N.04
Luglio/Agosto 1999

La pastorale vocazionale trova il suo significato pieno nel servire la persona

Nel salutare tutti i presenti, desidero porgere il mio ringraziamento per l’invito a presentare l’esperienza pastorale del CDV di Reggio Calabria. Un grazie di cuore soprattutto a don Luca, che quest’anno ha condiviso il nostro cammino, guidando in Diocesi le giornate di spiritualità per i giovani e la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni. Lo ringrazio per la generosità e l’impegno, per la fiducia e l’affetto: lo ringrazio – e ringrazio il Signore – per la “sintonia” con la quale abbiamo potuto lavorare e pregare insieme per annunciare il Vangelo della Vocazione. Un Vangelo che, ne siamo convinti, è la strada per svelare ad ogni giovane, ad ogni persona umana, il senso stesso del suo essere al mondo, il significato della sua vita.

“Il concetto della vocazione è strettamente legato al mondo delle persone e all’ordine dell’amore”. Karol Wojtyla, nel suo libro “Amore e Responsabilità”, imposta la riflessione sulla vocazione focalizzando quel legame, semplice ma profondo, che esiste tra vocazione e persona e tra persona e vocazione. Non si può parlare di vocazione nel mondo degli oggetti, degli animali, della natura in genere: “la parola ‘vocazione’ (dal latino ‘vocare’ – chiamare) – continua infatti l’autore – significa etimologicamente richiamo di una persona da parte di un’altra e dovere di rispondervi”. Può sembrare un’affermazione scontata: certamente ci colpisce per la sua semplicità. Ma è una sottolineatura davvero radicale, che ci conduce alle sorgenti del Vangelo della vocazione: un legame tra l’“essere” e l’“essere chiamato”, tra – appunto – persona e vocazione. Un legame che, con coraggio e chiarezza, non si può non definire intrinseco. Tale legame ci pone dinanzi una certezza, un obiettivo, un itinerario, che potremmo tentare di esplicitare in una duplice domanda. Se, cioè, è vero che la vocazione è rivolta alla persona, “come può la pastorale vocazionale essere un aiuto perché la persona si realizzi proprio in quanto persona?”. E “come, d’altra parte, la scoperta dell’essere persona può costituire un concreto aiuto per il discernimento della propria vocazione?”.

Rispondere a questa domanda per noi, operatori di pastorale vocazionale, significa, in un certo senso, mettere i giovani stessi in grado di rispondervi. Di rispondere con la vita. Per questo, potremmo dire che il filo conduttore con il quale il CDV di Reggio Calabria si è sforzato di tessere le iniziative che oggi presentiamo è appunto l’essenza di quel legame che quasi fonde in un’unica realtà il mistero della persona e il mistero della vocazione.

 

Come può la pastorale vocazionale essere un aiuto perché la persona si realizzi come persona?

Il Documento “Nuove vocazioni per una nuova Europa” ci ricorda che “oggi fa vera promozione vocazionale solo che è animato dalla certezza che in ogni persona, nessuno escluso, c’è un dono originale di Dio che attende di essere scoperto”: in questo senso, la pastorale vocazionale è “il servizio da dare alla persona” (NVNE 13c). Alla luce di questa certezza, abbiamo sempre concepito la pastorale vocazionale come l’impegno gioioso di rispondere ad una duplice attesa: l’attesa, non sempre consapevole, dell’uomo, del giovane in particolare; l’attesa operante, fiduciosa, instancabile, di Dio. Si potrebbe definire perciò la nostra esperienza come un itinerario di fede, di speranza, di amore: un cammino che è tale prima di tutto per noi operatori.

