altre cose no. E tu, vuoi comprare un figlio?».
– In tribunale emerge una verità sconcertante. Lo scambio dei neonati non è avvenuto a causa di un incidente, ma per precisa volontà di un’infermiera. La cosa è ricca di significati. Tale infermiera aveva dei problemi affettivi con i figli di suo marito e, vedendo la felicità dei coniugi Nonomiya («Avevano la stanza più costosa dell’ospedale… lui lavorava in uno studio prestigioso») decise di scaricarele sue frustrazioni sui figli di qualcun altro («Dopo mi sono sentitasollevata; non sarei più stata l’unica a soffrire»). È chiaro che l’autore vuole sottolineare l’importanza nella vita umana dei rapporti affettivi. La mancanza di questi è fonte di sofferenza che poi produce altra sofferenza. Ora la donna dice di essere pentita e di voler espiare il suo crimine, ma ormai il reato che ha commesso è caduto in prescrizione e quindi resta solo il frutto del male compiuto.
– Ryota va con un suo fratello a trovare il vecchio padre che, da quanto si capisce, vive con una donna che non è la madre dei suoi figli. Qui l’anziano genitore espone al figlio la sua teoria: «È così che funziona con i figli. Finiscono per somigliarti anche se vivono altrove. Ascolta: è il sangue; per gli uomini come per i cavalli è una questione di sangue. Più il tempo passa più lui finirà per somigliarti.
E sempre di più Keita somiglierà a loro, a quelli che sono i suoi veri genitori. Non aspettare. Sbrigati a restituirglielo. Fai lo scambio e chiudi per sempre con quella famiglia». Come si vede, il padre di Ryota ha una concezione radicalmente diversa da quella espressa dalla madre di Midori che in precedenza aveva affermato: «Chi conta è chi ti cresce, non chi ti mette al mondo». È chiaro a questo punto che la tematica del film riguarda il confronto tra queste due posizioni mentali.
– Da questo momento Ryota fa di tutto per seguire il consiglio del padre. Si scontra con Yudai che lo accusa: «La fai tanto lunga con questa storia del sangue solo perché non sei capace di creare un vero legame con tuo figlio». Dopo il saggio di pianoforte, in cui Keita fa brutta figura, Ryota si scontra anche con la moglie che gli rinfaccia quella frase («Si spiega tutto ora») che lui aveva pronunciato quando aveva saputo dello scambio dei neonati: «Che cosa volevi dire con questo? La verità è che non avevi mai accettato l’idea che tuo figlio non avesse il tuo talento».
– Si decide pertanto per lo scambio. Ryota spiega a Keita che dovrà andare a vivere dai Saiki («È una missione»). Le due mamme sono trepidanti e si abbracciano con affetto. Ryota spiega a Ryusei che ora è lui suo padre (e gli impone subito una serie di regole da rispettare), ma non sa rispondere a quella serie di «perché?» che il bambino gli pone. 

“Agosto”
– Il capo di Ryota gli cambia incarico e lo invita a passare più tempo con la famiglia. E qui incomincia un graduale ma inarrestabile cambiamento da parte dell’uomo. Si scontra con Ryusei che fa fatica ad accettare le regole e che vorrebbe tornare a casa. Ma un giorno trova tra i sedili del divano un giocattolo che era di Keita e in lui incomincia a farsi strada un sentimento nuovo.
– È significativo che quando il suo avvocato gli annuncia che è stata vinta la causa contro l’ospedale, Ryota affermi: «Io non ho vinto un bel niente»; suscitando la sorpresa dell’avvocato: «Giuro che non ti riconosco più». Ryota continua: «Non è il tuo l’affetto che cerco». Al che l’avvocato, ridendo, risponde: «Soffri di carenza affettiva? Ma sei proprio sicuro di essere tu?».
– Ryota è un uomo trasformato e diventa più sensibile nei confronti degli altri. E quando Ryusei scappa da lui e torna a casa sua, Ryota va a riprenderlo. Ma subito dopo fa un’affermazione che permette di capire tante cose: «Scappai di casa anch’io. Volevo vedere mia madre. Mio padre mi riportò a casa con lui». Anche per Ryota, quindi, c’è stata all’inizio una carenza affettiva che ha avuto delle conseguenze nella sua vita determinando il suo comportamento.
– Ed ecco la decisione di cambiare radicalmente atteggiamento nei confronti di Ryusei. Con l’aiuto della moglie, Ryota incomincia a dedicare del tempo al bambino, a giocare con lui, a ridere e scherzare. Arriva persino a montare una tenda in casa per assecondare i desideri del ragazzo. Ma questi nuovi metodi non sembrano funzionare più di tanto se ad un certo punto Ryusei, chiamato ad esprimere un desiderio, afferma: «Tornare dalla mamma e dal papà, a casa, lì con loro… scusate».
– E Midori, che s’accorge di incominciare a voler bene a Ryusei, si sente in colpa verso Keita: «Mi sento come se lo stessi tradendo. Che cosa starà facendo ora?».
– Ma il fatto più importante, che diventa decisivo, avviene quando Ryota, guardando le immagini nella macchina fotografica, s’accorge che Keita gli aveva scattato di nascosto un sacco di foto, segno del suo affetto e del suo amore. Ora Ryota si commuove profondamente e s’accorge che la sua vera paternità nasce proprio dall’amore che quel bambino ha avuto nei suoi confronti. – Ed ecco la decisione finale. Ryota e Midori riportano Ryusei a casa sua. Keita però reagisce scappando. Ryota allora lo segue e con pazienza cerca di riportarlo a sé. È significativo che i due camminino su due strade parallele. Keita afferma: «Papà non è il mio papà». Ryota risponde: «Questo è vero. Però per quei sei anni sono stato il tuo papà ogni giorno. Non ero un granché forse. Però ero il tuo papà (…) La macchina fotografica: ho visto che mi hai fatto un sacco di foto (…) Volevo dirti che la tua missione è finita» Poi le due strade si congiungono permettendo ai due di abbracciarsi con profonda tenerezza ed affetto.
– Poi fanno ritorno a casa di Ryusei, dove gli altri li stavano aspettando.
Tutti insieme entrano in casa in un clima di ritrovata serenità e di festosa accoglienza. L’immagine diventa fissa e la musica extradiegetica suggella quel momento di armonia e di gioia. 

Significazione
Come si è visto la tematica di fondo verte proprio sul tema della paternità (o della genitorialità). Che cosa significa essere padre o madre? È un fatto di pura “corrispondenza biologica”? Significa plasmare i figli e pretendere che ci assomiglino in tutto e per tutto?
È chiaro che per l’autore le cose non stanno così. Ryota, che seguiva la concezione paterna secondo la quale è il sangue la cosa più importante, si rende gradualmente conto che ciò che più conta è il vivere insieme, nel rispetto delle differenze, all’interno di un rapporto caratterizzato dall’affetto e dall’amore. 

Idea centrale
Il rapporto padre-figlio (o genitoriale) è un rapporto complesso e delicato che richiede accettazione, rispetto e amore. Un amore che supera i legami di sangue (cioè l’aspetto biologico e materiale) e che, per la sua natura spirituale, non conosce limiti o confini.