Per l’attività del CDV è particolarmente significativa la presenza dei seminaristi: alcuni sono inseriti all’interno dell’equipe ma tutti sono direttamente coinvolti in diverse iniziative del Centro. Per essi, lo sforzo dell’annuncio e della testimonianza diventa non solo un utile apprendistato pastorale ma una preziosa occasione di verifica, conferma, slancio nel cammino di maturazione e discernimento della propria personale vocazione al sacerdozio. La spiccata sensibilità che acquisiscono li renderà inoltre, un domani, sacerdoti attenti ad orientare in senso vocazionale la pastorale delle comunità, aiutando ciascuno nel discernimento della chiamata di Dio. Oggi, però, i seminaristi sono giovani che parlano ai giovani anche se ad essi è riconosciuto un carisma particolare nell’animazione vocazionale, nell’annuncio vocazionale. È ai giovani che, soprattutto, le concrete iniziative del CDV sono rivolte. Ad ogni giovane della nostra Diocesi, della nostra terra di Calabria. Un giovane che, come tutti gli altri, ha sete di vita: e lo dimostra in molti modi.

Il Documento della CEI “Chiesa italiana e Mezzogiorno d’Italia” descrive il Sud come una realtà non omogenea, sia in termini di contesti socio-culturali sia riguardo ai rapporti di dipendenza economica tra centro e periferia (n. 7). Nel Sud ci sono tante contraddizioni: fatalismo, omertà, crimine, pessimismo… ma la gente del Sud possiede ancora una grande ricchezza di valori umani e cristiani. “Il Sud è ancora luogo di vita, ove permane la cultura dell’amicizia, il gusto della diversità, il senso religioso, l’etica del lavoro, l’amore alla famiglia, punto di riferimento e di forza, centro di affetti e di solidarietà” (n. 11).

A fronte delle indagini sociologiche, rimane comunque da considerare che, come per i giovani d’Europa, anche per i giovani del Sud alla radice di tante attese disilluse, di tanti vuoti educativi – che si possono esprimere come sete di ricerca o anche come comportamenti devianti – sembra ci siano due fondamentali aspirazioni: “la rivendicazione della soggettività e il desiderio di libertà” (NVNE 11b). Ed è profondamente vero che – come ancora ci mette in guardia il documento – in una cultura debole come quella attuale queste due istanze, peraltro legittime e “tipicamente umane”, possono degenerare e trasformarsi in “soggettivismo e arbitrio”. Credo che il Progetto culturale che la Chiesa – e dunque la pastorale vocazionale – è chiamata a promuovere, debba oggi essere un progetto che riesce a dare una risposta di verità a queste due domande.

Per la realtà giovanile della nostra città è un segno di particolare speranza l’elevato numero di giovani impegnati in attività di volontariato e di servizio o inseriti in diverse associazioni e movimenti ecclesiali. Ed è soprattutto attraverso i giovani che frequentano le nostre comunità che la pastorale vocazionale raggiunge i cosiddetti “lontani”. I “nostri” giovani sono infatti, ad un tempo, destinatari e protagonisti della pastorale vocazionale; sono ascoltatori ed annunciatori della Parola, con il loro linguaggio; sono impegnati in un personale cammino che è difficile ma gioioso e divengono così testimoni vicini e credibili di come sia urgente e bello interrogarsi sul senso della vita e trovare in Dio la risposta. Il ruolo dei giovani potrebbe essere considerato una sorta di metodologia pastorale. I giovani si ritrovano: in essi, il bisogno di amicizia, di confronto, di condivisione diventa priorità insostituibile. “La vocazione è relazione; è manifestazione dell’uomo che Dio ha creato aperto alla relazione e anche nel caso di una relazione claustrale, implica una capacità di apertura e di condivisione che si può acquisire solo con l’esperienza di una fraternità reale” (NVNE 27b).

Proprio il bisogno di essere con gli altri esprime quella vocazione ad uscire da sé che ha in Dio la sua sorgente e il suo fine. Il culmine di questa attitudine relazionale dell’uomo è infatti la preghiera, è l’incontro con Dio. È quella “logica orante” che “la comunità impara da Gesù” (NVNE 27a). Comunità-comunione e preghiera: sono questi, dunque, i punti-cardine della nostra esperienza di pastorale vocazionale.

Durante tutto l’anno, con cadenza quindicinale, si svolge presso il Seminario la Scuola di Preghiera, che raduna un numero di circa 200 giovani attorno alla Parola e all’Eucaristia. Gli incontri si articolano in tre momenti (dalle ore 19,30 alle 22,30): riflessione sulla Parola di Dio, guidata dal Rettore del Seminario; ora di adorazione eucaristica, durante la quale è possibile accostarsi al sacramento della riconciliazione; gruppi di risonanza guidati dagli animatori del CDV e dai seminaristi. La serata si conclude con la condivisione di qualche panino offerto dal Seminario e con la recita di Compieta. La Scuola di Preghiera è un cammino continuo, di pausa e discernimento, di riflessione e di abbandono al Padre. Non vuole interrompere la quotidianità, ma aiutare i giovani a ritrovare la dimensione quotidiana dell’incontro intimo con il Signore.

Durante il corso dell’anno liturgico, dall’Avvento fino alla Solennità di Pentecoste, vengono proposte ai giovani 3 Giornate di Spiritualità. Anche in questa esperienza, il punto di partenza è la Parola. Dopo l’accoglienza in Seminario, la giornata inizia pertanto con una meditazione biblica che segue, nel suo svolgimento, la traccia tematica proposta ogni anno dal CNV. Quest’anno le Giornate di Spiritualità animate dalla competente comunicativa di don Luca, hanno visto la costante presenza di circa 400 giovani. Ancora una volta, l’ascolto della Parola diventa preghiera durante l’adorazione eucaristica, cuore di tutta la giornata: un’ora e mezza circa di tempo in cui, nel silenzio e nella comunione, l’incontro con il Signore diventa spazio per un dialogo profondo, tempo per mettersi in ascolto della propria persona, modalità di interrogarsi anche sulla risposta vocazionale. Essere “con” Dio per poter essere “per” Dio e per i fratelli “pane spezzato” nelle nostre giornate, l’adorazione eucaristica sfocia nella celebrazione della S. Messa. Così, nella vita dei giovani, nella nostra vita, è l’adorazione che prepara alla celebrazione, al sacrificio, all’offerta. Alla risposta generosa e totale dell’“eccomi” sull’esempio. Dopo il pranzo al sacco e i gruppi di risonanza, la giornata si conclude con un’assemblea di condivisione, durante la quale ai giovani viene anche affidato un “mandato” da vivere nella quotidianità.

L’esperienza della preghiera e dell’adorazione assume un particolare significato e una particolare diffusione durante l’Adorazione Notturna, che si svolge tra le ore 22 e le 7 del III giovedì di ogni mese, in casa o nelle diverse comunità. È una fiduciosa richiesta al Signore, perché apra i cuori di tanti giovani all’ascolto e doni il coraggio di seguirLo in particolare a coloro che Egli chiama alla vita sacerdotale e religiosa. Il CDV coordina lo svolgimento della preghiera notturna inviando mensilmente, ai circa 2.200 aderenti, un sussidio per la riflessione grazie al quale, ogni anno, vengono tra l’altro sviluppati diversi temi di carattere spirituale e formativo. Crediamo fortemente nella preghiera, che è voce di tutti. Il nostro Arcivescovo ha affidato la preghiera notturna all’entusiasmo dei giovani, all’offerta sofferente degli anziani e dei malati, alla fedeltà dei sacerdoti e dei consacrati, alle famiglie cristiane che sono grembo di ogni vocazione.

E la preghiera diventa anche il filo conduttore degli Esercizi Spirituali a sfondo vocazionale durante i quali, nel periodo estivo, i giovani (usualmente circa 60) sono chiamati a coagulare l’esperienza di tutto l’anno, rileggendola in chiave di ringraziamento e di progetto. Un ringraziamento che deve arrivare ad abbracciare l’arco di tutta la vita, affinché tutta la vita diventi adesione all’unico progetto che è il Progetto di Dio su ciascuno. In questo tempo, in genere di 5 giorni, che è davvero riservato a Gesù, la riflessione si fa più intensa, le domande più profonde. Si vive un clima di silenzio ma anche momenti di ricreazione e di gioia. L’accoglienza e la comunione che i giovani sperimentano facilita quella particolare accoglienza di se stessi e permette le aperture più sincere, soprattutto con la guida spirituale. È un’occasione privilegiata per giungere alla radice dei desideri più autentici del cuore: è il momento privilegiato per scoprire l’unico desiderio, il desiderio di Dio, e per abbandonarsi ad esso. È sempre splendido poter essere testimoni del momento in cui il “Sì” pieno e definitivo fiorisce dal cuore e dalla bocca di chi ha scoperto la propria vocazione. E noi siamo testimoni di molti “Sì” sbocciati proprio durante esperienze di questo genere.

Altre iniziative, durante l’anno, contribuiscono a consolidare e diffondere il Vangelo della vocazione. Incontri mensili di orientamento vocazionale sono stati quest’anno proposti a giovani impegnati in una fase di più concreto discernimento personale. 

La Lectio Biblica mensile, guidata dal padre gesuita don Pino Stancari, è un’occasione preziosa di incontro con la Parola, alla quale partecipa un gruppo di persone particolarmente impegnate in responsabilità educative e di guida spirituale. Chi evangelizza dovrebbe infatti sempre ricordare che suo compito e sua responsabilità è l’annuncio della Parola di verità e non la diffusione di parole umane. E l’unico modo per portare la Parola è conoscerLa, è incontrarLa.

Ogni anno, generalmente in data 25 aprile, si celebra poi la Giornata dei Ministranti, che vede riuniti in Seminario un numero elevato (circa 300) di ragazzi. Dopo un momento di festa iniziale e la preghiera, in gruppi guidati da un seminarista o da un membro del CDV, essi approfondiscono un tema che intende farli riflettere sul modo in cui Dio ci rivela il Suo amore e la Sua iniziativa. L’Arcivescovo celebra l’Eucaristia e, successivamente, il pranzo al sacco e un grande gioco concludono la festosa giornata. La maggior parte delle nostre iniziative, come abbiamo visto, è ospitata presso il Seminario della Diocesi. La riapertura del Seminario Maggiore è stata la prima preoccupazione pastorale dell’Arcivescovo Mons. Mondello che, giunto in Diocesi nel 1990, ha potuto riaprire il Seminario il 4 ottobre 1991.

Come era nella sue intenzioni e nei suoi desideri, il Seminario diventa sempre più il centro di spiritualità più importante della Diocesi e vuole fortemente essere comunità di accoglienza, segno visibile di fraternità e di comunione ecclesiale. “La crisi vocazionale, diceva don Amedeo, è anche caduta dal senso comunitario. Guai ad un seminario o ad una comunità che non siano famiglia”. Il Documento “Nuove Vocazioni per una nuova Europa” incoraggia esplicitamente l’esperienza vocazio-nale vissuta in comunità di accoglienza, richiamando quella che a tal proposito il Santo Padre definisce “la regola d’oro della pastorale vocazionale” (cfr. Vita Consecrata, 64; NVNE 29b). Il Seminario è dunque famiglia che accoglie tutti e, a volte, può anche ospitare transitoriamente qualche giovane che si stia seriamente interrogando sulla vocazione al sacerdozio.

Nella valorizzazione dell’esperienza di comunità, abbiamo però ritenuto importante, in questi ultimi tempi, incoraggiare il coinvolgimento delle parrocchie (cfr. NVNE 29a), proponendo in Diocesi l’esperienza delle Settimane Vocazionali. Tale iniziativa è un tempo forte di annuncio della vocazione e delle vocazioni, dono di Dio non solo per la persona ma anche per la comunità. I membri del CDV incontrano dapprima i rappresentanti del Consiglio Pastorale e sensibilizzano i vari responsabili ed educatori, aiutandoli a prepararsi con particolari sussidi stilati dal Centro stesso. Altri sussidi, differenziati anche per fasce d’età, vengono poi distribuiti a tutti.

La settimana vocazionale è caratterizzata da incontri di riflessione, veglie di preghiera, proiezione di video, momenti di canto e gioia: tutte queste diverse modalità di annuncio del Vangelo della vocazione sono arricchite dalla testimonianza personale dei membri del CDV e dei seminaristi che viene offerta anche durante le Celebrazioni Eucaristiche della parrocchia. L’attenzione con cui si porta avanti l’esperienza delle settimane vocazionali non è solo rivolta all’animazione ad intra ma ad extra. I giovani stessi vengono stimolati e aiutati a farsi missionari del Vangelo della vocazione come prima risposta a quanto scoperto durante la settimana.

Nelle parrocchie è poi presente la singolare animazione vocazionale offerta dal Coro interparrocchiale San Filippo Neri: cantare insieme significa condividere un’esperienza di gioia e di fede e portarla a tutti attraverso un linguaggio – quello della musica – che è particolarmente eloquente, soprattutto per i giovani. Formata da circa 100 giovani, la corale propone usualmente il canto degli oratori, composti, su testo biblico, dal direttore del coro, un giovane sacerdote della nostra Diocesi che collabora col CDV. Ci tengo a sottolineare che la Corale è nata grazie all’animazione vocazionale. I giovani hanno sentito il bisogno dell’annuncio attraverso il canto soprattutto per coinvolgere i lontani. È certamente un linguaggio coinvolgente.

Tutte queste iniziative, che continuiamo a proporre, sono in un certo senso sfociate, quest’anno, nella particolare e bellissima esperienza della celebrazione della Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, il 25 aprile 1999. Era, prevista, in quella data, la nostra III giornata annuale di spiritualità. La presenza di don Luca, la collaborazione del Centro Regionale Vocazioni, la coincidenza temporale con la giornata Diocesana Giovani, il coinvolgimento dell’Ufficio di Pastorale Giovanile della CEI e la ripresa televisiva della Celebrazione Eucaristica da parte di Rai1, hanno dato a questo evento una risonanza nazionale. Più di 1.300 giovani, provenienti da varie Diocesi della Calabria, hanno trascorso una giornata che inizialmente seguiva lo schema solito: la meditazione di don Luca, al mattino, ha introdotto la riflessione. La Celebrazione della S. Messa, presieduta dall’Arcivescovo in Cattedrale, è stata seguita da un’ora di adorazione Eucaristica: una folla silenziosa di ragazzi ha pregato intensamente il Signore. Ed è significativo che proprio loro, i giovani abbiano definito questo momento il “cuore” dell’intera giornata. È il bisogno di essenziale, di assoluto.

Dopo il pranzo al sacco, consumato in un parco, i gruppi di risonanza si sono radunati in varie Chiese della città, per ritrovarsi poi in un’Assemblea conclusiva in piazza Duomo. “Nella fedeltà è il mio amore… Eccomi”. Il tema della giornata si è infine trasformato in una originale “tavola rotonda” che ha visto, accanto alla testimonianza di fede di personaggi piuttosto noti nel mondo giovanile (quali Suor Paola, “tifosa” della Lazio, e il cantante Ron), altre belle esperienze vocazionali: una monaca di clausura, collegata per telefono dal Monastero della Visitazione della nostra città, ha testimoniato l’intensità del suo particolare “Sì” al Signore, e una coppia di giovani medici, con le loro tre bimbe e l’impegno in difesa della vita, ha spinto i giovani a credere nell’amore vero e a costruirlo da subito. Volevamo raggiungere i lontani. Infatti nell’atmosfera festosa della piazza, anche tantissimi altri giovani, che soltanto in serata hanno partecipato all’incontro, hanno intravisto il Volto del Dio fedele. Ne hanno respirato la presenza attraverso le parole dei testimoni, attraverso brani musicali significativi e gioiosi: attraverso i loro coetanei che, ancora una volta e stavolta in modo particolare, sono stati protagonisti di un annuncio di speranza. La speranza che viene dal credere che ognuno è chiamato perché amato.

La celebrazione della Giornata è stata per noi un particolare evento di grazia. E in tutte le fasi, dalla preparazione allo svolgimento, abbiamo potuto accorgerci di come la Provvidenza fosse all’opera. È stata una grazia, lo speriamo, per tutti i giovani presenti. È stata una grazia per tutta la nostra Diocesi e per la Regione solo la collaborazione fiduciosa tra le Associazioni e i Movimenti ecclesiali e tra le varie Diocesi ha reso possibile l’organizzazione di un evento così importante in un tempo ristrettissimo. Ancora una volta, dunque, la vera forza è stata la comunione e la preghiera.

Comunione e preghiera: ecco la strada che, attraverso le diverse metodologie pastorali dell’annuncio e dell’accompagnamento vocazionale, ci sembrano in grado di dare una risposta alle domande dei giovani e di penetrare anche nella loro cultura. Abbiamo inizialmente definito il Progetto culturale come quel progetto che deve dare una risposta di verità alle istanze fondamentali della vita dei giovani. E le due istanze fondamentali sono – abbiamo detto – la soggettività e la libertà. Che cosa, se non la comunione, è capace di liberare dal soggettivismo l’esigenza di soggettività? Solo l’amore, l’incontro con l’Amore, permette alla persona di uscire dall’egoismo.

E quale spazio, più della preghiera, può vivificare e rendere autentico l’anelito di libertà del cuore umano? La preghiera è l’esperienza più alta e profonda di libertà, perché ci conduce a vivere un rapporto “personale” con la Verità: con la verità di noi stessi; con la Verità che è Gesù. Il Progetto culturale ha come contenuto l’amore e la verità. È una cultura in cui l’Amore e la Verità sono la sorgente stessa della domanda e quindi della chiamata, che è chiamata di Dio. In questo senso, una “cultura vocazionale”. D’altra parte, però, “formare alle scelte vocazionali vuol dire mostrare sempre più il legame tra esperienza di Dio e scoperta dell’io, tra teofania e autoidentità” (NVNE 36d).

Per questo, una pastorale vocazionale incentrata sulla comunione e la preghiera può anche assicurare un’autentica maturazione umana: i giovani, questi giovani nati nella cultura dell’edonismo utilitarista, del relativismo etico, del materialismo chiuso alla trascendenza, imparano a crescere nella libertà, nella verità, nel dono di sé. La preghiera e la comunione li aiutano a sviluppare una coscienza vocazionale della vita e cioè a comprendere che quel desiderio di pienezza, di autorealizzazione, di libertà, che forse sembra “inquietare” i loro cuori, è l’eco di una vocazione alla santità e non ha che un’origine e una meta: l’Amore!

“L’amore – sostiene Giovanni Paolo II – è la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano” (FC 11). Non sapremmo dunque dare altro contenuto alla chiamata: non potremmo dare altra ragione alla risposta. Davvero, l’amore.

La parola “amore”, lo comprendiamo, va però, in un certo senso, “imparata”. I giovani hanno necessità di apprenderla nella pregnanza del suo significato, abituati come sono a celarla dietro prospettive parziali quali il sentimentalismo, il bisogno dell’altro, la mitizzazione del sesso… Pensiamo alla realtà nella quale i nostri giovani sono immersi, pensiamo alle situazioni familiari dalle quali provengono: è facile che il significato dell’amore si perda o, quantomeno, venga ad essere offuscato. E, se questo accade, anche la realtà della vocazione non sarà proponibile. Ma qual’è la ragione della perdita del significato dell’amore? Se andiamo alla radice, non è difficile accorgerci di come sia strettamente legato alla perdita del valore della persona, del valore della vita umana. Solo la persona è capace di amare.

Mons. Enrico Masseroni, nel suo testo “Vocazione e Vocazioni”, ci sollecita a “ripensare il rapporto tra antropologia e riflessione sull’amore; oppure tra vocazione cristiana e realizzazione nell’amore” (pag. 69). Alla luce di tali considerazioni, vogliamo a questo punto tentare di rispondere alla seconda parte della nostra domanda.

Scoprire di “essere persona” può essere d’aiuto nel comprendere la propria vocazione? E come aiutare i giovani a capire che sono “persone”? Anche qui, risponderemo con la semplice esperienza di un itinerario di educazione all’affettività, alla sessualità, all’amore e alla vita, che da alcuni anni proponiamo ai giovani in chiave vocazionale. Ci aiuta in questo cammino Paola Pellicanò, un medico della nostra Diocesi che lavora al Centro Studi e Ricerche per la Regolazione Naturale della Fertilità dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e che illustrerà brevemente la nostra esperienza.